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Neoliberismo? Una società più keynesiana di quanto Keynes immaginasse

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di MARCO FORTE

Ho spesso letto e sentito del fallimento del “modello economico neoliberista” che ha portato povertà e catastrofi economiche in giro per il mondo, specie dal 2008 in poi. Ho cercato quindi di capire, integrando quanto già letto sul liberalismo e liberismo classico, con gli autori del ‘900, quali Mises, Rustow, Lippmann e in particolare, Hayek e Friedman.

Devo dire che delle idee e dei modelli teorici descritti da questi autori, ho visto veramente ben poco osservando le nostre società, in particolare quella italiana che posso conoscere meglio, già da molto prima del 2008.

Un’organizzazione della società basata comunque su una forte presenza e regolamentazione dello Stato in molti settori, spesa pubblica elevata in termini di PIL, sulle grandi aziende quotate un controllo diretto (utilities) o indiretto (sistema finanziario) della politica, sistema fiscale inefficiente che comunque pone il contribuente sempre in una situazione di subalternità rispetto all’esattore nelle fasi di accertamento e di contenzioso, libertà di impresa non particolarmente elevata, monopoli e rendite di posizione molto diffuse e terribilmente resistenti in un contesto competitivo molto limitato, solo alcuni dei punti che rilevo.

A mio giudizio insomma, sembrerebbe una società molto più “keynesiana” di quanto forse auspicava lo stesso Keynes negli anni ‘30. Ho paura che questo neoliberismo sia quindi diventato quasi una sorta di costante capro espiatorio (tanto non può parlare e difendersi…) di tutti i mali economici della società, solo per giustificare una sempre più intensa richiesta di intervento dello stato a tutela dei cittadini. Ovviamente non ho nulla in contrario su tale intervento, se però realmente funzionasse.

Il punto è che il potere statale è fatto di uomini, imperfetti esattamente come quelli che operano nel settore privato. E i danni e le catastrofi economiche accadono essenzialmente per questo, uomini che sbagliano in buona o cattiva fede, pubblici o privati che siano. Rilevo però delle differenze. Il potere statale, soprattutto se accentrato, ha sicuramente una minore capacità di cogliere i problemi e le giuste azioni di intervento rispetto ai singoli operatori. È per certi versi, semplificando, il motivo per cui Hayek affermava che la pianificazione non poteva funzionare: una strutturale carenza di informazioni su bisogni individuali che cambiano in continuazione, non permette di agire in modo efficiente in un sistema in cui operano tanti soggetti; non ci riuscirebbe il più potente computer del mondo.

Inoltre, quando il potere statale fa danni, gli stessi sono tendenzialmente superiori, data la potenza di azione.

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