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Emmanuel macron ed il “big bang” dell’euro

Da leggere

di GERARDO COCO

Il populismo, in parole povere, è la ribellione dell’uomo comune contro il potere e quello che oggi i media designano con questo termine è l’avversione per il potere europeo (LEGGI QUI). La retorica attuale lo rappresenta anche, con disprezzo, come sovranismo, posizione politica che reclama la sovranità nazionale, ma tale sovranismo è proprio la reazione di chi è consapevole di averla perduta.

Angela Merkel  dal 2015, ha aperto le porte dell’Europa a più di 1,5 milioni di migranti senza sottoporre la sua decisione unilaterale al voto di nessuno e poi l’ha applicata a tutta Europa. L’anno scorso l’ex presidente del Parlamento europeo Martin Schulz per sottolineare la sua posizione sulla Brexit, affermò: “Non fa parte della filosofia europea che sia la massa a decidere del proprio destino”. Dopo un tale arbitrio da parte del capo di governo tedesco e una tale battuta insolente di chi presiede il più alto organo legislativo europeo, ci si dovrebbe stupire, semmai, che i populisti siano meno numerosi degli europeisti. Il populismo è un concetto difensivo, non offensivo e non ha nulla a che vedere con il nazionalismo aggressivo, con atteggiamenti xenofobi o fascisti come molti vogliono dare ad intendere. Non aver compreso questo ha dato al movimento populista la forza di un trend che fra non molto procederà con il vento in poppa specialmente in Francia dove, pur essendo state vinte le elezioni da un europeista con ampio margine rispetto a una populista, l’astensionismo è stato però del 26% e le schede bianche il 12%. Questi valori, mai registrati dal 1969, sono il chiaro sintomo di una la perdita di fiducia degli elettori nelle capacità del governo di fare serie riforme.

Una maggioranza silenziosa frustrata è sempre più convinta che il voto sia un futile esercizio o meglio una farsa per fingere di dare al popolo un potere, che in realtà non sarà mai in grado di esercitare. Pertanto il nuovo presidente francese Emmanuel Macron è un altro ologramma di una élite interessata solo alla propria sopravvivenza e che cercherà di federalizzare l’Europa con metodi ancora più aggressivi, insolenti e illiberali solo perché si illude che la vittoria di un suo pivello centrista abbia sgonfiato il populismo. Pur condividendo, noi, ben poco del programma politico della Le Pen, una ipotetica sua vittoria, paradossalmente, avrebbe fatto riflettere gli gnomi europei portandogli a più miti consigli per trovare una soluzione di compromesso e attuare riforme giuste onde evitare il trauma di una Frexit che, forse, sapendo come funzionano le cose in politica, non ci sarebbe mai stata. Con Macron, invece, non ci sarà alcuna riforma ma ulteriori e dannose cessioni di sovranità.

Il neo presidente ha dichiarato di voler combattere con tutta la sua forza contro le divisioni che stanno minacciando la Francia e si è definito un outsider capace di unirla con un nuovo tipo di politica. Quante volte abbiamo sentito parole come queste e poi business as usual. Cosa può cambiare un ex ministro dell’economia del disastroso governo Hollande, privo di esperienza e in una situazione politica per certi versi addirittura più complicata dell’Italia? In Francia milioni di elettori sono fuggiti dai partiti tradizionali per appoggiare quelli di estrema destra e di estrema sinistra e quando i francesi perderanno le staffe saranno molto meno accomodanti degli italiani. La spesa dello stato francese è arrivata al 57% del Pil, la disoccupazione ufficiale giovanile supera il 25% e le imprese fuggono in altri paesi europei, soprattutto in Polonia. Il risultato del socialismo francese.

Non creda Macron di ingraziarsi e trattare alla pari con la Merkel: questa gli ha già detto chiaramente che le regole di spesa nell’eurozona non si allenteranno e pertanto il neo presidente dovrà far subire al suo paese misure di austerità di cui neppure lui ha al momento contezza. Le aspettative di cambiamento di chi ha lo ha votato sono oggi alte ma quando i suoi elettori si renderanno conto che erano quelle stesse nutrite dagli elettori di Hollande e tutto peggiorerà, l’onda populista si trasformerà in uno tsunami. La Francia sarà teatro di tensioni e disordini, forse anche prima delle elezioni in Germania a settembre e non crediamo che la situazione che si prefigura giovi alla attuale cancelliera in cerca del quarto mandato. Ecco dunque per noi il significato delle elezioni francesi: la vittoria di Macron e la sconfitta della Le Pen hanno sigillato il destino dell’Unione europea, un destino di assoluto disordine perché mancherà la spinta a riformarla mentre rimarranno in essere quelle stesse politiche che ne hanno provocato il disastro economico e finanziario.

Perché il vero problema che tutti i politici dell’eurozona sottovalutano è la gravità della crisi dei debiti sovrani di fronte alla quale non esistono più soluzioni “accomodanti”. Chissà se Macron e i suoi colleghi europei conoscono il motivo per cui le maggiori banche centrali hanno sospeso gli acquisti di bond per sostituirli con quelli di titoli azionari, di debiti di aziende private e persino di strumenti derivati come i futures. L’operazione, senza precedenti nella storia, è di hedging ossia di copertura contro il rischio di un big bang dell’eurozona.

