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Indipendentismo veneto: ripartire da zero è una prospettiva interessante

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di ALESSANDRO MORANDINI

Con questo terzo si chiude la serie di articoli post-terremoto elezioni regionali 2020, dedicati all’indipendentismo veneto. Si usa qui il termine terremoto perché le elezioni regionali hanno raso al suolo le liste autonomiste, hanno consegnato alla Lega e a Luca Zaia una schiacciante maggioranza in Consiglio regionale ed hanno escluso dalla competizione liste dichiaratamente indipendentiste. Il comportamento elettorale degli indipendentisti si è così orientato verso persone che avevano precedentemente animato il mondo indipendentista, verso altre liste autonomiste e altri candidati.

I due precedenti articoli si sono concentrati sulle cause dell’insuccesso PDV (Vedi QUI E QUI) e sulla fotografia dello stato attuale dell’indipendentismo veneto, che a dispetto dei catastrofici risultati elettorali sembra essere, proprio in questi giorni, galvanizzato dalla sconfitta, pronto a recuperare la sua originaria vocazione, concentrato sull’analisi dei problemi e sulle soluzioni; insomma sembra esprimere l’autentico spirito veneto. Qui ci si occuperà di analizzare alcuni problemi e verificare alcune opportunità che interessano, ora, l’indipendentismo veneto in quanto movimento sociale e politico dotato di un “dipartimento elezioni italiane”.

Politica e società

Molte persone attratte dalla politica, soprattutto in Italia, pensano che essa si possa ridurre ai partiti, al momento elettorale ed all’esercizio di uno specifico potere: quello degli eletti che operano nelle istituzioni politiche di uno stato. E’ interessante, però, notare come i giornali italiani si occupino di politica e di partiti in modo molto più noioso, ripetitivo ed inutile rispetto ai giornali di molti altri paesi europei. Se si sfogliano i quotidiani svedesi, olandesi, ed in parte anche quelli anglo-sassoni, la cronaca politica appare con minor frequenza e minor spazio, non di rado relegata nelle pagine interne. La mania di spettacolarizzare uno starnuto, un gesto, un oggetto, la mania di seguire ossessivamente i leader di partito, interpretarne ogni singola lettera pronunciata, occuparsi della loro vita privata salvo poi abbassare lo sguardo di fronte ai reati del leader di riferimento, è un fatto tipicamente italiano e del sud Europa. Ci dice, tutto ciò, qualcosa intorno al modo in cui la lotta per il potere viene interpretata dagli italiani, e qualcosa intorno al tipo di importanza che gli stessi danno al governo della società. Tanto la lotta per il potere quanto il governo della società nei paesi più freddi appaiono si importanti, ma meno importanti delle faccende quotidiane che riguardano l’interazione tra individui. Si sta parlando, quindi, del modo in cui la politica tratta la società: con più cautela e rispetto della libertà di impresa, d’espressione e di associazione o, al contrario, con più invadenza e con l’intenzione di regolare una crescente quantità di aspetti della vita degli individui e del loro modo di relazionarsi. Il culmine di questa differenza si nota oggi con la pandemia da corona virus e con l’annesso problema della libertà di cura, problemi trattati in modo diverso nei diversi paesi.

Il dipartimento elezioni italiane dell’indipendentismo veneto

Il “dipartimento elezioni italiane” dell’indipendentismo veneto è parte in causa di questo problema per diverse ragioni. In primo luogo perché, come in ogni ambiente dove la politica è interpretata, in via esclusiva e riduttivamente, come competizione tra partiti per accedere alle istituzioni (magari straniere, come nel nostro caso), anche nei territori veneti bisogna fare i conti gli aspetti meno nobili di quella gara a cui partecipano tutti coloro che hanno ambizioni di leadership partitica o, nel peggiore e nel più misero dei casi, l’intenzione di ottenere uno stipendio dalle istituzioni politiche italiane. In secondo luogo perché se la cognizione dominante della politica, in un determinato contesto, è di tipo italiano, la competizione che ha come scopo l’accesso alle istituzioni tenderà ad intercettare l’interesse di molte persone, incardinandole però nei ruoli di servo e padrone.

