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Ecco come il fallimento del liberalismo crea i marxisti

Da leggere

di YORAM HAZONY

I. Il crollo del liberalismo istituzionale

Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, per un’intera generazione gran parte degli americani e degli europei ha considerato il marxismo un nemico che era stato sconfitto una volta per tutte. Ma non era così.

Solo 30 anni dopo, il marxismo è tornato, ed è riuscito incredibilmente bene ad assumere il controllo delle più importanti agenzie di stampa, delle università e delle scuole, delle multinazionali e delle organizzazioni filantropiche, addirittura dei tribunali, della burocrazia statale e di alcune chiese in America. Mentre le città americane affrontano disordini, incendi e saccheggi, sembra proprio che i custodi liberali di molte di queste istituzioni, dal New York Times all’Università di Princeton, stiano disperatamente cercando di riottenerne il controllo, adottando piuttosto una politica di accomodamento. In altre parole, tentano di ingraziarsi i dipendenti marxisti cedendo ad alcune loro richieste nella speranza di non essere completamente sopraffatti.

Non sappiamo cosa accadrà con certezza. Ma se consideriamo l’esperienza degli ultimi anni possiamo azzardare un’ipotesi. Al liberalismo istituzionale mancano le risorse per fare i conti con questa minaccia. Il liberalismo viene allontanato da quelli che erano i suoi capisaldi, e l’egemonia delle idee liberali, così come la conosciamo dagli anni Sessanta, finirà. I liberali anti-marxisti si ritroveranno nella stessa situazione che caratterizza da tempo l’esperienza conservatrice, nazionalista, e cristiana: si ritroveranno all’opposizione.

Questo significa che qualche ardito liberale dichiarerà presto guerra alle stesse istituzioni che finora sono state sotto il suo controllo. Cercherà di creare piattaforme di comunicazione e di formazione alternative, all’ombra di quelle istituzioni potenti, ricche e prestigiose delle quali non ha più il controllo. Nel frattempo qualche altro liberale continuerà a lavorare nei media di regime, nelle università, nelle società di tecnologia, nelle organizzazioni filantropiche, e nella burocrazia statale, imparando a tenersi per sé le sue idee liberali e facendo credere ai colleghi di essere marxista, proprio come molto tempo fa i conservatori avevano imparato a tenersi per sé le loro idee conservatrici e facendo credere ai colleghi di essere liberali.

Questa è la nuova realtà che sta emergendo. La politica si tinge di rosso e i neomarxisti non si accontenteranno delle loro recenti vittorie. In America sfrutteranno il loro vantaggio per tentare di impossessarsi del Partito Democratico. Tenteranno di ridurre il Partito Repubblicano a una flebile imitazione della loro nuova ideologia, o di vietarne del tutto l’esistenza in quanto organizzazione razzista. In altri paesi democratici cercheranno di imitare i successi raggiunti in America. Nessuna nazione libera sarà risparmiata. Perciò non facciamo finta di nulla, dicendoci che questa maledizione non si abbatterà su di noi. Perché lo farà.

Nel presente saggio vorrei introdurre alcune considerazioni sulle ultime vittorie dei marxisti in America, in merito a quanto è accaduto e a quanto probabilmente accadrà ancora.

II. Lo schema marxista

Nelle loro recenti battaglie per mantenere il controllo delle organizzazioni liberali, i liberali antimarxisti hanno dovuto affrontare numerosi svantaggi. Uno di questi è che spesso non se la sentono
di usare il termine “marxista” in buona fede per definire coloro i quali cercano di distruggerli. Ciò accade perché i loro carnefici non seguono l’esempio del Partito Comunista, dei Nazisti, e di vari altri movimenti politici che si contraddistinguevano usando un certo nome di partito e pubblicando un manifesto esplicito per definirlo. Piuttosto disorientano i loro oppositori servendosi di un vocabolario mutevole di termini come “la Sinistra”, “Progressismo”, “Giustizia Sociale”, “AntiRazzismo”, “Anti-Fascismo”, “Black Lives Matter”, “Teoria Critica della Razza”, “Politica dell’Identità”, “Politicamente Corretto”, “Non-Abbassate-La-Guardia”, tra gli altri, per fare
riferimento al loro credo politico. Quando i liberali tentano di usare questi termini vengono spesso criticati perché non li usano correttamente e questa diventa un’arma nelle mani di coloro i quali vogliono umiliarli e, in definitiva, annientarli.

Il modo migliore per sfuggire da questa trappola è riconoscere il movimento che attualmente sta tentando di distruggere il liberalismo per quello che è: una versione recente del marxismo. Non lo dico per screditare qualcuno. Lo dico perché è vero. E perché comprendere questa verità ci aiuterà a capire ciò che ci troviamo ad affrontare.

