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Bitcoin & criptovalute, il denaro non può essere un’entita matematica

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Bitcoin-Peer-To-Peer-Virtual-Currencydi GERARDO COCO

Le monete digitali, o criptovalute, permettono di effettuare pagamenti online direttamente da un soggetto ad un altro, in modo anonimo, senza passare attraverso il sistema bancario e sono gestite collettivamente dal network degli utilizzatori (i nodi della rete). Sono il risultato di una formidabile tecnologia, la blockchain, un database progettato per fare transazioni e assimilabile a un estratto conto pubblico che conferma e convalida tutte le transazioni. L’intero network conosce il saldo di ogni portafoglio digitale esistente e invalida qualsiasi tentativo di manipolazione. Sono frazionabili all’infinito e quindi utilizzabili per ogni tipo di pagamento. La quantità delle cripto valute, predeterminata da un algoritmo che ne riproduce la scarsità, non può essere inflazionata. Ciò che resta da capire è se impulsi magnetici, ossia «non cose» possano costituire il fondamento di un sistema monetario di un’economia complessa.

Circa due secoli fa, l’uomo d’affari ed economista David Ricardo (1772-1823) fece questo ragionamento. Supponiamo, scrisse, che in un mercato chiuso circoli un milione di monete d’oro e che ciascuna moneta contenga cento grani d’oro fino. Data una certa velocità di circolazione e una certa quantità di merci si avrà un certo livello di prezzi. Supponiamo, ora, che il governo tolga da ogni moneta 10 grani. Allora ogni moneta non conterrà che 90 grani ma malgrado ciò, il livello dei prezzi (cioè il valore della moneta) non sarà alterato se lo stesso numero di monete resta in circolazione. Il governo può continuare a togliere oro dalle monete 20, 30 grani e così via, finché tutto l’oro è tolto e le monete diventano semplici gettoni senza “valore intrinseco”: se la quantità non è aumentata, la capacità di acquisto della moneta gettone sarà la stessa di quella della moneta aurea. Si conclude quindi che anche se la moneta è formata da una sostanza priva di qualsiasi utilità diretta, essa conserva valore (cioè capacità di acquisto rispetto alle merci), purché sia emessa in quantità limitata. Quindi, in base a questo ragionamento anche «gettoni magnetici» come le criptovalute prodotte dai computer, sarebbero denaro.

Molti, tra cui i creatori delle monete digitali, hanno preso alla lettera questo celebre esempio, trascurando che nel sistema ricardiano l’oro non scompare affatto perché il valore dei sostituti monetari (i gettoni), affinché non si inflazioni, deve essere sempre equivalente a quello della quantità d’oro che essi sostituiscono nella circolazione. L’esempio fu solo un tentativo pedagogico di spiegare il nocciolo della teoria quantitativa (per mantenere il valore di una moneta bisogna limitarne la quantità) e convincere della convenienza a usare sostituti monetari al posto dell’oro, troppo costoso a prodursi per la circolazione interna. E’ l’essenza del Gold Exchange Standard, ideato proprio da Ricardo e durato fino al 1971. In questo sistema l’oro è il mezzo di pagamento internazionale (e l’argento moneta sussidiaria), serve a saldare i deficit commerciali e presuppone necessariamente un rapporto di conversione con i sostituti monetari di cui impedisce emissioni arbitrarie.

Se si fossero ricordati di tutto questo, i creatori delle monete digitali avrebbero evitato clamorosi errori il primo dei quali è di averne fissato unilateralmente e a priori la quantità con un algoritmo. Nella realtà il denaro non può essere una quantità fissa. Ricardo, infatti, parla di quantità limitata, non fissa e fa riferimento a un livello di prezzi e a una velocità. Se chiamiamo P il livello dei prezzi, M la quantità di moneta, V la sua velocità e Q la quantità di merci prodotte, l’equazione P=MV/Q, che esprime la teoria quantitativa nella sua forma più semplificata, può essere risolta solo dal mercato non da un algoritmo. Altrimenti si cade nell’errore dei pianificatori che, «regolamentando», ottengono risultati opposti a quelli desiderati.

Se l’offerta monetaria resta fissa, il valore dipende ovviamente dalla domanda e se c’è un’aspettativa di rialzo, si arriva al paradosso di far apprezzare le valute digitali come quadri d’autore o come francobolli rari come infatti è accaduto dal 2010 al 2013 quando i bitcoin si sono rivalutati 20.000 volte. Chi li ha acquistati ha fatto un investimento speculativo. Bene. Ma allora non si tratta di denaro che è numerario e unità di conto la cui caratteristica è la stabilità non la volatilità.

Accortisi dell’errore gli analisti hanno cercato di modificare l’algoritmo in modo da far coincidere domanda e offerta. Altro ma stesso errore. La domanda aggregata consiste delle domande di milioni e milioni di individui che vengono riadattate costantemente in risposta alle continue mutazioni dell’economia, degli stili di vita e della tecnologia. Pensare di calcolarla matematicamente è una follia collettivista.

oroQuanto al problema del credito non è stato neppure sfiorato. Le valute digitali possono andar bene per micro pagamenti ma non per un’economia creditizia dove le transazioni non sono regolate a pronti. I periodi di produzione non coincidono con quelli delle vendite, l’attività economica è caratterizzata da fluttuazioni, irregolarità e sfasature temporali tra spese e redditi che solo il credito, che non è una quantità fissa, può colmare e stabilizzare.

