di MATTEO CORSINI
In un tempo in cui si moltiplicano i nostalgici dell’IRI, mi è capitato di leggere un’intervista a Nerio Nesi, che alla veneranda età di 95 anni ripensa all’esperienza delle nazionalizzazioni e del controllo pubblico della proprietà di imprese, più o meno esplicitamente finendo per ritenere che la liquidazione dell’IRI e le precedenti privatizzazioni furono un errore.
Tipica di coloro che hanno nostalgia dell’IRI è l’omissione, nella ricostruzione dei fatti storici, della degenerazione dello statalismo e della situazione fallimentare di molte imprese partecipate.
Secondo Nesi, le imprese pubbliche “hanno dato un contributo allo sviluppo del Mezzogiorno e del Paese, assumendosi l’onere di intervenire in zone e comparti produttivi dove i privati... non avevano, a quei tempi, alcun interesse o volontà di farlo.”
Come atto d’accusa nei confronti di chi dovrebbe investire mezzi propri non mi sembra granché. Se le parole hanno un senso
Fondamentalismo e liberismo sono per natura antitetici, parlare di fondamentalismo liberista è un ossimoro per ingannare i babbei. In tarda età bisognerebbe avere il coraggio di ammetterlo ma evidentemente i tiranni di professione lo sono anche per vocazione. Non si pentono neanche il loro ultimo giorno, forse perché non credono nell’inferno. Non ci credo neanch’io ma alla damnatio memoriae sì.
Pensare al NULLA ETERNO che lo attende, a breve, no?