I neomarxisti non usano il gergo tecnico coniato dai Comunisti dell’Ottocento. Non parlano di borghesia, proletariato, lotta di classe, alienazione del lavoro, feticismo delle merci, e così via, al contrario hanno sviluppato un proprio gergo adatto all’attuale situazione in America, in Gran Bretagna e in altri paesi. Tuttavia le loro politiche si basano su uno schema marxista fatto apposta per criticare e annientare il liberalismo (quello che Marx definiva “l’ideologia della borghesia”). Possiamo descrivere lo schema politico di Marx nel modo seguente:

1. Oppressore e oppresso
Marx afferma che, a livello empirico, le persone tendono invariabilmente a costituirsi in gruppi coesi (quelle che lui chiama classi), ciascuno dei quali sfrutta un altro gruppo finché riesce a farlo. Un ordine politico liberale in questo non è diverso da qualunque altro e tende verso due classi, una delle quali possiede e controlla praticamente tutto (l’oppressore), mentre l’altra viene sfruttata ed espropriata del frutto del suo lavoro, tanto da non riuscire a progredire, al contrario resta per sempre schiava (l’oppresso).  Inoltre, Marx considera lo Stato stesso, con le sue leggi e i suoi meccanismi di coercizione, uno strumento del quale la classe dell’oppressore si serve
per mantenere il regime di oppressione e per aiutarla a portare avanti il suo piano.

2. Falsa coscienza
Marx capisce che gli imprenditori, i politici, i giuristi, e gli intellettuali liberali che tengono in vita questo sistema non sono consapevoli di essere gli oppressori e che quello che loro considerano progresso ha creato soltanto nuove condizioni di oppressione. In realtà nemmeno la classe lavoratrice può essere consapevole di
essere sfruttata e oppressa. Questo è vero in quanto pensano tutti in termini di categorie liberali (es., il diritto dell’individuo di vendere liberamente il proprio lavoro) che nascondono un’oppressione sistematica. Tale ignoranza del fatto che si è oppressori o oppressi è definita ideologia dominante (in seguito Engels la descrisse coniando l’espressione falsa coscienza) ed è possibile superarla soltanto quando si è coscienti di ciò che accade e si impara a riconoscere la realtà utilizzando le vere categorie.

3. Ricostruzione rivoluzionaria della società
Marx afferma che, storicamente, le classi oppresse hanno materialmente migliorato le proprie condizioni soltanto grazie a una ricostruzione rivoluzionaria della società nel suo insieme, ovvero attraverso la distruzione della classe dell’oppressore, nonché delle idee e delle norme sociali che tengono in vita il regime di oppressione sistematica. Specifica inoltre che i liberali forniranno agli oppressi gli strumenti necessari per rovesciarli. Ci sarà un periodo di “guerra civile più o meno velata, che infurierà all’interno della società esistente, fino al punto in cui la guerra scoppierà fino a sfociare nella rivoluzione aperta” e nel “rovesciamento violento” degli  oppressori liberali. A questo punto gli oppressi assumeranno il controllo dello stato.

4. Totale scomparsa degli antagonismi di classe
Marx promette che dopo che la classe proletaria oppressa avrà assunto il controllo dello stato, “si porrà fine” allo sfruttamento degli individui da parte di altri individui e l’antagonismo tra le classi di individui finalmente scomparirà. Il modo per fare tutto questo non è specificato.

Le teorie politiche marxiste sono state ulteriormente sviluppate ed elaborate nel corso di circa due
secoli. La storia di come il “neomarxismo” sia emerso dopo la Prima Guerra Mondiale negli scritti della Scuola di Francoforte e di Antonio Gramsci è stata raccontata più volte, e gli accademici avranno molto da fare per molti anni ancora a raccontare quanta influenza sia stata esercitata sui vari movimenti successivi da Michel Foucault, il post-modernismo, e altri.

Ma per i nostri fini non è necessario scendere così tanto nel dettaglio, perciò userò il termine “marxista” in senso lato per fare riferimento a qualsiasi movimento politico o intellettuale che si basi sullo schema generale di Marx così come lo ho descritto. Questo comprende il movimento “Progressista” o “Anti-Razzista” che attualmente avanza verso la conquista del liberalimo in America e in Gran Bretagna. Questo movimento utilizza categorie razziali quali bianchi e persone di colore per descrivere gli oppressori e gli oppressi di oggi. Ma è basato interamente sullo schema generale di Marx per la critica del liberalismo e per il piano d’azione contro l’ordine politico liberale. Si tratta semplicemente di una versione recente del marxismo.

III. Il fascino e la forza del marxismo

Nonostante molti liberali e conservatori affermino che il marxismo non è “nient’altro che una grande menzogna”, questo non è del tutto vero. Le società liberali si sono dimostrate più volte vulnerabili al marxismo e ora stiamo vedendo con i nostri occhi come le maggiori istituzioni liberali del mondo vengano cedute ai marxisti e ai loro alleati. Se è vero che il marxismo non è nient’altro che una grande menzogna, perché le società liberali sono così vulnerabili al marxismo?

Dobbiamo comprendere la sua forza e il suo perenne fascino. Non lo capiremo mai senza ammettere che il marxismo coglie certi aspetti della verità che mancano al liberalismo illuminista. Quali aspetti della verità?

La maggiore intuizione di Marx è aver capito che le categorie che i liberali utilizzano per costruire la loro teoria della realtà politica (libertà, uguaglianza, diritti e consenso) non sono sufficienti per comprendere la sfera politica. Non sono sufficienti in quanto lo schema liberale del mondo politico esclude due fenomeni che secondo Marx sono assolutamente centrali nell’esperienza politica umana: il fatto che le persone formino invariabilmente classi o gruppi politici coesi, e il fatto che queste classi o gruppi invariabilmente opprimano o sfruttino un’altra classe o gruppo, mentre lo stato funge da strumento nelle mani della classe degli oppressori.

