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Latte di capra e slow food: che paghino loro se tanto gli piace

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di MATTEO CORSINI La continua discesa del prezzo del latte pagato agli allevatori ha generato una forte protesta da parte dei pastori sardi, che hanno inondato le strade di latte ovino. Solidarizzare con persone che fanno un’attività che comporta molti sacrifici è una reazione spontanea, mentre sollevare qualche (ragionata) obiezione fa sembrare con ogni probabilità cinici o cattivi. Di sicuro è comodo vergare articoli come quelli di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, pubblicato su Repubblica, nel quale l’autore (ovviamente) se la prende con i consumatori inconsapevoli e contenti di pagare i prodotti il meno possibile. Secondo Petrini, quello che sta succedendo in Sardegna è “l'ennesima dimostrazione che il sistema di produzione, trasformazione, distribuzione e consumo del cibo in cui viviamo non sta funzionando e che un cambiamento di paradigma è più che mai necessario. La protesta dei pastori che scelgono di buttare il latte, di rinunciare al frutto del prop
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6 COMMENTS

  1. Però al negozio i prezzi lievitano. Io ho mucche da latte. Il prezzo e quello di trent’anni fa. Le spese sono triplicate. La stessa cosa per i pastori di pecore. Qualcuno ci guadagna sopra alla grande.

  2. Le zone sottosviluppate siano in Italia o in Africa, non hanno bisogno di interventismo statale, ma di mercato per crescere. Di mercato da sotto due aspetti, entrambi molto difficili in Italia.. mercato come basse tasse, sburocratizzazione, deregolamentazione, e azzeramento delle barriere protettive, ma soprattutto mercato come mentalità. Finché non ci sarà questa disposizione mentale, non ci sarà speranza.

  3. Trattare il latte come i tubi di una acciaieria non è da liberali, è da incoscienti. Gli abitanti di un dato territorio hanno anche una funzione sociale ed è interesse dello stato che quei territori non si spopolino. Lo stato spende centinaia di milioni ogni anno per i dissesti idrogeologici in quanto ormai certe zone sono completamente abbandonate. Quindi non è meglio che usi quei soldi per sostenere le attività degli abitanti di dette zone che sono anche un baluardo contro i dissesti? Sia latte o altri prodotti agricoli poco importa.

    • La funzione sociale che hanno è non pesare sulle spalle degli altri, ergo evitare di aggredirli nel portafoglio per farsi mantenere!

  4. Credo che il problema sia questo: in economia di mercato se il prezzo del latte scende, diversi produttori chiudono perché lavorano in perdita, diminuendo la quantità prodotta a parità di domanda, il prezzo poi dovrebbe risalire attestandosi al livello ottimale. Tutto questo è teoria, nella pratica i produttori di formaggi importano latte dall’estero e i nostri produttori si devono adeguare per esempio, ad un prezzo “polacco” pur pagando tasse, utenze e materie prime a prezzi “italiani”. Ovvio che questo non ha senso, o si bloccano le importazioni oppure si mettono i nostri allevatori in grado di agire in parità con la concorrenza. Il discorso vale per molti settori, inclusa la manodopera, dove l’immigrazione incontrollata fa concorrenza sleale ai nostri giovani privati pure del salario minimo legale, che con frontiere chiuse e mancanza di manodopera (nel senso che esiste la piena occupazione e questa non è sufficiente a soddisfare la richiesta) sarebbe pure inutile….

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