di CARLO MELINA
“Salva Italia” prima, “cresci Italia” poi. Cambiano i nomi, ma il metodo con cui lo stato conduce il negoziato con i lavoratori, cioè con chi produce ricchezza, è lo stesso: tasse e manganello. Ne sa qualcosa Roberto Penzo, presidente dell’Associazione armatori della Pesca di Chioggia, in provincia di Venezia. E’ suo il volto insanguinato, diventato il simbolo della protesta dei pescatori. Gente che lavora dalle 10 alle 15 ore al giorno, che sfida il mare e la sorte, con un’unica certezza: i costi di un’attività che ormai non rende più. E che non può continuare ad esercitare in perdita. Complici il piano comune per la pesca, voluto dall'Unione europea, e la “manovra alla Schettino” del governo dei professori, che da un giorno all’altro ha imposto il 21% di Iva sul prezzo del carburante.
Ieri, dopo una settimana di scioperi, decine di pescatori si sono ritrovati a Roma, davanti al Palazzo, e per tutto il giorno hanno urlato le loro ragion
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