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CSDDD, la direttiva europea che impone alle imprese di controllare clienti e fornitori

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di MATTEO CORSINI

Tra le innumerevoli iniziative socialisteggianti assunte dall’Unione europea, presto vedrà la luce la Corporate Sustainability Due Diligence Directive, o CSDDD.
Questa direttiva prevede che le imprese con sede nella Ue, con almeno 500 dipendenti e 150 milioni di fatturato non solo rispettino i diritti umani e gli standard a tutela dell’ambiente (in entrambi i casi secondo quanto definito a livello normativo), bensì impone che le imprese si impegnino a far sì che si conformino ai dettami della direttiva anche fornitori e clienti, ossia gli altri componenti della catena del valore, ovunque questi soggetti siano ubicati nel globo terracqueo. Il tutto con sanzioni fino al 5% del fatturato in caso di inadempimento.
In sostanza, chi ha scritto questa norma suppone che le imprese facciano un ruolo di controllore, e che siano in grado di far rispettare la norma a chiunque abbia una parte nella catena del valore.
A me pare che, nonostante la quantità di risorse che dovranno essere spese (sprecate) per impostare gli schemi contrattuali, nonché procedure di controllo, volti a cercare di rispettare la norma, una compliance piena sia pura utopia (o meglio: distopia).
Il che sicuramente non scalfirà le convinzioni dei burocrati che hanno pensato questa direttiva, men che meno renderà più consapevoli i politici che la emaneranno, sovente senza neppure averla letta, men che meno avendo compreso gli impatti che avrà sulle imprese. Il tutto per la gioia dei consulenti assortiti, che avranno l’ennesima opportunità di ottenere incarichi lautamente remunerati. Consulenti che, infatti, non mancano mai di commentare positivamente ogni nuova direttiva del genere.
Come direbbe Bastiat, questo è ciò che si vede. Ciò che non si vede è quello che le imprese avrebbero potuto fare con le risorse che dovranno impiegare per cercare di essere conformi a una direttiva che è semplicemente assurda. E mi pare appena il caso di ricordare che i pagatori di tasse già finanziano, volenti o nolenti, istituzioni che dovrebbero occuparsi di controllare l’applicazione delle norme vigenti.

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2 COMMENTS

  1. L’Unione Europea costituisce una delle rare realtà che riescono a essere serve della Cina e degli Stati Uniti contemporaneamente; proprio come l’Arlecchino goldoniano, servitore di due padroni. Con l’aggravante che i padroni di Arlecchino non erano nemici ma amanti gelosi l’uno dell’altra, mentre le due supepotenze sono ufficialmente avversarie. Però anche l’Italia non scherza: all’imterno di uno stesso movimento politico possiamo trovare un Di Maio atlantista e un Conte che abita in Via della Seta. Quindi non prendiamocela solo con Bruxelles e Strasburgo.

  2. In pratica qualuque azienda europea >150M€ che abbia aziende cinesi nella supply-chain oppure esporti in Cina potrà essere multata. Però le aziende cinesi che non hanno sede in UE continueranno a vendere in Europa i loro prodotti, senza essere multate. Basta che le loro filiali europee fatturino meno di 150 milioni.

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