di MATTEO CORSINI
Domenico De Masi, docente di Sociologia del lavoro alla Sapienza di Roma, sta per pubblicare un libro dal titolo provocatorio: “Lavorare gratis, lavorare tutti”. A suo dire “il sistema attuale non è sostenibile. La nuova ondata della robotica distruggerà il triplo del lavoro che hanno distrutto le precedenti ondate di innovazione”.
De Masi non è il solo a sostenere che l’uomo verrà sempre più sostituito da robot, con effetti drammatici sulla disoccupazione. Non intendo entrare nel merito di questa posizione (Malthus docet), bensì soffermarmi su quella che De Masi ritiene essere la soluzione per salvaguardare l’occupazione. “Non bisogna aumentare la produttività riducendo il personale. Il problema di oggi e di domani non è la produzione (ce n’è già troppa), il problema è la mancanza di consumi. Meno lavoratori significa meno consumatori. Invece il numero dei lavoratori (e dei consumatori) deve aumentare. Bisogna ridurre a 35 o 36 ore l
Ne ho senotte di porcate questa è colossale
1 si in effetti lo Job sharing è un idea ma x portare uno stipendio decente devi fare straordinari e secondi lavori x un giovane soprattutto nessuno accetterebbe di condividere paga e ore
2 lo stato e i politici rubano e intrallazzi ovunque e quindi c è il serio rischio che la cosa scappi di mano
3 il sistema economico non è capace di sostenere se stesso figuriamoci milioni di lavoratori con appena il minimo x vivere che devono pagare bollette mutuo e debiti di altri (intendo i casini delle banche)
4 arriverà il punto che più nessun operaio lavoratore stalaureato o no potrà chiedere un prestito xche con nulla da dare in garanzia perché vivrà in una fogna a buon mercato con 10 altri
5 non si faranno più figli almeno no x amore
6 ammalarsi sarà una condanna a morte xche non ci sono soldi x le medicine
7 0 sicurezza nessun poliziotto vuole una pallottola x appena 500 euro o meno
8 0 innovazione xche toglie il già poco lavoro
9 annientamento della morale una madre arriverà a vendere i figli x soldi
10 on sintesi ritorno al medioevo sulla luna ma sempre bel mdioevo
Facciamo i conti coi numeri sull’idea di ridurre le ore di lavoro .
Prima di tutto poniamoci una domanda . Da dove viene l’idea di lavorare 40 o 48 ore alla settimana ? Comincio’ con l’industria .
http://uk.businessinsider.com/history-of-the-40-hour-workweek-2015-10?r=US&IR=T
Dopo alcuni tentativi eventualmente fu legislata la giornata lavorativa di 8 ore .
Inizialmente si lavorava anche 100 ore alla settimana . Tutto cio’ era per il beneficio dei gestori delle fabbriche .
Facciamo questo esempio . Oggi una ditta impiega 100 persone per costruire diciamo mille radio al giorno per un totale di ore complessive di 4000 .
Se la ditta non vuole spendere di piu’ per salari , la stessa quantita’ di denaro si puo’ usare per
impiegare altre 100 persone e di conseguenza il totale della manodopera lavorerebbe 20 ore alla settimana per un totale di 4000 ore . Ogni lavoratore riceverebbe mezza paga . E ogni giorno 1000 radio uscirebbero dalla linea di produzione .
Io penso che solo medie o grandi aziende potrebbero partecipare a questo schema produttivo . Aziende piccole con meno di 50 dipendenti potrebbero avere difficolta’ .
Se per esempio 1000 aziende con piu’ di cento lavoratori partecipassero a questo schema immaginate 100 impiegati di piu’ per ciascuna azienda fa’ 100 000 (si cento mila impiegati in piu’ !)
Certo con una paga ridotta , ma con incentivi di tassazione per le aziende che partecipano a questo schema .
Con questo sistema si potrebbe certamente ridurre la disoccupazione con la condivisione del lavoro ( job sharing ) . Ci sarebbero benefici psicologici per persone impiegate che erano disoccupate da tempo .
Possibilmente impiagati partecipanti a questo schema potrebbero avere possibilita’ di training e educazione nelle ore libere .
I consumi della popolazione aumenterebbero e ci sarebbe una possibilta’ di ricominciare con la crescita economica .
L’idea di De Masi e’ seria e dovrebbe essere presa in considerazione prima di tutto per cercare di uscire da questo buco senza uscita in cui l’Italia si e’ cacciata . E poi ci sono enormi cambiamenti in vista nei prossimi anni . C’e’ in corso la robotizzazione completa della linea di produzione di molte aziende elettroniche e poi ci sono altri grandi cambiamenti in vista come l’uso degli stampatori tri dimensionali . Anche Robots con sembianze umane appariranno nella societa’ dai cuochi alle donne cameriere , e prostitute . Alcuni esempi sono usati in Cina e Giappone .
http://www.chinadaily.com.cn/beijing/2015-04/30/content_20590261.htm
La morale della favola e’ che avere un lavoro non condiviso sara’ una rarita’ .
Come la societa’ affrontera’ questo problema decidera’ l’ esistsnza di essa .
Piccolo problema :
Stipendio medio mensile di un operaio €1200-1300
se gli diamo mezza paga € 600-650
stipendio medio netto mensile di un apprendista € 900 (molto sopravalutato) mezza paga €450
con tali stipendi per sopravvivere servirebbe uno stato di stile sovietico (crollato nel ’89)
dove per sopravvivere avevi gli alimenti razionati.
Senza contare poi, che con tali paghe non ci si può permettere ferie e quindi a caduta conseguente il crollo
dell’economia turistica, ecc.
Ma tutto questo non si era già visto nell’URSS?
Povero De Masi, negli anni ’90 ha scritto un libro che devo ritrovare in cui sosteneva che la tecnologia ci avrebbe regalato tanto tempo libero che avremmo fatto fatica a gestire. In una nazione seria uno come questo sarebbe ai margini. Ho assistito un suo corso che iniziava ” sono napoletano e l’unica cosa che Napoli ha inventato é la pizza”. Vive per gli agganci che ha, non per quello che dice!!!!!
L’abiezione ideologica e ideale non hanno limiti.
De Masi è uno dei classici che , con capacità produttiva zero , si è dato al settore dell’opinabile.
Cito , a quell’ignorante, tre dei (tanti) settori di sviluppo che richiederebbero manodopera qualificata:
Software
Trasporti sotterranei ultraveloci
Imprese spaziali per produzione energetica e colonizzazione della Luna.
Ma lui è solo un povero ignorante che conosce l’industria meno di un manovale.