di PAOLO L. BERNARDINI*
"Il Veneto è la mia Patria. Sebbene esista una repubblica italiana, quest’espressione astratta non è la mia Patria. Quando vedo scritto all'imbocco dei ponti sul Piave fiume sacro alla Patria, mi commuovo, non perché penso all’Italia, bensì perché penso al Veneto". Le parole ormai celebri, infinitamente ripetute, di Goffredo Parise, dovrebbero forse comparire come citazione in limine in ogni libro, e sono molti, dedicati al Piave, o alla Piave, se non altro perché a Ponte di Piave Parise scelse di morire. Morì come si suole dire “con la penna in mano” ma poiché la malattia lo aveva indebolito fieramente, dettò piuttosto ad un’amica le sue ultime poesie. Così si spegne, del resto, un poeta. Il Piave o la Piave – nomina, et flumina – potrei ben aggiungere – sunt consequentia rerum, ed in questo caso le “res” sono le abitudini linguistiche, la danza dei generi, che nella volgare favella, e nella veneta, sopprimono il neutro latino,
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