di ROMANO BRACALINI
Se ne è parlato a Verese, in un dibattito organizzato da Terra Insubre, nel trentennale della morte. Strano destino quello di Giuseppe Prezzolini, nato per caso a Perugia da genitori senesi, nel 1882, e destinato a un eterno esilio volontario. Ebbe un duplice rapporto con l’Italia: la odiava, perché l’amava. E la odiava perché non era come lui avrebbe voluto che fosse. Aveva scarsa considerazione degli italiani che divideva in due categorie: i furbi e i fessi. Quanto all’Italia, quella fino alla Toscana era l’Italia europea; quella da Roma in giù era l’Italia africana o balcanica. Gli italiani avevano l’abito cortigiano e non erano fatti per la democrazia. Non erano stati gli stranieri a invadere l’Italia nei secoli bui, erano stati gli italiani in eterna lotta fra loro a chiamarli. Impero e Papato. Guelfi e ghibellini. Lo spirito di divisione è giunto fino ai tempi nostri. L’Italia non cambiava e non c’era speranza di un ravvedimento futur
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