I miei amici liberali tendono a credere che l’oppressione e lo sfruttamento esistano soltanto nelle società tradizionali o autoritarie, mentre la società liberale sarebbe libera (o quasi libera) da tutto questo. Ma questo non è vero. Marx ha ragione quando afferma che ogni società consiste di classi o gruppi coesi e che la vita politica, in ogni parte del mondo, riguarda soprattutto i rapporti di potere tra diversi gruppi. Ha ragione anche quando afferma che in un dato momento un gruppo (o una coalizione di gruppi) domina lo stato, e che le leggi e le politiche dello stato tendono a riflettere gli interessi e gli ideali del gruppo dominante.

Inoltre, Marx ha ragione quando afferma che il gruppo dominante tende a considerare le sue leggi e le sue politiche un riflesso della “ragione” o della “natura” e si impegna a diffondere il suo modo di vedere le cose in tutta la società, tanto che vari tipi di ingiustizia e di oppressione tendono a rimanere nascosti. Per esempio, malgrado decenni di sperimentazione con i voucher [soldi pubblici distribuiti alle famiglie per pagare scuole private] e le charter school [scuole gestite privatamente con denaro pubblico], la forma prevalente di liberalismo americano resta fortemente impegnata verso il sistema scolastico pubblico. In gran parte dei casi esiste un sistema monopolistico che stabilisce che i bambini e i ragazzi di ogni provenienza debbano ricevere quella che di fatto è un’istruzione atea spogliata di ogni riferimento a Dio e alla Bibbia.

Sebbene i liberali siano sinceramente convinti che tale politica sia giustificata dalla teoria della “separazione tra stato e chiesa”, o dalla tesi secondo la quale la società necessita di scuole “per tutti”, rimane il fatto che queste teorie giustificano in realtà un sistema che mira a inculcare il liberalismo illuminista. Tutto ciò, visto da una prospettiva conservatrice, corrisponde a una tacita persecuzione delle famiglie religiose. Analogamente, il settore della pornografia non sarebbe nient’altro che un’orribile strumento per sfruttare le donne povere, benché sia giustificato dalle élite liberali per ragioni di “libertà di espressione” e altre libertà riservate agli “adulti consenzienti”. Sulla stessa linea, la delocalizzazione indiscriminata della capacità produttiva è considerata espressione dei diritti di proprietà da parte delle élite liberali che traggono vantaggio dalla manodopera cinese a basso costo a discapito della classe lavoratrice dei paesi vicini.

No, la teoria politica marxista non è soltanto una grande menzogna. Analizzando la società in termini di rapporti di potere tra classi o gruppi, è possibile far emergere importanti fenomeni politici nei confronti dei quali le teorie liberali illuministe (teorie che tendono a ridurre la politica all’individuo e alle sue libertà private) sono sistematicamente cieche.

Questo è il motivo principale per il quale le idee marxiste esercitano un tale fascino. In tutte le società ci saranno sempre tante persone che hanno ragione di credere di essere state oppresse o sfruttate. Ad alcune di queste affermazioni è possibile porre rimedio, ad altre meno. Ma quasi tutte sono suscettibili di interpretazioni marxiste, il che dimostra quanto esse siano il risultato di un’oppressione sistematica da parte delle classi dominanti e giustifica una risposta carica di indignazione e violenza. Chi è tormentato da tale oppressione apparente si ritroverà spesso a militare tra le fila marxiste.

Certamente i liberali non sono rimasti fermi di fronte alle critiche basate sulla realtà dei rapporti di potere tra i gruppi. Tra le iniziative, la Legge sui Diritti Civili del 1964 proibiva esplicitamente pratiche discriminatorie nei confronti di varie classi o gruppi; i successivi programmi di “Affirmative Action” miravano a rafforzare la posizione delle classi svantaggiate attraverso quote, obiettivi di assunzione, e altri metodi. Tuttavia questi tentativi non hanno fatto nulla per creare una società libera dai rapporti di potere tra classi o gruppi. Anzi, la sensazione che “il sistema sia marcio” in quanto favorisce certe classi o gruppi piuttosto che altre si è soltanto accentuata.

Nonostante abbia avuto a disposizione più di 150 anni per lavorarci, il liberalismo non ha ancora trovato il modo per affrontare in maniera convincente il problema posto dal pensiero di Marx.

IV. Gli errori che rendono fatale il marxismo

Abbiamo analizzato gli aspetti veritieri della teoria politica marxista e il motivo per il quale è una dottrina così potente. Ma lo schema marxista presenta anche molti problemi, alcuni dei quali sono fatali.

Il primo è che proponendo un’analisi critica dei rapporti di potere tra classi o gruppi, il marxismo parte dal semplice presupposto che laddove si scopra un rapporto tra un gruppo più forte e uno più debole, si tratterà di un rapporto tra un oppressore e un oppresso. Ciò farebbe pensare che tutti i rapporti gerarchici siano soltanto un’altra versione del terribile sfruttamento degli schiavi neri da parte dei proprietari di piantagioni in Virginia prima della Guerra Civile. Ma nella maggior parte dei casi i rapporti gerarchici non sono sinonimo di schiavitù.

Se è vero che i re sono generalmente stati più potenti dei sudditi, i datori di lavoro più potenti dei lavoratori, e i genitori più potenti dei figli, in questi casi non si è trattato di rapporti diretti tra oppressori e oppressi. Di gran lunga più comuni sono i rapporti misti, nei quali sia la parte forte che la parte debole ottengono certi vantaggi, e nei quali entrambe le parti si fanno carico delle difficoltà per poter mantenere il rapporto.