Il denaro non può essere una «non cosa» o un’entità matematica. Il valore dell’oro può essere calcolato in termini di petrolio e viceversa, in quanto entrambe sono merci che hanno un valore indipendente. Per misurare valori bisogna possedere valore. Come il metro è l’unità di lunghezza che misura ogni altra lunghezza e il kilogrammo è l’unità di misura del peso, la ricchezza deve essere misurata da un’unità di ricchezza.

Ora qual è il valore che hanno le criptovalute? E’ il derivato di dollari, euro, yen, sterline con cui si acquistano ma che non hanno valore indipendente in quanto rappresentano debiti di terzi. Che valore avrebbero, infatti, le monete digitali se le valute da cui derivano perdessero valore? La risposta è ovvia: quello dell’oro (o dell’argento), monete reali, le uniche a sopravvivere a un olocausto monetario grazie al loro valore indipendente.

E allora il futuro possibile e desiderabile delle monete digitali non può che essere quello di ancorarle all’oro e all’argento e farle circolare come loro sostituti. La convertibilità conferirebbe loro il valore di cui oggi sono prive, stabilizzandole immediatamente e trasformandole da «non cose» in «certificati informatici» rappresentativi dei preziosi. Hackers e perfino impulsi elettromagnetici di un’esplosione atomica potrebbero annullare la memoria dei computer ma non l’oro e l’argento custoditi nei depositi. Il credito poggerebbe su una base indipendente di ricchezza e non sui debiti.

Si tornerebbe al sistema ricardiano, ma reso più efficiente dalla tecnologia esistente e con la quale si potrebbe finalmente realizzare un sistema di pagamenti alternativo, decentrato, senza frizioni, solvibile e globale. Gli anni delle banche centrali e del sistema bancario tradizionale potrebbero essere davvero contati.

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15 COMMENTS

  1. non condivido praticamente nulla.

    bitcoin ha un valore dato dalla sua utilità intrinseca esattamente come l’oro

    come l’oro ha inoltre anche una quantità fissa (solo x tonnellate di oro esistono sulla terra e solo 21 milioni di bitcoin esistono nel protocollo)

    bitcoin è nella medesima categoria dell’oro e siccome l’oro è stato usato come moneta per millenni ne consegue che necessariamente anche bitcoin potrà in futuro essere usato come moneta.

    il ragionamento non necessita di altro.

  2. Sono d’accordo con Gerardo Coco il quale, anche in questo articolo, ricalca i “sacri” dettami della Scuola Austriaca.
    L’unica moneta che si possa definire tale è, appunto, la “commodity money” che deve fungere da ‘sottostante’ a qualsivoglia sostituto monetario scelto per comodità nelle transazioni commerciali.
    La “materia monetaria”, per non essere inflazionabile dai Governi con la connivenza delle Banche centrali, deve essere un qualcosa di “scarso” e “prezioso”, cioè una merce il cui ‘valore intrinseco’ sia riconosciuto dalla maggioranza (meglio se dalla totalità) degli attori nel libero mercato in tutto il mondo. Se così non è, allora il suo “pregio” vale quanto la fiducia che può ispirare. Fiducia che oggi c’è e domani (o altrove) chissà…
    Prova ne sia il fatto che, durante la “primavera araba” (così scioccamente definita dagli intellettualoidi di sinistra), la moglie del presidente Ben Ali non è fuggita con una valigia piena di “dinari tunisini” di grossa taglia, ma con un ‘baule’ contenente una tonnellata e mezzo di lingotti d’oro!
    —————
    Per quanto riguarda la “velocità” V che compare nella formula P=MV/Q, considero fededegna l’analisi di Frank Shostak il quale, nella ‘conclusion’ del suo articolo Money Supply and the Velocity of Money, scrive:
    «Contrary to popular thinking the velocity of money doesn’t have a life of its own. It is not an independent entity and hence it can’t cause anything. The apparent simplicity of the equation of exchange and its consequent widespread acceptance by mainstream economists has been instrumental in the erroneous assessments of the true state of the economy.»

    • Si, la velocità della moneta non è una variabile indipendente (come del resto il livello dei prezzi e le quantità di merci prodotte). Tra la quantità di moneta e la velocità c’è però un’importante relazione proporzionale diretta: se la prima aumenta, anche la seconda tende ad aumentare. Questo perchè inflazionando la moneta, la sua domanda tende a diminuire. Pertanto è una variabile molto importante.

      • (Inderogabili impegni mi hanno impedito di rispondere per tempo.)

