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Un ideale. O forse no? Il mio ricordo di Silvio Berlusconi

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di PAOLO LUCA BERNARDINI Nella primavera del 1994 mi trovato a Providence, negli Stati Uniti, alla Brown University, per un soggiorno di studi. Avevo esultato – come molti altri – alla notizia della vittoria di Berlusconi alle elezioni di aprile. Il suo incredibile esordio in politica. Con Daniela Coli, dell’Università di Firenze, intervenimmo in una discussione sollecitata da un articolo di “The New Yorker”, uscito il 18 aprile: “Vox populist”. Il periodico, espressione del peggior “politically correct” americano, sosteneva in pratica che Berlusconi col suo potere mediatico aveva “imbambolato” i poveri cretini italiani portandoli a votarlo, promettendo cose irrealizzabili, e che egli non era altro che un “tycoon” pronto a fare strame di Italia e Italiani per i propri fini. Daniela Coli ed io, con convinzione, ci schierammo a favore del nuovo partito e del suo leader, da liberali classici, dicendo che gli italiani erano semplicemente stanchi del “pesa
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