di TOMMASO STOPPA
"Della politica so solo che la odio. Per il poco che ne capisco, serve a molti furfanti per spadroneggiare come falchi in un pollaio e per gabellare furti e prepotenze come leggi necessarie al progresso civile". A pronunciare questa invettiva degna di un Rothbard è il più famoso e longevo eroe del fumetto italiano, Tex Willer. Presente ininterrottamente nelle edicole dal 1948, per lungo tempo la sua popolarità è stata contesa da critici e intellettuali di partito, ciascuno dei quali ha tentato invano di arruolarlo a forza tra le fila della propria ideologia. Fino a quando, stanco di esser tirato per la giacca, il creatore del personaggio Giovanni Luigi Bonelli ha messo definitivamente il punto a un dibattito pluridecennale, dichiarando apertamente la sua visione politica: "Sono un anarchico che non ha mai votato, negatore dei partiti, delle nazioni e delle guerre. Tex non è un guerrafondaio: lo tirano dentro e segue solo il suo senso di giustizia."
Anarchi