sabato, Aprile 27, 2024
9.5 C
Milano

Fondatori: Gilberto Oneto, Leonardo Facco, Gianluca Marchi

Della flat tax e dintorni non resta che citare la corazzata potemkin

Da leggere

di MATTEO CORSINI

Nel dibattito sulla proposta di flat tax elaborata dall’Istituto Bruono Leoni non poteva mancare il contributo di uno dei tanti keynesiani che popolano le università italiane: Gustavo Piga. Il quale, soffermandosi sull’ipotesi che la riforma comporti una riduzione di spesa pubblica di 27 miliardi, si dice contrario a destinare i risparmi alla riduzione del carico fiscale: «Mi permetto allora di mettere sul tavolo una proposta alternativa: anch’essa parte da una vera spending review, e magari anche da una “quasi-flat tax”, una che tuttavia replichi (e non riduca) l’attuale gettito totale dello Stato, forse con un’aliquota fissa al 30% che sale al 40% solo per i redditi alti. E cosa fare dei risparmi così ottenuti dalla spending? Un aumento di 27 miliardi degli investimenti pubblici, in particolare ad alto contenuto infrastrutturale, efficaci visto che parliamo di uno Stato che avrà imparato a spendere bene. Così facendo, senza aumentare il deficit, si sosterrà la produttività delle imprese, l’occupazione delle persone con basso grado di istruzione, la riduzione delle disuguaglianze, la ripresa dei consumi e della fiducia. La (quasi) flat tax non è dunque né liberista né keynesiana, ma cosa facciamo dei risparmi della spending review sì. Il dibattito è aperto».

Dato che “il dibattito è aperto”, il mio modesto contributo, sinteticamente, attinge dal parere fornito da Fantozzi (i primi due film della serie interpretati dall’appena scomparso Paolo Villaggio sono a mio parere documentari sull’Italia ancora attuali dopo quattro decenni) al dibattito post (ennesima) proiezione della Corazzata Potemkin. Non mi aspetto i successivi 92 minuti di applausi, ma credo che la sintesi fantozziana sia calzante anche nel caso della proposta di Piga.

Volendo aggiungere qualche dettaglio, in sostanza il gettito fiscale non diminuirebbe neppure di un centesimo. Semplicemente si ridurrebbe il numero di aliquote e i risparmi ipotetici della spending review sarebbero spesi altrimenti. La storia degli investimenti pubblici a moltiplicatore iperbolico, dei quali purtroppo scarseggia l’evidenza empirica, continua a essere ripetuta come un mantra da tutti i keynesiani. Peccato che molti di essi nel corso del tempo siano stati consiglieri di ministri o addirittura ministri, senza che tali investimenti miracolosi si siano materializzati.

Del tutto indimostrabile, poi, il presupposto di uno Stato cheavrà imparato a spendere bene”. Di fronte ad affermazioni del genere non basterebbe neppure il programma fantozziano di rieducazione cinematografica riservato al professor Riccardelli.

Correlati

1 COMMENT

  1. Io la scena me la immagino così: ambiente, ufficio del Presidente del Consiglio (d’ora in avanti PdC) italiano.
    Il portaborse gli fa trovare sulla scrivania la rassegna stampa, ovvero per far risparmiare tempo, solo gli articoli che potrebbero interessare il PdC.
    Al Pdc cade l’occhio sul ritaglio dell’articolo del quotidiano economico che parla della flat tax. Inizia a leggere, alla seconda riga accusa un fortissimo mal di testa e smette.
    Per spiegare il mal di testa occorre fare una premessa: il PdC in Italia raramente è laureato (come molti ministri del resto….) al massimo può avere una laurea in materie tipo pedagogia, filosofia, lettere, può anche averla in Legge o Economia, ma in questo caso è comprata, ottenuta grazie all’interessamento di massoni o altri gruppi di potere, può anche avere una cattedra universitaria, ottenuta per nepotismo, interessamenti vari infatti a questa cattedra non corrisponde una carriera o delle pubblicazioni equivalenti o tale da sostenerla. In poche parole, di economia ne capisce meno della massaia con la terza media che fa la spesa al mercato, anche perché lui (e l’eventuale moglie) non fa mai la spesa la mercato, non sa neppure quanto costi un litro di latte o un litro di benzina (da sempre usa le auto blu….)
    Passo successivo, il PdC chiede al suo segretario di convocargli un paio di economisti perché gli spieghino cosa sia questa flat tax (ah non si mangia?)
    Il primo gli dice in poche parole che consiste in una semplificazione, porterebbe ad un abbassamento della pressione fiscale alla quale dovrebbe corrispondere una diminuzione di spesa pubblica.
    Altra premessa: il Pdc è in politica perché gli piace vivere nel lusso ma non avendo le capacità intellettuali o manuali che gli rendano possibile la cosa ha deciso di fare politica. Non avendo freni morali, essendo squalo tra gli squali, e se è diventato Pdc vuol dire che di squali ne ha divorati, ci pensa su e fra se e se dice”uhm, nessun vantaggio elettorale, nessun vantaggio monetario, a me non ne viene in tasca nulla”.
    Poi arriva l’economista keynesiano che gli dice “ma no, nessun taglio della spesa pubblica, si utilizzano i risparmi per investimenti pubblici, così si dà uno slancio all’economia”. Il Pdc ci pensa su fa i conti di quanti forestali calabresi possa assumere, gente che vota, quante tangenti possa incassare dando appalti per opere pubbliche inutili ai suoi amici (altri soldi per la vecchiaia destinati al conto offshore a Panama, se voglio vivere con il mio tenore di vita fino alla morte e far vivere i miei figli nel lusso i soldi non bastano mai) pensa a quanti clandestini possa regolarizzare e mantenere (altri voti, uhm il potere….).
    Poi gli viene un dubbio “ma scusi ma questa roba funziona e se funziona perché nessuno la ha mai applicata?” L’economista keynesiano sorridente “guardi che è da 25 anni che la applichiamo in Italia, purtroppo non ha funzionato per colpa degli evasori, l’invidia, la sfortuna, la congiuntura economica (vedere lista di scuse di John Belushi a Carrie Fisher nei Blues Borthers) ma prima o poi funzionerà, è scritto nero su bianco in ampi studi.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Articoli recenti