di GIORGIO FIDENATO*
Sul Messaggero Veneto di sabato 10 febbraio 2018 (vedi foto) leggo con stupore, misto a rammarico, la presa di posizione della Coldiretti in merito alle accuse lanciata dal naturalista Mario Caldana secondo il quale gli agricoltori starebbero devastando l'ambiente con i loro investimenti nella coltivazione dei vigneti.
Spiace constatare che oggi la Coldiretti si accorga, in ritardo, quanto sia deleteria la posizione politica che ha abbracciato da oltre un decennio.
Infatti la Coldiretti da oltre un decennio si è affiancata alle organizzazioni ambientaliste che lanciano invettive contro l'agricoltura convenzionale e biotecnologica basate su allarmismi falsi e scientificamente infondati. La Coldiretti invece di spendersi in campagne di informazione dei consumatori basate sulla scienza, ha preferito la scorciatoia di abbaiare, insieme alle associazioni ambientaliste stataliste e collettiviste, al lupo al lupo. Ha preferito il conformismo e quindi ha speso
Coldiretti fa parte del sistema di potere.
Quello che consuma la ricchezza prodotta da chi lavora.
Gran parte della massa che una pianta produce proviene dall’atmosfera con la funzione clorofilliana. Il terreno quindi serve per ancoraggio; per assorbimento dell’acqua con le radici. E per l’assorbimento di qualche sale e qualche elemento chimico necessario per la pianta. Quindi: se la pianta viene lasciata li, tutto ritorna al terreno. Se viene asportata via, di solito si usa concimare per reintegrare i sali minerali asportati. Quindi mi dica: dov’è il problema???
un tempo l’agricoltura era basata su un sistema di rotazione, e cio’ che prelevava dal terreno era in qualche modo restituito con concimi naturali e il sovescio delle terre a coltura… oggi si preleva invece tutto…fogliame e rami si asportano e sui terreni si spargono concimi chimici… a mio avviso coi decenni anche la configurazione dei terreni si modificherà… cosa che non succede ai boschi naturali di cui sono vestite tutte le nostre montagne perché tutte le fronde dalla pianta ritornano al suolo e ne fanno l’humus per le stagioni a venire…
quando passo magari in treno per ampie zone bonificate laziali o campane, messe a colture intensive, il problema credo si ponga in continuazione di conservarle, perché ciò che si preleva ad ogni raccolto non è aria ma sostanza del terreno non reintegrata coi concimi… infatti credo che sia sempre vigile il sistema perché non si torni all’impaludamento… per questo penso che anche le colline a prosecco di cui sono circondata col tempo si appiattiranno…ma, chiaro, io non ci sarò più!… la modifica della configurazione non sarà percepibile nell’arco di una vita per cui sfuggirà sempre…
grazie dell’attenzione e della Sua risposta.
qualcuno mi spiega di che cosa si nutre il terreno destinato a una monocultura per tempi illimitati?