Non solo: i protagonisti dello spettacolo che viene messo in scena abitualmente prima delle elezioni, agendo razionalmente, saranno incentivati ad usare, per ottenere consensi presso i potenziali sostenitori, logiche clientelari e autoritarie, messaggi che esprimono l’idea di un esercizio invasivo del potere sulla società, pratiche che concedono privilegi in cambio di sostegno. E’ possibile che, dopo almeno dieci anni di confuse vicende partitiche, gli indipendentisti veneti abbiano maturato una concreta esperienza di quanto illustrato in questo paragrafo.

La buona competizione per la leadership e per gli altri ruoli necessari al “dipartimento elezioni italiane” dell’indipendentismo veneto

Sarebbe un grosso problema se tutto l’indipendentismo veneto fosse dominato dall’idea che la lotta politica ed il governo della società si manifestano in via esclusiva nella competizione tra partiti all’interno del campo di istituzioni straniere. Ma perfino in questo caso estremo, e per fortuna non corrispondente al vero, sarebbe preferibile, per quelle parte di attività che compete al “dipartimento elezioni italiane”, un partito dotato di procedure democratiche chiare e ben funzionanti. Un siffatto partito è più attrattivo di molti clan. In esso la pratica delle regole abitua, nel tempo, le persone interessate a concedere alle norme una equivalente se non maggiore importanza rispetto alla pur importante figura del leader. L’idea di concentrare nella figura del leader e dei suoi gregari il destino del “dipartimento elezioni italiane” è, per quanto di moda, pericolosa. Risponde, in un certo senso, ai diversi vizi del vivere sociale che possono contribuire ad indebolire le peculiarità della cultura veneta: non ci si sbaglia nello scorgere all’interno del meridionalismo la prevalenza di rapporti sociali basati su “indiscutibili e venerate asimmetrie di potere” tra il capo astuto, privo di valori morali, dedito al latrocinio ed alla minaccia, ed i sottoposti. Bisogna sempre stare molto attenti a parlare di leader, perché in Veneto, come nel resto d’Italia, il termine può voler dire ras, mandarino, sceicco.

In un partito dove appaiono centrali le procedure che garantiscono la pratica della democrazia, la competizione selezionerà persone non più abili solamente dal punto di vista dell’esposizione retorica dei problemi (fatto sicuramente apprezzabile) e della distribuzione di quote di quello stesso potere totalizzante che segna l’asimmetria tra servo e padrone (fatto molto meno apprezzabile), ma anche caratterizzate da uno stile più presentabile al di fuori della cerchia di ciechi seguaci (che significa uno stile di comportamento politico più accurato, adesivo del target che si vuole rappresentare, tutti i desideranti l’indipendenza dei territori veneti, e quindi immediatamente rispecchiante quel medesimo desiderio).

Inoltre, in una siffatta organizzazione, le risorse psicologiche più delicate che si devono usare per ottenere ruoli nel partito (fedeltà, fiducia, sospetto, scaltrezza), dovranno essere usate con attenzione, sempre accompagnate da buon senso e razionalità: dovranno essere ridotte alla giusta misura perché possono inceppare il buon funzionamento dell’intero macchinario. Per fare un esempio concreto, chi ambisce alle cariche di maggiore responsabilità, sarà chiamato ad indicare pubblicamente persone competenti quali suoi collaboratori: non basterà, in un partito indipendentista veramente democratico, circondarsi di quegli “amici” compiacenti che, tutti insieme, garantiscono il peso numerico della “corrente” nel momento del conteggio dei consensi. Essendo attrattivo, un partito indipendentista e democratico tenderà ad interessare tutti gli indipendentisti, ad allargare i numeri, a concedere meno spazio ai capi di un clan, più spazio ai leader capaci.

