di MATTEO CORSINI
Tra le tante cose dette e scritte in questi giorni a proposito di pensioni di reversibilità, l'unica che, a mio parere, avrebbe senso non mi è capitato né di leggerla, né di sentirla. Prendo spunto da un articolo di Enrico Marro sul Corriere della Sera, che inquadra la questione, ma si limita a sostenere i meriti della sostituzione dell'Isee al reddito Irpef per determinare il diritto alla percezione dell'assegno di reversibilità.
Scrive Marro: “Le pensioni di reversibilità rappresentano un pezzo fondamentale dello Stato sociale per circa 4,3 milioni di «superstiti»: in buona parte vedove, che percepiscono per tutta la loro restante vita, in base al reddito, dal 30 al 60% di quella che era la pensione del marito deceduto. Per questa voce si spendono circa 41 miliardi di euro l'anno (che fanno 733 euro in media a testa per tredici mensilità). È vero, in un caso su tre l'assegno di reversibilità costituisce l'unica forma di reddito (il 67,5% dei perce