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Alitalia, tra errori del passato e quelli futuri

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di MATTEO CORSINI

Rispondendo a interrogazioni alla Camera sulle vicende di Alitalia, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha cercato (maldestramente) di contenere l’esuberanza verbale dei due vice presidenti del Consiglio.

Mentre recentemente Luigi Di Maio ha ipotizzato una presenza di soggetti pubblici nel capitale di Alitalia anche superiore al 50% (il fatto è che nessun soggetto privato pare voglia entrare, complessivamente, con oltre il 30-40%) e Matteo Salvini ha messo su il disco (rotto) sulla necessità di avere una compagnia di bandiera per far si che “chi vuole arrivare in Italia ci arrivi, perché il turismo è il nostro petrolio”, Tria ha affermato:

  • Non c’è in campo il tema di una ri-nazionalizzazione di Alitalia, la soluzione non può che essere di mercato, trainata da soggetti di rilievo. Il negoziato con Delta e easyJet fa intravedere la possibilità di una nuova compagine azionaria. Ove si concluda positivamente e produca un piano industriale robusto, compatibile con la normativa italiana e quella europea che permetta di stare sul mercato senza aiuti di Stato, il Mef potrà partecipare alla new company, ma in assenza di un piano industriale né di offerte precise non posso rispondere”, riferendosi all’entità della partecipazione.

Sono diversi decenni che il mercato ha emesso un verdetto su Alitalia: quella compagnia non fa altro che produrre risultati fallimentari, nonostante i ripetuti (e sanguinosi per le tasche dei pagatori di tasse) salvataggi. Quindi parlare di soluzione di mercato è un’offesa tanto al mercato, quanto ai pagatori di tasse, che inevitabilmente pagheranno il conto un’altra volta. Quanto ai piani industriali, la loro robustezza ex ante è spesso smentita ex post, soprattutto quando ci sono di mezzo motivazioni politiche a gonfiare i risultati attesi.

Piano che, peraltro, avrebbe dovuto essere presentato entro gennaio, ma che ancora latita. Vorrei sbagliarmi, ma credo che questo sia un pessimo segnale per le tasche dei pagatori di tasse di cui sopra.

Già il fatto che Salvini, nella sua incontinenza verbale, dichiari che “senza ricommettere gli errori del passato, è troppo importante avere una compagnia di bandiera italiana che riapra rotte che erano state chiuse”, non fa che destare preoccupazione. Perché temo che la riapertura di certe rotte possa avvenire a condizioni antieconomiche.  Giusto per non ricommettere gli errori del passato…

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1 COMMENT

  1. L’Alitalia è fallita per diversi motivi, tutti riconducibili al fatto che come azienda pubblica non veniva gestita con criteri economici ma solo politici.
    A memoria, l’azienda era piena di gente del Lazio, ovviamente in sovrannumero rispetto alle necessità, il 70% dei biglietti veniva staccato al nord, quindi la maggior parte dei voli “importanti” partivano dalla Malpensa, peccato che essendo i dipendenti laziali a nessuno sia venuto in mente, come avviene in tutte le aziende del mondo, che questa gente doveva trasferirsi vicino al posto di lavoro.Il risultato era che al mattino partiva un aereo da Roma pieno di dipendenti Alitalia “già in orario di lavoro”… Vista la demenzialità della cosa e l’antieconomicità insostenibile la soluzione è stata molto …..italica, nessun trasferimento di dipendenti, si è trasferito l’hub da Milano a Roma. Così un padano invece che recarsi alla Malpensa doveva prendere un aereo fino a Roma, ovviamente con aggravio di costo, ritardi levantini e scioperi inclusi, farsi perdere i bagagli a Roma ed infine imbarcarsi a caro prezzo con Alitalia. Ovviamente, visto che i padani sanno fare i conti, tempo perso per tempo perso, costo per costo, si è preferito andare ad imbarcarsi a Zurigo, Francoforte, Parigi o Amsterdam, almeno i ritardi e la perdita di bagaglio era scampati e si pagava anche meno.
    L’unico dubbio è il perché si insiste nel mantenerla aperta, con accanimento simile e sospetto come quello della Tav. Se il problema è avere voli per portare turisti, basta accordarsi con i tour operator e le compagnie estere: se ci sono clienti non si lasciano mica scappare l’opportunità di guadagno. Il problema è cosa dovrebbero venire a fare i turisti in Italia: vista la pressione fiscale siamo uno dei posti più cari al mondo e vista la gestione pubblica, anche uno di quelli più sporchi, malcurati e pieno di clandestini delinquenti a piede libero.

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