Opportunità

Dopo la disfatta del PDV le opportunità per una ricostruzione del “dipartimento elezioni italiane” dell’indipendentismo veneto sono generate dal diffuso interesse critico verso questo stesso dipartimento, interesse critico maturato grazie alla sconfitta, interesse critico che investe anche le persone di Chiavegato, Morosin, Guadagnini, Mirto etc. e, in misura nettamente minore, Szumski. In un partito indipendentista veramente democratico la loro partecipazione non può essere esclusa, anzi può essere apprezzabile perché aggiunge esperienza. In un partito indipendentista democratico la loro presenza contribuisce ad accendere la competizione, a determinare la selezione dei dirigenti non meno di quanto possa farlo la presenza di tante altre ottime persone che in questi anni si sono distinte nei vari settori e nelle varie attività che compongono il movimento indipendentista; queste ultime, peraltro, beneficiano del vantaggio della novità e del fatto di non essere i responsabili di una sconfitta elettorale. Ripartire da zero, se non si riduce ad una formula vuota di contenuti, è una prospettiva interessante perché si rimette in discussione tutto, perché tutti i competitor hanno pari opportunità, perché i migliori nel senso sopra indicato, avendo più probabilità di vincere, offrono chance al “dipartimento elezioni italiane” dell’indipendentismo veneto; si vengono a creare le condizioni per costruire un gruppo dirigente veramente efficace.

Questa descritta è una situazione che chiede, affinché possa manifestarsi, un dispositivo di regole condivise chiaro e ben ideato. Si rifletta sul fatto, quindi, che oltre alle varie risorse di cui si parla quando si è a corto di idee e che va di moda nominare quali media, denaro, leader giovani etc. risorse a cui si consegna, sbagliando, quasi tutta la responsabilità del rilancio di un progetto partitico inequivocabilmente e distintamente indipendentista (si tenga in debito conto il rapporto che intercorre tra i mezzi e lo scopo, se lo scopo resta l’indipendenza del Veneto: non basta, per esempio, avere denaro; bisogna valutare da dove il denaro arriva, perché non è il progetto che si deve piegare al denaro ma il denaro che deve condividere il progetto); si rifletta sul fatto, si diceva, che ci si trova ora di fronte, più semplicemente, ad un classico problema di maturazione di un movimento politico, la qual cosa comporta, per iniziare, operazioni di buona regolamentazione e perfetta pubblicizzazione delle norme che permettono ad un partito degno di questo nome di funzionare bene.

Perché l’indipendentismo veneto è più importante del partito indipendentista

Se il “dipartimento elezioni italiane” fosse l’elemento indispensabile per lottare e raggiungere l’indipendenza dei territori veneti, il disastro PDV avrebbe segnato la fine, per almeno due generazioni, dell’indipendentismo veneto. I partiti, invece, sono di secondaria importanza rispetto alle persone, ai gruppi, alle iniziative che, anche di fronte alla disfatta elettorale, hanno continuato a mantenere alta e ben in vista la bandiera del Leone di San Marco e la meta dell’indipendenza del Veneto ed hanno superato la “crisi” con una scrollata di spalle, quasi si trattasse di un banale raffreddore.

Ho assistito in questi giorni a lunghi e genuini dibattiti in seno ad organizzazioni che coinvolgevano ciascuna, dal vivo e mediante le dirette social, anche più di un centinaio di persone: sono numeri che danno da pensare a qualsiasi osservatore perché non appartengono ad un solo evento, magari iper-pubblicizzato, gonfiato, furbescamente inquadrato, scenicamente truccato, pompato oltre misura (C’è chi sostiene adesso, addirittura tra i protagonisti dell’avventura, che la sconfitta PDV era facilmente prevedibile; risulta invece che fosse stata prevista da poche inascoltate persone nei giorni del meeting, quando le voci dei leader apparivano esaltate e fin troppo chiassose.

Era veramente così facile prevedere, fin dai giorni che precedevano il meeting, lo sviluppo del PDV e la progressiva erosione delle pur minime chance di discreta affermazione?). Se si riescono a cogliere le profonde implicazioni, i gravi e complicati problemi che in questi genuini dibattiti le persone, anche talvolta con una semplice battuta, esprimono, si nota un attivismo, una capacità di riflessione, una preparazione che anni di indipendentismo hanno reso diffusa ed anzi capillare. La “nobiltà dell’osteria”, le interessanti discussioni su FB consistono in questo. Di tutto ciò non c’è traccia in quel “mondo” dove le elezioni italiane rappresentano l’alfa e l’omega di ogni discussione.

