di PAOLO L. BERNARDINI*
Parigi val bene una rapina, o più d’una. Si potrebbe dire, parafrasando le celebri parole, forse mai pronunciate, di Enrico IV vincitore delle guerre di religione e in procinto di regnare, all’inizio del Seicento, su una Francia ancora ampiamente cattolica che richiedeva, dunque, la pronta conversione. E’ però la Parigi della Belle époque, quella di cui parla il comasco Paolo Valera (1850-1926), il grande e unico cronista, tra l’altro, della strage di stato che investì Milano – i cannoni di Bava Beccaris – ai primi di maggio del 1898, in un libretto del 1913 meritoriamente ripubblicato da Deriveapprodi (“Memorie di Giulio Bonnot”, pp. 108, € 12). Di Valera si torna per fortuna a parlare, come di altri grandi lombardi o narratori della Lombardia come Rovani, il cui capolavoro, Cento anni, ripubblicato di recente da Einaudi, potrebbe benissimo essere inserito in una ideale trilogia di pietre miliari ottocentesche insieme ai Promessi spos