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La profezia di Shumpeter e la fine del capitalismo

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di LUCA MARIA BLASI

Joseph Schumpeter (1883-1950) fu un economista austriaco noto soprattutto per la teoria della “distruzione creatrice”, che spiega perché le recessioni, se gestite correttamente, possono essere fasi vitali di ristrutturazione per un’economia, spingendo verso una maggiore efficienza e competitività.

Meno note, però, sono le sue inquietanti riflessioni sul destino del sistema capitalistico.  Nel suo celebre saggio del 1942 “Capitalismo, socialismo e democrazia”, arrivò alla conclusione paradossale che il capitalismo è destinato a morire non per i suoi fallimenti, ma per i suoi successi.

Sebbene Schumpeter non usasse esattamente il termine “capitalismo di Stato” nell’accezione moderna (di regola, associata a regimi autoritari che controllano il mercato), predisse una transizione inevitabile verso una forma di socialismo burocratico o di corporativismo. A differenza di Marx, che vedeva la fine del capitalismo causata da rivolte violente e crisi economiche, Schumpeter individuò cause sociologiche e culturali interne al sistema:

  • – L’obsolescenza della funzione imprenditoriale: con il successo delle grandi imprese, l’innovazione (la “distruzione creatrice”) diventa un processo meccanizzato e routinario gestito da specialisti e burocrati. L’imprenditore “eroico” scompare, sostituito dal manager.
    – La distruzione degli strati protettivi: il capitalismo distrugge le vecchie istituzioni (come la piccola proprietà o le strutture feudali) che paradossalmente fungevano da scudo politico per la borghesia.
    – L’ostilità degli intellettuali: il sistema capitalistico, garantendo istruzione e benessere, crea una classe di intellettuali che non trova posto nel processo produttivo e che, per giustificare il proprio ruolo, attacca i valori e le istituzioni del capitalismo stesso.
    – La burocratizzazione e lo Stato: l’economia finisce per essere dominata da strutture giganti che necessitano di una regolamentazione pubblica sempre più pervasiva, portando a una gestione statalizzata dell’economia.

Schumpeter riteneva che l’esito finale sarebbe stato un socialismo di tipo amministrativo. Egli immaginava un sistema in cui:

  • 1. Il controllo dei mezzi di produzione fosse trasferito a un’autorità centrale.
    2. La gestione economica fosse affidata a tecnici e burocrati, simile a quella di una grande corporation pubblica.
    3. La democrazia rimanesse solo come un metodo politico (una competizione per il voto) piuttosto che come un valore di partecipazione ideale.

Vi dice qualcosa della situazione attuale?

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