Il fatto che lo schema marxista presupponga un rapporto tra oppressore e oppresso ci conduce alla
seconda grande difficoltà, che è l’assunto secondo il quale tutte le società sono talmente sfruttatrici da tendere verso il sovvertimento della classe o gruppo dominante. Ma se è possibile che i gruppi più deboli traggano vantaggio dalla loro posizione, e non siano soltanto oppressi, siamo allora giunti alla possibilità di una società conservatrice: una società nella quale esiste una classe dominante o un gruppo (o una coalizione di gruppi) fidelizzato che cerca di trovare un equilibrio tra i benefici e gli oneri dell’ordine esistente, in maniera tale da evitare un’oppressione effettiva. In tal caso, il sovvertimento e la distruzione del gruppo dominante potrebbero non essere necessari. Anzi, dovendo considerare le probabili conseguenze di una ricostruzione rivoluzionaria della società (che spesso non comprende soltanto la guerra civile, ma anche l’invasione straniera in caso di crollo
dell’ordine politico), la maggior parte dei gruppi in una società conservatrice potrebbe preferire mantenere l’ordine esistente, o mantenerlo in larga parte, piuttosto che sopportare l’alternativa di Marx.

Questo ci porta al terzo fallimento dello schema di Marx. Qui manca notoriamente una visione chiara in merito a quello che la classe svantaggiata, dopo aver sovvertito gli oppressori ed essersi impadronita dello stato, dovrebbe fare con il potere neoassunto. Marx afferma con enfasi che una volta preso il controllo dello stato, le classi oppresse saranno in grado di porre fine all’oppressione. Ma queste affermazioni sembrano essere infondate. Dopotutto, abbiamo detto che la forza dello schema marxista sta nella sua volontà di riconoscere che i rapporti di potere esistono tra le classi e i gruppi in ogni società, e che questi possono essere oppressivi e sfruttatori in ogni società. E se questo è un fatto empirico (come infatti sembra essere) allora in che modo i marxisti che hanno sovvertito l’ordine liberale saranno in grado di ottenere la totale abolizione degli antagonismi di classe? A questo punto l’approccio empirico di Marx sfuma e il suo schema diventa del tutto utopistico. Quando i liberali e i conservatori definiscono il marxismo come “nient’altro che una grande menzogna”, si riferiscono a questo.

L’obiettivo marxista di impadronirsi dello stato e di usarlo per eliminare tutta l’oppressione è una vacua promessa. Marx non sapeva in che modo lo stato sarebbe riuscito a realizzare tutto questo e non lo sanno nemmeno i suoi seguaci. In realtà oggi abbiamo molti esempi storici nei quali i marxisti si sono impadroniti dello stato: in Russia e nell’Europa dell’Est, Cina, Corea del Nord e Cambogia, Cuba e Venezuela. Ma in tutti questi paesi il tentativo dei marxisti di una “ricostruzione rivoluzionaria della società” da parte dello stato ha portato soltanto a un lungo corteo di atrocità. In ogni caso, i marxisti stessi formano una nuova classe o gruppo, usando il potere dello stato per sfruttare e opprimere le altre classi nei modi più estremi,
fino a fare continuo ricorso all’uccisione di milioni di persone. Ma per tutte queste persone, l’utopia non arriva mai e l’oppressione non finisce mai.

La società marxista, come tutte le altre società, consiste di classi e gruppi organizzati in ordine gerarchico. Ma l’obiettivo di ricostruzione della società e l’affermazione che lo stato è responsabile della riuscita dell’impresa rende lo stato marxista molto più aggressivo e propenso a ricorrere alla coercizione e allo spargimento di sangue di quanto non faccia il regime liberale che esso cerca di soppiantare.

V. La danza del liberalismo e del marxismo

Spesso si dice che il liberalismo e il marxismo siano “opposti”, il liberalismo impegnato a liberare l’individuo dalla coercizione dello stato e il marxismo che supporta una coercizione illimitata alla ricerca di una società ricostruita. Se fosse invece che il liberalismo abbia avuto la tendenza a cedere e trasferire potere ai marxisti nel corso di pochi decenni? Lungi dall’essere l’estremo opposto del marxismo, il liberalismo sarebbe soltanto una strada verso il marxismo.

Un’interessante analisi delle analogie strutturali tra il liberalismo illuminista e il marxismo è stata
pubblicata dal teorico politico polacco Ryszard Legutko in un libro dal titolo The Demon in Democracy: Totalitarian Temptations in Free Societies (2016). Un libro successivo di Christopher Caldwell, The Age of Entitlement (2020), ha documentato in maniera analoga il modo in cui la rivoluzione costituzionale americana degli anni Sessanta, il cui scopo era stabilire il dominio del liberalismo, abbia in realtà condotto a una rapida transizione verso una politica “progressista” che è, come ho detto, una versione del marxismo.

In considerazione delle mie riflessioni, vorrei proporre un modo per comprendere il rapporto centrale che lega il liberalismo e il marxismo e li rende tutt’altro che “opposti”.

Il liberalismo illuminista è un sistema razionalista costruito sulla premessa che gli esseri umani
sono, per natura, liberi e uguali. Inoltre afferma che questa verità è “ovvia”, ovvero che tutti noi possiamo riconoscerla attraverso il mero esercizio della ragione, senza alcun riferimento alle tradizioni nazionali o religiose particolari della nostra epoca e del nostro paese.

