di GILBERTO ONETO
“Calunnia, calunnia, che qualcosa resta” è un vecchio odioso principio che ha però un evidente fondo di verità. Da qualche anno stiamo assistendo a uno scoppiettante e sfacciato fuoco di sbarramento da parte di studiosi, storici, giornalisti e polemisti meridionali contro le pretese di autonomia e di libertà delle comunità padane. La vicenda ha preso inizio – in maniera del tutto legittima e condivisibile – dalla rivisitazione storica delle vicende risorgimentali e dalla narrazione dei torti subiti da parte della storia (e degli storici di regime) dalle popolazioni meridionali. Dal revisionismo delle vicende si è piano piano scivolato su quello dei fatti economici e su interpretazioni piuttosto creative basate sugli studi dei primi del 900 di Francesco Saverio Nitti, che sosteneva che il Sud era stato danneggiato dall’unità.
Dalla presa di coscienza della rapina economica iniziale (peraltro comune a tutte le parti della penisola) si è passati
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