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Dibattito, lingue locali in crisi: la soluzione e’ la lingua regionale

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di MARCO TAMBURELLI* E MAURO TOSCO** Prima di tutto vorremmo ringraziare Oneto per avere lanciato un dibattito sulla questione della lingua. Sappiamo benissimo che viviamo in un periodo in cui chi è esperto in materia è malvisto, e che in internet “uno vale uno”, però vorremmo provare ugualmente a suggerire un’analisi dal punto di vista di chi la linguistica la pratica per lavoro, particolarmente nel campo delle lingue in pericolo. Vorremmo iniziare precisando un paio di cose: 1. che l’uso di termini lombardi in italiano arricchisca la lingua italiana a sua volta impoverendo quella dei lombardi non è un “mio dire”, ma un dato empiricamente dimostrato e dimostrabile in tutti i casi di deriva linguistica riportati negli ultimi cinquant’anni. Per vari motivi di subordinazione socio-linguistica, vocaboli o costruzioni grammaticali della lingua discriminata vengono importati nella lingua di regime o “maggioritaria”. A lungo andare, questi “neologismi” v
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1 COMMENT

  1. Ho sempre sostenuto che l’italiano fosse una lingua morta. La tesi nasce dal fatto che l’italiano non fu mai parlato (negli anni sessanta lo parlava il 20% della popolazione) e che in realtà è una lingua artificiale, come l’esperanto, nata dal dialetto fiorentino. E’ una lingua morta perché incapace di creare neologismi, penso all’inglese che ne sforna in continuo con creazioni come smog (smoke + fog). L’italiano per i neologismi si è sempre appoggiato al greco antico e al latino (anch’esse lingue morte) ed negli ultimi decenni all’inglese. Un notevole contributo viene dalle lingue locali, queste invece ricchissime, naturali e vive, l’italiano è infarcito di regionalismi con due conseguenze: essendo una lingua morta non riesce ad essere al loro livello, pensate a quanti termini esistono in genovese per indicare le varie condizioni del mare o in piemontese per il tipo di neve, termini spesso intraducibili in italiano perché manca un termine corrispondente. Ecco perché usare termini di lingue gallo-padane in italiano vuol solo dire aiutare gli invasori, l’italiano è la lingua degli invasori, una lingua destinata a scomparire dalle nostre parti con l’indipendenza, una lingua morta, una lingua inutile visto che al contrario di inglese, spagnolo, francese non è parlata da nessuna parte (Canton Ticino escluso ma credo che con la nostra indipendenza anche loro la abbandoneranno).
    Penso che il far capire che all’indomani dell’indipendenza l’italiano non solo sarà abbandonato ma neppure tollerato sia fondamentale, da un lato a noi servirà per distinguerci finalmente dai fastidiosi vicini (se no rimarremo come gli irlandesi considerati ancora oggi britannici, rito del te, pub e birra, guida a sinistra, lingua inglese = sono inglesi….) ed evitare danni da future follie nazionalistiche provenienti dal sud della linea gotica, dall’altro servirà a farci identificare per quel che siamo. Se nascesse lo Stato della Fiandra ed il popolo dei fiamminghi nessuno so stupirebbe perché sono noti da secoli. I padani sono sconosciuti, una novità, sono ben noti i “Longobardi” con un loro regno. Il termine longobardo in francese ed inglese è tradotto in “lombard”, “Lombardia” oggi è una piccola frazione di quel che è un tempo era la “Longobardia”. I mercanti, i banchieri lombardi nel senso di astigiani, milanesi, veneziani, ecc erano noti in tutta Europa, ancora oggi esistono le varie “Lombard street” che era il luogo in cui risiedevano.
    Se vogliamo essere “Longobardi” non possiamo parlare una lingua foresta e pure apparentata alla lontana come l’italiano, sarebbe come riconoscere la legalità dell’occupazione, accettare i danni subiti. Occorre far capire alla gente che all’indomani dell’indipendenza l’italiano sparirà, i giornali saranno in lingue locali, i programmi TV, i libri, le lezioni a scuola ed università, i cartelli stradali, le istruzioni negli elettrodomestici, gli atti notarili. Negli uffici pubblici si dovrà parlare nelle lingue locali. Così chi è favorevole all’indipendenza inizierà fin da oggi ad attrezzarsi per l’indomani dell’indipendenza, i coloni italiani, gli immigrati italiani che non si sentono “longobardi” nonostante vivano da decenni tra noi, i quisling, non lo faranno e ne pagheranno le conseguenze.
    Ovviamente, come ho detto nell’articolo di Oneto, tra le lingue ufficiali “longobarde” ci sono il tedesco ed il francese, in quanto già parlate da minoranze locali. Credo che per un certo periodo di tempo debbano essere le lingue franche, in ogni caso è meglio studiare e far studiare ai nostri figli il francese ed il tedesco piuttosto che l’inutile ed artificiale italiano. Vogliamo esagerare? Adottiamo l’inglese, ripristiniamo la monarchia ed affidiamola ad uno dei figli di Elisabetta oppure diventiamo membri del Commonwealth, così il fossato sulla linea gotica sarà più ampio, ma questa è fantapolitica.

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