Le banche centrali si sono intrappolate da sole: possiedono titoli ormai invendibili che devono tenere in bilancio fino a scadenza. Quando la banca centrale europea, la più vulnerabile di tutte, terminerà il suo programma di acquisti ancora in corso, chi acquisterà i titoli dei governi europei se non ricompensato da un interesse elevato che ne farà crollare i valori? Le banche li hanno a bilancio… i governi disperati dovranno competere con il settore privato per procurarsi liquidità in un’economia già in deflazione… ma impediti a indebitarsi cercheranno di aggredire ancora i più il settore privato… E’ questa in estrema sintesi la dinamica del big bang che si verificherà nel giro di un paio d’anni.

Emmanuel Macron, incapace, come tutti i politici, di prevenire qualsiasi crisi, potrà solo aspettare che accada.

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3 COMMENTS

  1. Ottima, come sempre, l’analisi di Gerardo Cocco.
    Vorrei tuttavia sottolineare – pur senza conoscere a fondo la situazione reale in Francia e neanche quella tedesca di oggi – un altro possibile aspetto della «svolta» francese. L’euro – come moneta – è stato, come tutti sappiamo, una catastrofe: era inevitabile che lo fosse, mettendo in una stessa cassetta «vasi di ferro» (Paesi ad alta produttività = basso costo unitario di produzione, quindi bassa inflazione reale) e «vasi di coccio» (Paesi a bassa produttività = alto costo unitario di produzione, quindi alta inflazione reale). La catastrofe euro – tecnicamente inevitabile – era però prevista, anzi premeditata: per generare (dall’alto) una crisi che costringesse gli Stati ad un processo di unificazione che nessuno (nessun popolo) avrebbe altrimenti accettato. Della serie: siamo nelle peste, tornare indietro non si può, non ci sono quindi altre alternative che un passo avanti, verso «piú Europa». Avanti quindi con ulteriore cessione di sovranità e (finalmente!!!) con la vagheggiata nascita degli USE (United States of Europe). Il tutto, come direbbe la cancelliera, «alternativlos».

    A mio avviso l’elezione di Macron è da leggere esattamente in quest’ottica: il rampollo Rothschild deve portare a compimento il progetto eurocratico. Deve essere l’esecutore materiale, che – in pieno accordo con la (per non dire: con la complicità della) dott.ssa Merkel – dovrà gestire quest’ultima, delicatissima fase del progetto politico chiamato «Euro». A mio avviso la sua presidenza si muoverà quindi da subito in quella direzione: il suo «rilancio» dell’UE non può essere che un processo di «unificazione strutturale» di questa «Europa», con ministero delle finanze e bilancio comune europeo. Altro che «eurobond»…
    Se i tedeschi – come temo – accetteranno (o saranno costretti ad accettare) ci troveremo con una Francia, felice, impegnata a gestire sostanzialmente le risorse comunitarie: con il «Club Med» (Italia, Grecia, Portogallo, Spagna) a mendicare per la copertura dei rispettivi immensi «buchi neri» e con la Germania (+ Olanda, Austria etc.) a pagare per tutti. Un po’ come una novella «Cassa del Mezzogiorno» («Euro-Mezzogiorno»?): gestita da Parigi, invece che da Roma.

    Nota al margine: dall’unificazione militare europea (Forze Armate comuni) – di cui si parla in questo contesto – sarà con assoluta certezza esclusa la „Force de frappe“ (nucleare) francese. Nessun francese, neanche Macron, darà in mano ad un non-francese (mai che meno ad un tedesco) le chiavi degli arsenali atomici francesi: con buona pace di tutte le panzane europeiste. L’Europa unita sarà (se mai ci sarà) un’Europa a conduzione francese: rigorosa con tutti (fuorché con se stessa). Spero solo che l’«aiuto italiano» (col velleitarismo di Renzi e/o la fantasia di Grillo) contribuisca a far fallire il progetto…

  2. I cosiddetti populisti stanno scontando il fatto di non offrire alcuna alternativa a questa UE. Parlano di Europa dei popoli senza dire che cosa sarebbe e perché sarebbe diversa dalla UE. La gente si rende conto che non hanno nulla in concreto da proporre e ha paura di loro. Qualunque persona sana di mente ha paura di lasciare la UE senza sapere cosa altro si farebbe.
    Il problema di fondo è la ostilità degli europei verso il federalismo, non ne vogliono sapere. E gli eurocrati lo sanno, infatti propongono un loro federalismo che è un socialismo camuffato per gli idioti.

  3. E’ incredibile che non si senta da nessuna parte, politici, governii, stampa, tv, un minimo di critica alla deriva sovranista di questa Europa a scapito di tutti i popoli… maledetti quelli che l’hanno inventata… teorici sognatori sinistri di Ventotene che hanno spianato la strada senza rendermene forse conto al predominio delle banche e al dio moneta che del destino della gente se ne fa un baffo… c’è ne fossero di Le Pen in giro… La Merkel va bene e la Le Pen no? Sono diventati tutti strabisi i commentatori?… per no dire lecca….

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