L’infezione e gli anticorpi

In questi giorni sembrano essersi attivati gli anticorpi dell’indipendentismo veneto, una specie di automatismo atto a superare l’infezione manifestatasi con la sconfitta elettorale: le attività in rete sono più intense e le attività sul territorio anche. L’unico organo che non sembra interessato dalla reazione immunitaria è il “dipartimento elezioni italiane”, che invece è quello maggiormente colpito: in esso, verrebbe da dire, non scorre più il sangue ed il rischio di cancrena si fa serio. Alcuni protagonisti insistono a definire il progetto PDV un progetto chiaro, ma non lo è; altri usano parole di circostanza ma non vogliono affrontare i problemi; altri ancora giocano in modo inesperto o strumentale con i numeri come un giornalista italiano alle prese con il Covid per dimostrare che in fondo non si è trattato di una vera sconfitta. Si offendono o si bannano le voci critiche, le indicazioni generali, le preziosissime chiacchiere da osteria, e con queste premesse si vorrebbe rappresentare il popolo.

L’infezione si è manifestata con i sintomi tipici, ma ormai sembra che non ci si debba preoccupare più del poco necessario: la sua pericolosità, rispetto al futuro dell’indipendentismo veneto, è legata allo stato di salute del corpo sociale, che per fortuna è, come è stato rilevato, ottimo. L’efficienza con cui l’indipendentismo veneto ha affrontato, reagito, attivato i dispositivi complessi che lo caratterizzano, ci dice di una sana e robusta costituzione.

Perché la metafora biologica?

A scanso di equivoci bisogna ricordare che l’uso di cui sopra, peraltro molto approssimativo ed inesatto, del lessico proprio della biologia ha il solo scopo, onestamente retorico, di dipingere un quadro riconoscibile della situazione e prefigurare le opportunità ed i rischi che l’indipendentismo veneto corre nella sua irremovibile lotta per la liberazione dall’oppressione fiscale, legale, culturale e militare che lo stato italiano esercita sui territori veneti. Se una buona retorica mi è venuta in aiuto, allora si sarà capito che il problema, allo stato attuale, non lo stanno attraversando né l’idea dell’indipendenza dei territori veneti, né la brulicante attività dell’indipendentismo veneto, ma solo il Partito dei Veneti, o più precisamente il vertice del Partito dei Veneti stimolato, si spera, a prendere in serio esame gli errori commessi ed a predisporre un’attrezzatura idonea, capace di rispondere alle esigenze di modernità, competitività e sviluppo del “dipartimento elezioni italiane” dell’indipendentismo veneto.

Previsioni facili e previsioni difficili

Se non si è saputo prevedere con quanta e quale energia l’indipendentismo veneto è stato capace di superare, dopo solo pochi giorni, la disfatta di tutte le liste autonomiste, ciò dipende anche dal fatto che la società non è un meccanismo, ma l’insieme delle persone che innescano, interagendo, meccanismi abbastanza conosciuti. Quali meccanismi verranno attivati può essere più o meno difficile prevederlo (in alcuni casi è facile, come si è visto sopra): le scelte concrete delle persone e le conseguenze non intenzionali restituiscono sempre un sistema complesso.

Tanto la relativa semplicità di una previsione come il naufragio del Partito dei Veneti (che non è stata semplice per tutti), illustrata nei giorni della costituzione del medesimo partito, quanto la difficoltà nel prevedere il fatto che la sconfitta elettorale avrebbe prodotto buone e sane reazioni nell’indipendentismo veneto e, conseguentemente, nuove opportunità all’interno del “dipartimento elezioni italiane”, hanno in comune un metodo: l’uso analitico e combinato delle informazioni relative a 1) immaginazione e produzione delle opportunità 2) gerarchie delle preferenze 3) emozioni che possono interessare le persone chiamate a compiere scelte vincolanti per molti 4) modalità con cui le scelte individuali si intrecciano e determinano effetti collettivi, anche non intenzionali.

