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8 Settembre: morte di una “patria” mai nata, metafora di un fallimento unitario

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di ROMANO BRACALINI Storici di corte si sono compiaciuti di definire l’8 settembre la “morte della patria”, concetto assai più nobile del più sgradevole ma veritierio  “fallimento unitario” quale esso fu. L’Italia fascista si era alleata con la Germania nazista in un patto di sangue e di morte. Patto scellerato. Ma fu il modo in cui l’Italia giunse segretamente all’armistizio, tenuto nascosto fino all’ultimo ai tedeschi, che tolse ogni decoro e dignità all’Italietta fedifraga di sempre. Era stato il maresciallo Badoglio, capo del governo, con voce stanca e monotona, a darne l’annuncio la sera dell’8 settembre 1943, alle19.42, dai microfoni dell’Eiar. Nelle piazze la gente esulta; crede che sia finita, anche se ha imparato a diffidare dei bollettini bugiardi. Chi sono i nemici? Badoglio l’ha lasciato intendere ma non lo ha detto. Non più gli angloamericani e non ancora i tedeschi. Il tempo di mercanteggiare, come sempre, come nel “maggio radio
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