di FRANCO MONTANARI
Qualche giorno fa un amico mi chiedeva cosa pensassi delle imminenti elezioni americane e gli ho risposto, parafrasando Kant, “il cielo stellato sopra di me, la vastità di quello che me ne frega dentro di me”. È ragionevole, del resto, stimare Trump come imprenditore ma non gli perdonavo, come presidente, la campagna pro-vax durante la farsa pandemica e soprattutto non gli perdonavo l’aver usato la stampante monetaria della Fed, come un cialtrone keynesiano qualunque, per “uscire” dalla recessione post "cinesata19" e che gli States restavano comunque una potenza in declino (che è pur sempre meglio dello stato di avanzata putrefazione in cui versa la società europea, ma sempre di declino si tratta) che vincesse l’uno o l’altra candidata.
Poi, a novant’anni suonati, scende in campo "il Dottore", e allora le cose cambiano.
Ho subito pensato che con lui buona parte dell’esercito degli astensionisti sarebbe ritornato alle urne e che se è