Tuttavia ci sono delle difficoltà insite nel sistema. Una di queste è che, come accade, a termini estremamente astratti come libertà, uguaglianza e giustizia non è possibile attribuire un significato stabile con il solo mezzo della ragione. Per capire cosa intendo, considerate i seguenti problemi:

  • 1. Se tutti gli uomini sono liberi e uguali, come è possibile che non tutti
    coloro i quali desiderano stabilire la residenza negli Stati Uniti lo facciano?
    Secondo ragione, si potrebbe ritenere che poiché tutti gli uomini sono liberi e
    uguali, essi dovrebbero essere ugualmente liberi di stabilire la residenza negli
    Stati Uniti. Questo appare ovvio e un’eventuale argomentazione contraria dovrà
    dipendere da concetti tradizionali come nazione, stato, territorio, confine,
    cittadinanza, e così via, nessuno dei quali sarebbe ovvio o comprensibile con la
    sola ragione.
  • 2. Se tutti gli uomini sono liberi e uguali, come è possibile che non tutti
    coloro i quali desiderano iscriversi ai corsi all’Università di Princeton lo
    facciano?
    Secondo ragione, si potrebbe ritenere che se tutti gli uomini sono liberi e uguali,
    essi dovrebbero essere ugualmente liberi di iscriversi ai corsi all’Università di
    Princeton in base all’ordine di arrivo, fino a esaurimento. Anche questo appare
    ovvio. Un’eventuale argomentazione contraria dovrà dipendere da concetti
    tradizionali come proprietà privata, corporazione, libertà di associazione,
    istruzione, corso di studi, merito, e così via. E, anche in questo caso, nessuno di
    questi concetti sarebbe ovvio.
  • 3. Se tutti gli uomini sono liberi e uguali, come è possibile giustificare il
    fatto di impedire a un uomo che si sente donna di competere nella squadra
    di atletica femminile della scuola pubblica?
  • Secondo ragione, si potrebbe ritenere che poiché tutti sono liberi e uguali, un
  • uomo che si sente donna dovrebbe essere ugualmente libero di competere in una
    squadra di atletica femminile. Un’eventuale argomentazione contraria dovrà
    dipendere da concetti tradizionali come uomo, donna, diritti delle donne, gara
    di atletica, categoria di gara, imparzialità, e così via, ma nessuno di questi
    concetti sarebbe accessibile alla sola ragione.

Questi esempi potrebbero essere ripetuti all’infinito. La verità è che la ragione da sola non ci porta quasi da nessuna parte se tentiamo di porre fine alla questione relativa ai concetti di libertà e uguaglianza. Dunque da dove viene il significato di questi termini?

Come ho detto, tutte le società consistono di classi o gruppi. Questi si relazionano tra di loro in termini di rapporti di potere diversi, che trovano espressione nelle tradizioni politiche, giuridiche, religiose, e morali, che vengono tramandate dalle classi o gruppi più forti. Soltanto nel contesto di queste tradizioni siamo giunti a credere che parole come libertà e uguaglianza hanno un significato piuttosto che un altro, e a sviluppare una “logica comune” sul modo di bilanciare tra di loro gli interessi e i dubbi relativamente ai casi specifici. Ma cosa accade se rinunciamo a quelle tradizioni? Questo sarebbe, in fin dei conti, ciò che tenta di fare il liberalismo illuminista. I liberali illuministi osservano che le tradizioni ereditate sono sempre sbagliate o ingiuste in qualche misura e per questa ragione si sentono giustificati nel mettere da parte la tradizione ereditata appellandosi direttamente a principi astratti come la libertà e l’uguaglianza.

Il problema è che non esiste una società nella quale tutti siano liberi e uguali sotto ogni aspetto. Anche in una società liberale ci saranno sempre mille modi in cui una certa classe o gruppo possa non essere libera o uguale rispetto alle altre. E poiché questo è vero, i marxisti potranno sempre dire che alcuni o tutti questi casi di non libertà e non uguaglianza sono esempi di oppressione. Ed ecco la danza del liberalismo e del marxismo, che fa così:

  • 1. I liberali dichiarano che d’ora in poi tutti saranno liberi e uguali, sottolineando
    che sarà la ragione (non la tradizione) a determinare quali saranno i diritti di
    ciascuno.
    2. I marxisti, esercitando la ragione, evidenziano molti esempi concreti di non
    libertà e non uguaglianza nella società, condannandoli come esempi di
    oppressione e chiedendo nuovi diritti.
    3. I liberali, seccati dalla presenza di casi di non libertà e non uguaglianza dopo
    aver dichiarato che tutti sarebbero stati liberi e uguali, adottano alcune delle
    richieste dei marxisti di nuovi diritti.
    4. Tornare al punto 1 e ripetere.

Ovviamente non tutti i liberali cedono alle richieste dei marxisti e sicuramente non sempre. Ciò
nonostante, la danza continua. Come visione generale di quello che accade nel corso del tempo, questo schema è accurato, come abbiamo potuto vedere in tutto il mondo democratico negli ultimi 70 anni.

I liberali adottano progressivamente le teorie critiche dei marxisti nel corso del tempo, che si tratti di Dio e religione, di uomo e donna, di onore e dovere, di famiglia, di nazione, o di qualsiasi altra istanza.

