di PAOLO L. BERNARDINI
l’isola di Ventotene ritornata agli onori delle cronache periodicamente. Vuoi per la proiezione del melodrammatico film su Altiero Spinelli e i suoi compagni, vuoi per la visita di Matteo Renzi (con relativo auspicio di creazione in loco di una scuola europea per élites: ne esiste già una, a Fiesole, vi studiai io, anche se non credo di appartenere ad alcuna élite), e così via. Ventotene. Ma non Santo Stefano, che da Ventotene, correnti e squali permettendo – credo che ce ne sia ancora, per cui non fatelo con leggerezza – si può raggiungere a nuoto. Poco più di un miglio marino. E allora consiglio la visita, per un solo motivo (e per una volta sarò breve). Non è molto noto, ma l’Isola di Santo Stefano, 27 ettari in tutto, dal glorioso passato romano, funestata dal carcere che è una immensa rovina (perché non farne un resort di lusso sul modello dell’omonima penisola di Santo Stefano in Montenegro?) ospitò una singolarissima forma di autogo