di CLÁUDIA ACSENSÃO NUNES
A luglio 2024, dopo uno scioccante massacro in una classe di danza per bambini a Southport, nel Regno Unito, le speculazioni sull'identità dell'assassino hanno scatenato una diffusa agitazione in tutto il Paese. Sono scoppiate rivolte, alimentate dalla rabbia dell'opinione pubblica per le politiche sull'immigrazione. In mezzo al caos, Lucy Connolly, una madre di Northampton, ha pubblicato un tweet in cui chiedeva "la deportazione di massa", esprimendo al contempo indifferenza per i disordini violenti in corso.
Ora sta scontando una condanna a 31 mesi di carcere per quel tweet. In tutta Europa, questa sembra essere sempre più la nuova normalità: esprimere un'opinione che lo Stato ritiene immorale o "odiosa" è diventato un reato punibile.
I cittadini europei hanno perso le loro libertà, un po' alla volta, con l'avanzare dell'integrazione politica europea. Il Trattato di Lisbona, firmato nel 2007 e in vigore dal 2009, ha conferito personalità gi
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