Ora qualche osservazione sulla danza del liberalismo e del marxismo: Innanzitutto notiamo che questa danza è un sottoprodotto del liberalismo. Esiste perché il liberalismo illuminista stabilisce la libertà e l’uguaglianza come standard in base ai quali il governo deve essere giudicato e considera soltanto la forza della ragione individuale, indipendente dalla tradizione, come lo strumento tramite il quale formulare questo giudizio.

In questo modo il liberalismo crea marxisti. Come fosse un apprendista stregone, dà continuamente vita a individui che esercitano la ragione, identificano istanze di non libertà e non uguaglianza nella società, e giungono alla conclusione che loro (o gli altri) sono oppressi e che una ricostruzione rivoluzionaria della società è necessaria per eliminare l’oppressione.

Questa dinamica era già palese durante la Rivoluzione Francese e nei regimi radicali della Pennsylvania e di altri stati durante la Rivoluzione Americana. Una sorta di proto-marxismo era stato creato dal liberalismo illuminista anche prima che Marx proponesse una struttura formale per descriverlo qualche decennio dopo.

In secondo luogo, la danza segue solo una direzione. In una società liberale, la critica marxista spinge molti liberali ad abbandonare progressivamente le loro idee iniziali di libertà e uguaglianza, adottandone nuove proposte dai marxisti. Ma il movimento inverso, quello dei marxisti verso il liberalismo, sembra terribilmente debole al confronto. Come è possibile? Se il liberalismo illuminista è vero e se le sue premesse sono così “ovvie” o un “prodotto della ragione”, allora in certe condizioni di libertà gli individui dovrebbero esercitare la ragione giungendo a conclusioni liberali. Perché allora le società liberali fanno un rapido movimento verso le idee marxiste e non hanno una fiducia più forte nel liberalismo?

La chiave per capire questa dinamica è questa: sebbene i liberali siano convinti che le loro idee sono “ovvie” o il “prodotto della ragione”, di fatto spesso si affidano a idee ereditate sul significato di libertà e uguaglianza, nonché a norme ereditate sul modo in cui applicare questi concetti a casi reali. In altre parole, il conflitto tra il liberalismo e i suoi critici marxisti è in realtà uno scontro tra una classe o gruppo dominante che vuole conservare le tradizioni (i liberali) e un gruppo rivoluzionario (i marxisti) che combina il ragionamento critico con la volontà di disfarsi di tutti i vincoli ereditati per sovvertire queste tradizioni.

Ma mentre i marxisti sono ben consapevoli che il loro obiettivo è distruggere le tradizioni intellettuali e culturali alla base dell’esistenza del liberalismo, i loro oppositori liberali si rifiutano perlopiù di impegnarsi in un genere di conservatorismo che sarebbe necessario per difendere le loro tradizioni e per rafforzarle.

Infatti i liberali disprezzano spesso la tradizione e dicono ai figli e agli studenti che è sufficiente ragionare liberamente e “trarre ciascuno le proprie conclusioni”. Il risultato è un radicale squilibrio tra i marxisti, che si impegnano consapevolmente per realizzare una rivoluzione concettuale, e i liberali, la cui insistenza sulla “libertà dalla tradizione ereditata” fornisce una difesa scarsa o inesistente, anzi apre le porte alle stesse identiche argomentazioni e tattiche che i marxisti usano contro di loro. Questo squilibrio implica che la danza seguirà solo una direzione e che le idee liberali tenderanno a crollare di fronte alla critica marxista nel giro di qualche decennio.

VI. La mossa finale dei marxisti e la fine della democrazia

Non molto tempo fa, molti di coloro che vivevano nelle società libere sapevano che il marxismo non era compatibile con la democrazia. Ma da quando le istituzioni liberali sono state invase dai “progressisti” e dagli “anti-razzisti”, molte cose che una volta erano ovvie riguardo al marxismo e molte cose che una volta erano ovvie riguardo alla democrazia sono cadute nel dimenticatoio.

È giunto il momento di riconsiderare alcune di queste verità che un tempo erano ovvie. Con il governo democratico lo scontro violento tra classi e gruppi in competizione non esiste più ed è sostituito dalla rivalità non violenta tra i partiti politici. Questo non significa porre fine ai rapporti di potere tra gruppi. Non significa porre fine all’ingiustizia e all’oppressione. Significa soltanto che, invece di risolvere i disaccordi con uno spargimento di sangue, i vari gruppi che costituiscono una data società formano dei partiti politici che cercano di spodestarsi a vicenda nel corso di elezioni periodiche.

Con un sistema di questo tipo un partito governa per un termine stabilito, ma i suoi rivali sanno che a loro volta governeranno se riusciranno a vincere le elezioni successive. È proprio questa possibilità di riuscire a prendere il potere e governare il paese senza uccisioni e distruzione diffusi a spingere le parti a deporre le armi e ad aderire invece a una politica elettorale. L’aspetto più basilare di un regime democratico che dobbiamo conoscere è dunque questo: ci devono essere almeno due partiti politici legittimi affinché la democrazia funzioni. Per partito politico legittimo intendo un partito del quale i rivali riconoscano il diritto a governare in caso di vittoria alle elezioni.

Per esempio, un partito liberale può garantire legittimità a un partito conservatore e in cambio questo partito conservatore può garantire legittimità a un partito liberale (sebbene non vadano molto d’accordo). È proprio così che sono state governate molte nazioni democratiche. Ma la legittimità è uno di quei concetti politici tradizionali che la critica marxista è sul punto di distruggere. Dalla prospettiva marxista, il nostro concetto ereditato di legittimità non è nient’altro che uno strumento utilizzato dalle classi dominanti per perpetrare ingiustizia e oppressione.

