di PAOLO L. BERNARDINI
L’entomofagia – ovvero l’utilizzo degli insetti come cibo da parte dell’uomo – ha in verità una storia assai lunga. La Bibbia – nel Levitico – prevede espressamente che ci si possa cibare di locuste, cavallette, scarafaggi. “Ognuno secondo la propria specie…”, ovvero, si presume, ognuno cucinato nei modi che la specie richiede. O forse crudi. Quando San Giovanni, nel deserto, dovette nutristi, appunto, di miele e cavallette, le cucinò? Probabilmente no. Ma probabilmente neppur si trattata di cavallette, ma erano piante particolari, almeno così sostiene Isidoro di Pelusio, scrittore bizantino, monaco e santo vissuto tra IV e V secolo in Egitto, che così infatti traduce il greco akris, cavalletta appunto. Certamente, una ricognizione nel passato classico, oltre che nell’Oriente antico e moderno, ci mostrerebbe che il tabù – per dir così – relativo all’uso dell’insetto come cibo viene contraddetto, assai spesso, da un uso cauto
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