di MASSIMILIANO CARMINATI
L’uomo e i popoli dovrebbero valere per ciò che sono e non per quanto producono e consumano. Questo in sintesi il messaggio di Claudio Bonvecchio (foto sotto), professore emerito dell’Università dell’Insubria, nel suo studio dedicato all’identità. Ma per comprenderlo a fondo l’identità etnica, tanto quella del singolo che quella comunitaria, va ripensata radicalmente.
Secondo l’Autore situarsi nell’ambito di un “pensiero forte” significa ricominciare a pensare in modo libero e autonomo, condizione indispensabile per prendere coscienza di ciò che si è perso e incrinato. Il punto di partenza è dunque un “passaggio al bosco” di jüngeriana memoria. Ciò proteggerebbe l’idea-forza dell’identità, sottraendola al nefasto sforzo del pensiero borghese di banalizzarla e di attribuirle contenuti impropri puntellati dagli imperativi del politically correct e delle logiche consumistiche del mercato.
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