Non era possibile prevedere l’intensità della reazione positiva dell’indipendentismo veneto (illustrata con la metafora del corpo interessato da una infezione), ma era chiaro che il capitombolo PDV non avrebbe prodotto gravi smottamenti nell’indipendentismo veneto (in una occasione, tempo fa, avevo decisamente sottostimato il numero e la qualità delle organizzazioni indipendentiste, ed infatti avevo indicato rischi legati alle performance negative del “dipartimento elezioni italiane” che, conoscendo oggi meglio questo mondo, posso essere ragionevolmente certo che non ci sono; più precisamente avvertivo, in relazione alle medesime performance negative, il rischio di un ritiro dell’indipendentismo in alcune aree dei territori veneti).

Ci si trova, ora, di fronte ad un nuovo ostacolo che rende le previsioni meno attendibili e più difficili. Le opportunità delineate verranno colte dal “dipartimento elezioni italiane”, per come oggi è ancora composto, dell’indipendentismo veneto? Non si può sapere perché ciò dipende, molto banalmente, dalle scelte di pochi individui, e perché di questi pochi individui non si può, pregiudizialmente, dare per scontata l’intelligenza nell’immaginare, individuare e cogliere le opportunità. Però si può dire che, curiosamente e nonostante il numero di ottime e nuove persone interessate (già ora e potenzialmente) alle attività di questo dipartimento (si ricordi che il dipartimento non sono le persone che attualmente lo occupano, ma è una funzione dell’indipendentismo veneto), laddove l’insieme dei protagonisti della sconfitta non cogliesse le opportunità elencate, esso sarebbe destinato, alle prossime elezioni politiche, ad un risultato grossomodo identico a quello registrato in queste elezioni regionali, se non, per quanto è possibile, peggiore.

Riflessioni per il futuro

Ciò che si può avvertire e si deve indicare dunque è:

  • L’opportunità di un grande partito indipendentista, dotato di buone regole democratiche che gli consentano di funzionare bene sin dal suo esordio, rendolo qualitativamente grande già da domani e quantitativamente in crescita nei prossimi due anni.
  • L’ordine superiore dell’indipendentismo veneto, inteso qui, per comodità descrittiva, come l’insieme delle attività e delle persone che hanno come scopo esplicito l’indipendenza dei territori veneti, meno il “dipartimento elezioni italiane” (che invece dell’indipendentismo veneto fa parte ma in qualità di funzione minore e specializzata)
  • L’incessante sviluppo dell’indipendentismo veneto inteso, come sopra, sottraendo ad esso il “dipartimento elezioni italiane” (ma anche senza questa sottrazione, la tendenza non può che restare positiva). Sviluppo indipendente da condizioni esterne favorevoli e sfavorevoli che possono solo velocizzarne o rallentarne la crescita.
  • Il fatto che un “dipartimento elezioni italiane” ben funzionante costituisce un valore aggiunto per l’intero indipendentismo veneto (ma si tratterebbe di precisare in che cosa consista questo valore aggiunto, precisazione già accennata in passato che in questa occasione non si ripete e non si approfondisce)
  • Il fatto che un “dipartimento elezioni italiane” mal funzionante non rappresenta un grosso problema per l’indipendentismo veneto.

 

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2 COMMENTS

  1. Come lo chiamiamo: “Veneto Libero”? “Veneto Nuovo?” Prima che la vecchiaia mi ghermisca, sempre a disposizione! Ciò detto, complimenti per la lucida analisi. Le rivoluzioni però le fanno i giovani. Se si renderanno conto della miseria morale materiale ed intellettuale in cui vivono. Se no, pace.

    • Già I giovani. Dove sono? Perché non si fanno vedere o si fanno vedere poco, perlopiù in Sanca? Forse dobbiamo costruir loro una casa ben attrezzata dove poter far politica?

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