La parola legittimità assume il suo vero significato solo se si riferisce a classi o gruppi oppressi che i marxisti vedono come soli legittimi governatori della nazione. In altre parole, la teoria politica marxista conferisce legittimità a un unico partito politico, il partito dell’oppresso, il cui obiettivo è la
ricostruzione rivoluzionaria della società.

Questo significa che lo schema politico marxista non può coesistere con un governo democratico. Infatti il fine ultimo del governo democratico, con la sua pluralità di partiti legittimi, è evitare la ricostruzione violenta della società, che invece la teoria politica marxista considera come unico obiettivo sensato della politica.

In parole povere, lo schema marxista e la teoria politica democratica si oppongono nella sostanza. Un marxista non può garantire legittimità a punti di vista liberali o conservatori senza rinunciare agli aspetti fondamentali della teoria marxista, che afferma che questi punti di vista sono inestricabilmente legati all’ingiustizia sistematica e devono essere eliminati, se necessario anche con la violenza. Questo è il motivo per il quale l’idea stessa che un’opinione contraria (un’opinione che non sia “progressista” o “anti-razzista”) possa essere considerata legittima è scomparsa dalle istituzioni liberali dal momento in cui i marxisti hanno ottenuto il potere.

In primo luogo i liberali hanno ceduto alla richiesta dei colleghi marxisti che i punti di vista conservatori vengano considerati illegittimi (perché i conservatori sono “autoritari” o “fascisti”). È stata questa la dinamica che ha condotto all’eliminazione dei conservatori dalla maggior parte delle principali università e degli organi di stampa americani. Ma per l’estate del 2020 questo accordo aveva fatto il suo corso. Negli Stati Uniti i marxisti erano
ormai abbastanza forti da chiedere ai liberali di allinearsi a qualsiasi questione che loro considerassero urgente da attuare.

Anche in quelle che fino a poco tempo fa erano istituzioni liberali il punto di vista liberale non è più legittimo. Questo è il motivo dell’espulsione dei giornalisti liberali dal New York Times e da altre testate giornalistiche. Questo è il motivo per il quale il nome di Woodrow Wilson è stato rimosso dagli edifici dell’Università di Princeton, e il motivo di atti simili in altre università e scuole. Queste espulsioni e ri-denominazioni sono l’equivalente di  innalzare una bandiera marxista sul tetto delle università, delle agenzie di stampa, e di conseguenza
delle multinazionali, in quanto la legittimità del vecchio liberalismo è stata cancellata.

Fino al 2016 l’America aveva ancora due partiti politici legittimi. Ma quando Donald Trump è stato
eletto presidente, termini come “autoritario” o “fascista” sono stati usati per screditare il punto di vista liberale tradizionale, in base al quale a un presidente legittimamente eletto, il candidato scelto dalla metà degli elettori attraverso una procedura costituzionale, va accordata la legittimità. Piuttosto è stata dichiarata una  resistenza”, con lo scopo di delegittimare il presidente, chi ha lavorato con lui, e chi lo ha votato.

So che molti liberali credono che questo rifiuto della legittimità di Trump sia diretto soltanto a lui
personalmente. Sono convinti, come ultimamente mi ha scritto un amico liberale, che quando questo presidente in particolare sarà rimosso dalla carica, l’America potrà tornare alla normalità. Ma nulla del genere accadrà. I marxisti che hanno assunto il controllo dei mezzi di produzione e di diffusione delle idee in America non potranno, se non tradendo la loro causa, conferire legittimità a nessun governo conservatore. E non potranno garantire legittimità a nessuna forma di liberalismo che non si pieghi davanti alle loro idee. Questo significa che a prescindere dalla sorte elettorale del presidente Trump, la “resistenza” non finirà.

È solo l’inizio. Con la conquista marxista delle istituzioni liberali siamo entrati in una nuova fase della storia americana (e, di conseguenza, della storia di tutte le nazioni democratiche). Siamo entrati nella fase in cui i marxisti, avendo conquistato le università, i media, e le multinazionali (guerra di posizione vinta, ndr), cercheranno di applicare questo modello alla conquista di tutto lo scacchiere politico (guerra di movimento, violenza, ndr).
In che modo lo faranno? Così come hanno fatto nelle università e nei media, sfrutteranno la loro presenza all’interno delle istituzioni liberali per costringere i liberali stessi a spezzare i legami di legittimità reciproca che li legano ai conservatori e di conseguenza al sistema democratico bipartitico. Non chiederanno soltanto la delegittimazione del presidente Trump, ma di tutti i conservatori.

Lo abbiamo già visto quando hanno tentato di delegittimare le idee dei senatori Josh Hawley, Tom Cotton, e Tim Scott, nonché della figura mediatica di Tucker Carlson e altri. In seguito delegittimeranno liberali come James Bennet, Bari Weiss, e Andrew Sullivan, i quali considerano legittime le idee conservatrici. Così come è successo nelle università e nei media, molti liberali asseconderanno queste tattiche marxiste credendo che delegittimando i conservatori potranno ingraziarsi i marxisti e trasformarli in alleati strategici. Ma i marxisti non si accontenteranno, perché quello che cercano è la conquista del liberalismo stesso, cosa che sta già accadendo nel momento in cui persuadono i liberali ad abbandonare la concezione tradizionale di legittimità politica del sistema bipartitico e con essa il loro impegno nei confronti di un regime democratico.

