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Elezioni Usa e Pil drogato da una produzione multipla di debito federale

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di MATTEO CORSINI

Salvo colpi di scena, il prossimo novembre gli elettori americani si troveranno a scegliere tra non votare, mettere la croce sui nomi di candidati indipendenti destinati a non vincere, oppure su quelli di Joe Biden o Donald Trump. Il primo considerato non più tanto efficiente fisicamente e (soprattutto) mentalmente perfino dai propri elettori; il secondo considerato un pericolo per la democrazia in mezzo mondo, soprattutto nel Vecchio Continente.
Non entro nel merito dei giudizi sui due candidati, ma trovo alcuni articoli a sostegno più o meno esplicito nei confronti di Biden involontariamente ridicoli.
Per esempio nel consueto articolo domenicale sul Sole 24 Ore, Sergio Fabbrini scrive che nel discorso sullo “Stato dell’Unione” del 7 marzo, Biden ha demolito impietosamente le cose dette o fatte da Trump. Il tutto “con una vigoria fisica e concettuale, parlando in piedi per più di un’ora e scherzando sulla sua età, che ha stupito molti.E già il fatto che si arrivi a constatare con compiaciuto stupore che un candidato alla presidenza della prima potenza economica e (soprattutto) militare del pianeta sia in grado di reggersi in piedi per più di un’ora dovrebbe dirla tutta sulle alternative a disposizione degli elettori, se questa è considerata la migliore.
Biden ha discusso di molte cose, ma la sua ispirazione di fondo (a me sembra) è stata “rooseveltiana”, cioè coerente con i principi del New Deal promossi dal presidente Franklin Delano Roosevelt (FDR) negli anni Trenta del secolo scorso“, scrive Fabbrini. Il tutto per via della “strategia di internazionalismo liberale” e “di redistribuzione della ricchezza, attraverso la politica fiscale, che ricorda il populismo economico degli anni Trenta.
Biden accusa Trump di aver favorito i ricchi e le grandi imprese, che però pare non se la siano passate male negli ultimi quattro anni. E lui stesso rivendica di avere “sempre sostenuto e favorito le grandi corporations.”
Tra l’altro, mentre parla di aumentare le tasse a costoro, va ricordato che la perdita di potere d’acquisto degli ultimi anni è stata a carico per lo più dei meno abbienti, come sempre accade con l’inflazione. E prima o poi verranno al pettine i nodi di una produzione di Pil drogata da una produzione multipla di debito federale. Cosa che gli entusiasti della Bidenomics o non vedono o non voglio no vedere. E non so cosa sia peggio.

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