di MATTEO CORSINI
Da qualche tempo il Sole 24 Ore ospita ogni giorni un paio di interventi in tema di riforma fiscale. Ho notato che quasi nessuno degli esperti della materia chiamati a fornire un parere sul da farsi propone un ridimensionamento della spesa pubblica come via per ridurre le tasse e, se possibile, rendere anche meno complicato pagarle.
Questi signori, chi più, chi meno, parlano di modifiche che redistribuirebbero il carico, a gettito che, nella migliore delle ipotesi, resterebbe invariato, mentre non di rado sarebbe destinato a crescere ulteriormente.
A prescindere da quello che uno pensa della tassazione in quanto tale (per me è violazione della proprietà del soggetto tassato), ragionare di riforma fiscale senza considerare prioritaria la riduzione della spesa pubblica significa supporre che un podista possa sperare di essere competitivo dovendo portare sulle spalle uno zaino di 30 chili. A me pare un’assurdità.
Il tributarista Maurizio Logozzo fornisc
Evidentemente sono ancora parecchi i fessi che credono al “pagare tutti pagare meno” e ai ricorrenti proclami di un fisco più semplice ed equo.
è così chiaro quanto esposto che l’ho capito perfino io che di solito in materia non ci capisco niente…il che mi accomuna almeno a tre quarti della popolazione di cui ovviamente se ne approfittano i soloni che fanno le pensate a danno dei cittadini tutti…meno quelli che ovviamente riescono a gestire il loro portafoglio altrove…e fanno benissimo! quanto li invidio!… almeno si sottraggono al senso di frustrazione che la maggioranza di noi prova quando sente in televisione parlare un “politico”…
Qualunque intervento in materia fiscale è destinato a fallire se si parte dal presupposto del “gettito invariato” questo perché la tassazione è semplicemente intollerabile. Il discorso che fa lo Stato è “io spendo 100 se qualcuno non paga gli altri pagheranno per lui” con tutto quel che è seguito. Uno Stato che gestisce più del 50% del PIl (e tralasciamo Enti Locali ed assistenziali con i quali si arriva tranquillamente al 70-80%) non è una repubblica democratica in economia concorrenziale: è uno Stato ad economia collettivista.
Iniziamo con il mettere in Costituzione un limite massimo a qualsiasi forma di prelievo (compresi quindi i contributi) fiscale e previdenziale al 30%. Toccherà poi allo Stato e agli enti locali e previdenziali decidere se finalmente tagliare le spese o aumentare gli incassi combattendo l’evasione (che è concorrenza sleale e fatta principalmente da grandi industrie, banche e regioni del Sud) oppure attendere che l’inevitabile aumento del Pil in conseguenza della diminuita tassazione porti a un aumento del gettito (attesa senza fare debiti o deficit ovviamente…)