di PAOLO L. BERNARDINI
Sui cancelli di Auschwitz campeggiava la scritta “Il lavoro rende liberi”. In un luogo di sterminio di massa di civili inermi, naturalmente il richiamo stesso alla libertà ha qualcosa di osceno, di sinistro, di diabolico, di infinitamente violento. Di paradossale. Non meno del resto del riferimento al “lavoro”. Degradato come era al lavoro di schiavi, destinati alla morte.
Ebbi modo in passato di riflettere, provocando gran scandalo, sull’analogia – sinistra – con il riferimento, nella Costituzione italiana, all’articolo uno, dunque alla pietra di fondamento, l’Italia “fondata sul lavoro”. Quale spettro aleggiava nell’aria, quale nemico occulto, in quegli anni? La finanza? Perché si ripeteva così assurdamente la parola “lavoro”? Per gli ebrei che non “lavoravano” nel modo consueto, alieni dalla terra, il “lavoro” per eccellenza? Si deve ad un singolare filosofo gentiliano, poi approdato a visioni peculiari, ma sempre d