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I keynesiani bolognesi promettono di trasformare le pietre in tortellini

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tortellinidi MATTEO CORSINI

“Progetti di investimento profittevoli e adeguatamente selezionati e monitorati, quali quelli che vengono considerati nel piano Junker, potrebbero essere realizzati in modo coordinato, a livello europeo, con investimenti pubblici finanziati con debito. Dato il basso costo di finanziamento essi si ripagherebbero nel lungo periodo fornendo una spinta consistente all’economia dell’eurozona”. Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma, ha realizzato un’analisi dalla quale risulta che l’Italia, per riprendersi dalla crisi, necessita di una bella ricetta keynesiana. Ohibò, non certo una conclusione particolarmente innovativa.

Gli investimenti sono calati del 34 per cento dal 2007, quindi lo Stato dovrebbe avere il “coraggio” di avviare un programma di investimenti pubblici finanziati anche in deficit. Non manca, ovviamente, la formula magica del moltiplicatore keynesiano, quello che, come concluse ironicamente Mises, promette di trasformare le pietre in pane. E quando si parla di moltiplicatori è doveroso appoggiarsi alle analisi del sempre “autorevolissimo” Fondo Monetario Internazionale.

Ci viene detto che un aumento della spesa pubblica dell’1 per cento porterebbe a un incremento del Pil dello 0.4 per cento il primo anno e dell’1.5 per cento nel quarto (ovviamente la crescita è sempre progressiva). Nel casi dell’Italia, addirittura, De Nardis sostiene che il Pil crescerebbe fino all’1.5 per cento nel primo anno e del 3 per cento nel quarto. Tornando a Mises, qui le pietre verrebbero trasformate addirittura in tortellini, tanto per restare nel bolognese (Nomisma ha sede a Bologna).

Posto che ogni studio econometrico può al più proiettare nel futuro mediante elaborazioni matematicamente più o meno complesse dei dati riferiti al passato scontrandosi con il problema irrisolvibile che le persone cambiano, così come possono cambiare anche le reazioni delle stesse persone in momenti diversi, sostenere che gli investimenti pubblici “si ripagherebbero da soli” dato il basso costo del finanziamento, significa omettere di prendere in considerazione che un investimento tipicamente non si risolve in una raccolta di fondi e in uscite di cassa iniziali, per poi avere solo flussi in entrata.

Anche al netto delle inefficienze (un eufemismo, quando si tirano in ballo processi politico-burocratici) nella selezione dei progetti da finanziare, generalmente dopo una prima raccolta di fondi ne servono altre, e nel frattempo il costo del debito e dei fattori di produzione potrebbero essere aumentati, rendendo i calcoli fatti ex ante non più così attendibili.

Considerando che il basso costo del debito oggi è per lo più riconducibile non già a un aumento di risparmio reale, bensì alle politiche monetarie fortemente espansive, si corre il rischio concreto che in futuro ciò che oggi appare profittevole non lo sia, ossia che quegli investimenti auspicati da De Nardis si trasformino in ciò che Mises definiva “malinvestimenti”.

Questo già accade nel settore privato, figuriamoci in quello pubblico. Ma mentre i profitti attesi dall’investimento possono essere più bassi del previsto o anche essere perdite, il debito resta. E allora ci si rende conto, spesso quando è troppo tardi, che non è possibile trasformare le pietre in pane, men che meno in tortellini.

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2 COMMENTS

  1. Quando i keynesiani aprono bocca, basterebbe ricordare loro che se quelle teorie fossero giuste l’Italia sarebbe il paese più ricco del mondo, visto che da decenni vengono applicate inesorabilmente nonostante i costanti pessimi risultati e alla realtà di ogni giorno.

  2. Ma a che cazzo serve nomisma?
    Oltre a pagare stipendi, naturalmente.
    Ma di che cazzo ciancia costui?
    Solo debito?
    Ma il risparmio non esiste più?

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