di LEONARDO FACCO
Marciare su Roma è un vezzo tutto italiano, che - ahinoi - si ripete nel tempo e che dà la cifra della bramosia di potere che si annida anche fra quei politici che si ergono a difensori di democrazie senza ghigliottine o di Padanie senza gioghi centralisti. Peraltro, la “Marcia su Roma” – quella originale del 1922 – ebbe successo per via del particolare contesto di crisi economica dell’epoca (corsi e ricorsi storici), in cui veniva messo in discussione lo Stato liberale.
Nel giorno in cui Pd-Pdl e frattaglie varie si sono accordati sul nome di Giorgio Napolitano (finta prefica del poltronismo tricolorito), Beppe Grillo, tramite il suo blog, ha chiamato i suoi simpatizzanti e militanti a “marciare su Roma”. Ecco alcune delle sue parole: “Ci sono momenti decisivi nella storia di una Nazione (notare la n maiuscola, ndr). Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli. E’ in atto un colpo di Stato. Pur di impedire un cambiamento sono disposti a tutto. So
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