Il crollo dei legami di legittimità reciproca che hanno unito i liberali ai conservatori in un sistema di governo democratico non trasformeranno ancora i liberali in questione in marxisti. Ma li faranno diventare umili leccapiedi dei marxisti, privi della forza di resistere a qualsiasi cosa i “progressisti” e gli “anti-razzisti” considerino importante. E questo li farà abituare al prossimo regime monopartitico, nel quale i liberali avranno uno splendido ruolo da ricoprire, sempre che abbiano rinunciato al loro liberalismo.

So che molti liberali sono confusi e che pensano ancora di avere di fronte varie alternative. Ma non è così. A questo punto, gran parte delle alternative che esistevano qualche anno fa ora non esistono più. I liberali dovranno scegliere tra due sole alternative: o arrendersi ai marxisti e aiutarli a porre fine alla democrazia in America. O stabilire un’alleanza a favore della democrazia con i conservatori. Non avranno altra scelta.

ARTICOLO ORIGINALE TRADUZIONE DI ALESSANDRA CHECCARELLI

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5 COMMENTS

  1. Potrebbero esserci problemi di traduzione legati al fatto che per motivi apparentemente misteriosi, in inglese il termine “liberal” ha finito per connotare il contrario di liberale. Ma che ci sia confusione mi sembra evidente leggendo di una presunta egemonia delle idee liberali negli anni sessanta. In realtà erano gli anni di Galbraith e del keysenianesimo modaiolo che con il liberalismo c’entra come c’entro io con lo sport. L’analisi dell’illuminismo e del razionalismo è quanto meno imprecisa ma occorrerebbe troppo spazio per una descrizione più accurata. Chiedere ai falsi liberali di allearsi con i conservatori è auspicare ciò che avviene attualmente nelle fragili maggioranze del parlamento europeo dove i confini tra conservatorismo e socialismo in economia quasi non esistono. Chiederlo ai liberali veri sarebbe un’altra cosa ma se deve essere solo un’ancora di salvezza per i seggi dei conservatori non vedo perché i liberali dovrebbero rinunciare ai loro programmi in nome del nazionalismo e del conservatorismo; termine, quest’ultimo che può significare tutto e niente. E’ proprio da parte conservatrice che si sono visti regali alle sempiterne sinistre: dalle concessioni nel linguaggio e in economia che sono state perpetrate alle inutili sparate verbali che forniscono alibi a quell’avversario che si dice di voler combattere. Un articolo, insomma, che sembra finalizzato alla concretezza ma che in realtà finisce per essere il suo contrario. Come, appunto, “liberal” con liberale.

  2. Vorrei fare solo un paio di osservazioni.
    Mi sembra che l’autore confonda continuamente i liberal (americani, sinistri) e i liberali (europei conservatori)
    questa confusione è anche aggravata dal fatto che i liberal (americani, sinistri) stanno lottando per il controllo del partito democratico contro i neomarxisti o socialisti e forse stanno cedendo a questa onda assurda che può cambiare radicalmente la faccia degli USA. Se questi psicopatici prendono il controllo del partito democratico e lo portano su posizioni castriste o maduriane, gli USA diventerebbero un altro paese latino-americano. Una tragedia.

    Vorrei anche sottolineare che è IMPOSSIBILE avere un popolo di liberi e uguali. La libertà, soprattutto economica, porta inevitabilmente a forte disuguaglianze di reddito e di status sociale.
    Questa è una assurdità di certi social-democratici che sognano una società che non c’è, come l’isola di Peter Pan.

    • Condivido, se si lascia libero l’individuo questo si differenzia. Questa ossessione dell’uguaglianza porta poi ad uno schiacciamento delle individualità più vivaci.
      Ma a sua volta una evidente disuguaglianza porta al ribellione di alcuni che considerano ingiuste le disuguaglianze………praticamebte non si arriverà mai ad un assetto stabile, perché qualsiasi situazione avrà al suo interno il germe per la contestazione, è la realtà umana………

  3. Conoscevo questo discorso di Hazony, e ho anche il suo libro le virtù del nazionalismo. In realtà però ho sentito parlare per la prima volta di lui attraverso i suoi critici. Ho scoperto chi era leggendo gli articoli di Jeff Deist, David Gordon e Richard Ebeling, che lo criticavano. L’idea che mi sono fatto è che anche se ci sono alcuni punti condivisibili, abbia le idee confuse su cosa sia il liberalismo, idealizzi il nazionalismo, e in definitiva all’atto pratico guidi una nuova e più giovane ala neocon dei repubblicani, non guerrafondaia, ma comunque volta a rifiutare (sai la novità) i valori liberali classici e libertari per buona parte.

    Lascio qualche link per chi volesse:

    David Gordon: https://mises.org/library/what-mises-could-teach-todays-nationalists

    Ebeling: https://www.aier.org/article/hazonys-tradition-based-society-is-a-form-of-social-engineering/

    Tucker: https://www.aier.org/article/is-nationalism-the-friend-or-foe-of-liberty/

    Deist: https://mises.org/wire/getting-liberalism-wrong

    E qui c’è un confronto fra due libri: il suicidio dell’Occidente di Goldberg e le virtù del nazionalismo di Hazony
    http://davidmartinjones.com/wp-content/uploads/2019/12/DM-Jones-on-Goldberg-and-Hazony.pdf

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