        Dall’equazione dello scambio V=PQ/M si evince il contrario. Cioè quando la quantità di moneta M aumenta (al denominatore) la velocità V diminuisce, dunque la proporzionalità è **inversa** e non diretta. Perché le due grandezze abbiano movimenti nello stesso verso bisogna far riferimento ad altre variabili, indipendenti da queste, messe in relazione tale da rovesciare il significato della formula sopra citata. (Che in tal caso perderebbe di significato).
        Alcuni addirittura la scrivono così: MV= Pil(reale) e dicono che in quest’ottica si ottengono preziose informazioni. Io sono in disaccordo, anzi vedo una palese assurdità giacché basterebbe aumentare ‘quanto basta’ la massa monetaria per far crescere il Pil “reale”. Da come agiscono penso proprio che ci credano i banchieri centrali, col risultato disastroso che tutti possiamo costatare.

  3. L’autore sembra non cogliere ancora che anche il valore delle criptovalute ha un sottostante come l’oro. E’ l’energia ed il calcolo computazionale messi al lavoro per sancire la sicurezza di tutto il sistema e che per l’oro e le valute ha un corrispodente (nella storia) a gli sforzi (che non sono mai mancati) per per prevenire la contraffazione.

    • L’oro ha utilizzi industriali, ha proprietà fisiche, chimiche ed elettriche specifiche. Cos’è un impulso magnetico? Cos’è “lo sforzo”? Anche Marx considerava il lavoro indefinito un valore, ma non lo è.

      • Anche Bitcoin ha utilizzi industriali, e in futuro ne avrà sempre di più.

        Al posto di proprietà fisiche e chimiche specifiche ha proprietà matematiche specifiche. E la matematica rappresenta un livello di “perfezione” infinitamente maggiore sia della fisica che della chimica 😉

  4. non si può prendersela con Draghi perché stampa e compra
    “ad minchiam” (una logica ancorché profondamente perversa esiste comunque)
    e poi fissare a 21.000K la quantità di bitcoins. Anche la scarsità deve rimanere in una dimensione “unhumpered”. Pianificare una quantità per causare la scarsità è luddisticamente un tentativo che troverà il limite nel limite stesso di dichiarare scarso un impulso elettromagnetico o la sua memoria sia magnetica che eventualmente pure cartacea.
    Il mercato poi, col tempo, capirà finalmente la differenza tra mezzo fiduciario e moneta.
    Con ciò non toccatemi i bitcoins poichè la blockchain è un esperimento pratico in corso. Con in contorno di comportamenti rispettosi della “Legge” già ora qualche volta serve in situazioni particolari a salvare capra e cavoli.

  5. Finalmente un parere articolato sulla materia.
    Materia su cui ragionare.
    Io trovo interessante la criptovaluta soprattutto perché non è tracciabile e funge, anche se non lo è, da contante.
    Quel contante che il potere vorrebbe far sparire per meglio controllarci e spennarci.
    Capisco anche che è una specie di convenzione fondata sulla fiducia condivisa del metodo in sé.
    Il che sembra abbastanza poco , quale garanzia di valore, dato che anche le valute esistenti sono basate sulla medesima fiducia degli utilizzatori.
    Non è sbagliata l’obiezione del Prof.Coco in merito ad un cataclisma monetario diffuso.
    Se vien giù tutto, chi ci dice che le criptovalute rimangano, dato che il loro valore lo si misura tramite altre valute fiduciarie?
    Eppure io penso che qualche bcoin lo si potrebbe avere ed usare.
    Se non altro per assaporare un qualcosa di diverso e anonimo.

    • Beh… L’articolo è pubblicato per dibattere sul tema e Coco è o non è persona qualificata?. Ci scriva ed invii lei un articolo in cui fa le sue controdeduzioni.

      • Apparirò supponente ma – ahimé – Coco non conosce la materia a fondo, perciò per il momento non “è” la persona più qualificata per dibattere sul tema. È comunque una persona promettente, dato che ha una buona cultura e ha studiato parzialmente queste tematiche. Perciò confido che “sarà” una persona qualificata non appena avrà letto la sezione di Economia Monetaria del mio blog, che è attualmente il miglior “manuale” sulla materia che ci sia in circolazione in lingua italiana.
        Con ciò non intendo che questo botta e risposta fra Coco e Birindelli non sia interessante e anzi apprezzo il Miglio Verde per aver ospitato questo dibattito.
        Per rispondere all’invito di scrivere un’articolo io stesso: certo avrei potuto scriverlo ribattendo punto per punto, ma è esattamente quanto ha fatto Birindelli, senza riuscire a convincere Coco.
        Insisto quindi suggerendo a Coco (e a chiunque fosse ancora in dubbio) di spendere 40 minuti per leggere quanto da me proposto, che purtroppo non è facilmente riassumibile in forma di articolo, avendo più la struttura di un ipertesto.
        Grazie a tutti dell’attenzione, ripropongo qui il link:
        http://www.albertodeluigi.com/index/economia-monetaria/

        • Spettabile De Luigi, il compito di un giornale serio non è convincere Coco, che ribadisco ha le sue comprovate competenze, ma informare i lettori e permettere loro di approfondire e farsi un’idea.

        • Ricevuto, grazie! Domani, uscirà l’ultima risposta di Birindelli, dopodiché pubblicheremo con grande evidenza il suo.

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