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Finis italiae, si espatria di più dalla padania che dal mezzogiorno

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di MARIETTO CERNEAZ

Dai tempi dell’unità in poi, l’Italia non ha perso occasione per offrire più di una ragione ai suoi abitanti di lasciarsi alle spalle il loro paese natio ed andare a cercare fortuna in giro per il mondo.

Dopo quasi una sessantina di milioni di “italiani all’estero” (seconde generazioni comprese), la crisi del 2007 ha nuovamente accelerato la fuga di capitale umano oltrefrontiera e se i numeri dell’Istat risultano spesso fantasiosi, ecco la reale classifica – provincia per provincia – dei cervelli (o meno) in fuga.

Dalle queste prime 20 aree geografiche evidenziate dal grafico, balza immediatamente agli occhi che non è vero che la maggior parte degli espatriati proviene dal Mezzogiorno, anzi. Comunque, è interessante notare come non solo il fenomeno non sia affatto uniforme, ma non risponde neanche a quei tipici modelli che vedono una contrapposizione netta tra Nord e Sud con quest’ultimo protagonista nelle statistiche “negative”. Il primo dato che salta all’occhio, infatti, è che non sono affatto i meridionali ad emigrare di più, nonostante i redditi più bassi.

Anzi, ai primi due posti ci sono due province nordiche e frontaliere: Imperia, con 3,76 emigrati per 1000 abitanti, e poi Bolzano, con 3,47. Si tratta di aree che hanno, a pochi chilometri, regione ricche e popolose, che attirano lavoratori. Del Sud, tra le prime 20 vi sono Siracusa, Sassari, Crotone. Ma, per esempio, da Brescia si emigra più che da Palermo o da Catania. E da Milano si “scappa” più che da Napoli, provincia che si piazza al 99esimo posto con solo 1,22 emigrati ogni 1000 abitanti.

Non v’è dubbio che una delle ragioni per cui al Sud (dove il costo della vita è decisamente inferiore rispetto alle aree padane) si “scappi” meno è l’alto livello di assistenzialismo, confermato dal fatto che il governo giallo-verde ha introdotto il “reddito di cittadinanza”, gran parte del quale è distribuito proprio in Meridione.

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3 COMMENTS

  1. Considerazioni personali: una volta, dal Sud ci si trasferiva tendenzialmente a Napoli o Roma per trovare lavoro, mentre chi andava a Milano o Torino era visto come uno un po’ “strano” (provato personalmente). Da qualche anno invece mi capita di vedere più spesso campani o laziali lavorare qua a Milano, anche con un’istruzione medio-alta, e penso che orami Napoli e Roma hanno perso la loro attrattività.
    In più negli anni ho colto una distinzione tra emigrazione Sud-Nord e Nord-Estero: dal Sud si emigra al Nord per vivere tranquillamente e senza grosse ambizioni economiche e/o sociali e/o di carriera mentre le persone che emigrano dal Nord verso l’estero partono con l’idea di fare già un salto di qualità a livello economico o lavorativo.
    In più l’impatto culturale di chi si trasferisce dal Sud al Nord è molto più forte e richiede più adattamento di quello che dal Nord va all’estero, oltre al fatto che chi lascia il Sud ha due destinazioni – Nord o estero – e in genere ne sceglie una sola per stabilirsi (a meno di non voler fare il grillo salterino), mentre chi emigra dal Nord ha la direzione già impostata in un certo senso, perchè esclude il Sud di partenza a meno di forza maggiore (come trasferimento per pubblico impiego, che comunque stiamo escludendo).

  2. Esiste un altra ragione per cui si emigra più dalla Padania che dalla Magna Grecia ed è il settore pubblico. In poche parole in meridione regalano voti, diplomi e lauree, il settore pubblico (al contrario di quello privato….) fa finta che non esista questo problema e fa concorsi pubblici (spesso truccati) fatti ad hoc per i magna greci. Il risultato è che la pubblica amministrazione è piena praticamente di meridionali (con l’efficienza che ben conosciamo…) che fa da valvola di sfogo per l’occupazione (insieme al lavoro in nero). I giovani padani non trovando posto nel settore pubblico (per i concorsi truccati e i titoli regalati) e nel settore privato (strozzato dalle tasse per mantenere il settore pubblico) devono per forza di cose emigrare se vogliono lavorare ed essere pagati il giusto. Proviamo a fare concorsi pubblici riservati ai residenti in Regione o che si siano laureati in Regione e vediamo se la cosa non si inverte…

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