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Indipendentismo e liberalismo, due alleati per battere lo stato

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di PAOLO L. BERNARDINI Si discute molto, sulle pagine di questo giornale in particolare, dei problemi cui è andato in contro l’unico partito auto-dichiaratosi “liberale”, alle scorse elezioni, che hanno visto l’emergere di un partito, quello di Grillo, che mostra uno spettro ideologico talmente ampio da far smarrire la bussola anche al più acuto degli analisti. Vale la pena dunque di soffermarsi un pochino anche sulle prestazioni opache di partiti indipendentistici al cui interno è presente una forte componente liberale, anche perché, come la dottrina insegna, dal Mises ricordato anche qui da me, al Buchanan tradotto proprio da Marco Bassani per Mondadori nel 1994 (quasi venti anni fa), la creazione di piccoli stati, la secessione a catena di cui parla Hoppe, appartiene naturalmente all’orizzonte liberale, e si pone come strategia alternativa e praticabile a quella “liberalizzazione del mondo”, ovvero sua privatizzazione, che resta l’ideale ultimo e il modello su
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