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Piccole patrie vuol dire grande liberta’

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europa regionidi ENZO TRENTIN

Franco Dell’Alba è un alessandrino di mezza età. Persuaso della necessità che gli strumenti di democrazia diretta debbano bilanciare la democrazia rappresentativa, un bel giorno si convinse che il M5*, grande predicatore della democrazia diretta (Tsz!) andasse sostenuto. Oggi, a proposito di quel movimento, scrive: «Da sempre, chi entra nella stanza dei bottoni, comincia a vivere una vita diversa dalla precedente, assume connotati e toni tipici di quell’ambiente, viene a sapere e a fare cose che a noi, umani da cortile, non è dato sapere in prima battuta. Si confronta giorno per giorno con i suoi simili, parla di cose importanti, delicate, complesse, cose che, secondo lui, noi, polli da allevamento, non potremmo nemmeno capire (da qui la mancanza di voglia di spiegarcele e di perderci del tempo… sempre più prezioso, da dedicare ad altro). Funziona così, può non piacerci ma, per ora, funziona così. […] In termini papali… è passato troppo tempo da quando l’eletto è entrato nella stanza a quando ci siamo accorti che lo stavamo perdendo… Un garante non può garantire tutto, men che meno i fattori culturali ed ambientali che caratterizzano la debolezza umana…»

Insomma, il M5* è la prosecuzione di un metodo di distrazione di massa già iniziato con la Lega Nord di Umberto Bossi: tante dichiarazioni altisonanti, obbiettivi da raggiungere ma di fatto irraggiungibili. Risultati zero. E la conferma che LN prima e M5* oggi siano un anestetico sociale, la troviamo nelle affermazioni di Beppe Grillo [vedi qui]: «Ci dicono che siamo fascisti, i nazisti, i cattivi che faranno del male fisico alla gente invece dovrebbero ringraziarci perché grazie a noi in questo Paese non c’è stata violenza…».

Franco Dell’Alba, e molti altri come lui, si sono anche fatti l’idea che: “le piccole patrie vogliono dire piccole banche e piccoli politicanti.” Infatti, piccole patrie vuol dire grandi libertà. Non a caso Don Lorenzo Milani, (Profeta in Barbiana, 31 luglio 1966, giorno in cui fu formulato il “Decalogo di Barbiana”) sosteneva: «Gli imperialismi? Ci vorrebbero ventimila San Marino per eliminarli. Il mondo cambierebbe radicalmente in meglio, sarebbero protette le culture e le identità. Sostanzialmente sarebbe protetta anche la pace, perché le guerre diverrebbero guerricciole.» E Mons. Luigi Giussani (Pozzo della Chiana [Arezzo] 2 giugno 1976) gli faceva eco: «Ma questo don Milani era un Profeta! Ha ragione! Ha ragione! Ci vogliono ventimila sammarini o sarà la barbarie».

Quella della necessità e urgenza del sorgere dei “ventimila sammarini”, significa che tutti i popoli della terra hanno diritto alla Libertà e alla Autonomia. Ma per “libertà” il Profeta non intendeva l’imposizione della “libertà Occidentale”. Ognuno si governi come gli pare. «Se i pigmei vogliono stare nudi sugli alberi – disse don Milani – ci devono stare e nessuno si deve permettere di impedirglielo.» Il nemico è l’imperialismo, quello che ha fatto scorrere fiumi di sangue, anche recentemente, a Timor Est, nel Sudan, in Libia, e altrove che l’elenco sarebbe troppo lungo. Casi come quelli non sono più tollerabili! Solo se gli imperialismi si frantumeranno può sorgere un mondo più giusto. Purtroppo il Profeta non si faceva facili speranze: «…non farti illusioni, prima che le masse si accorgano che abbiamo ragione scorrerà molto sangue e sia la degenerazione morale che quella politica arriveranno a livelli di incredibile bassezza».

Don Milani aveva visto giusto anche per quanto riguarda l’Italia dei nostri giorni: un Parlamento ed un Presidente della repubblica illegittimi per stessa deliberazione della Corte costituzionale, che nonostante tutto continuano a legiferare arrivando perfino a modificare la Costituzione, aumentando i poteri dell’esecutivo, e diminuendo gli spazi di democrazia.

Una bassezza morale nella classe politico-burocratica inossidabile a qualsiasi ammonizione, disapprovazione, biasimo. Praticamente inamovibile. Per nulla sensibile al fatto che viene tolta oltre alla sussistenza anche la libertà e la dignità; promuovendo poi, peraltro, il male epocale delle migrazioni di massa, che vanno assolutamente fermate. E per farlo occorrono sovranità locali che gli sbarrino il passo, al di là degli attuali governanti che si dimostrano incapaci di farlo.

Di contro abbiamo un “fronte” indipendentista pasticcione; incapace di prefigurare la benché minima architettura istituzionale innovativa. Privo d’una visione strategica dell’economia. Si pensi, per esempio, ad un Veneto indipendente che guardi al mediterraneo, mare che la millenaria Repubblica di Venezia utilizzava per i suoi commerci.

suezEbbene, il canale di Suez (Egitto) fra cinque anni raddoppierà; la nuova apertura ridurrà da 1 a 3 ore il tempo di percorrenza del corso d’acqua che separa Suez, nel mar Rosso, da Port Said, nel mediterraneo. I transiti aumenteranno da 49 a 97 navi al giorno. Venezia e i porti dell’alto adriatico, dovrebbero essere in prima posizione per utilizzare le nuove potenzialità dell’incremento del traffico marittimo. Ad oggi la maggior parte del traffico mediterraneo si dirige nel nord Europa ad Anversa (Belgio) e Rotterdeam (Olanda) impiegando cinque/sei giorni a raggiungerle, mentre nei porti dell’alto adriatico arriverebbero in un giorno o due.

Oltre il 70% dei flussi commerciali, circa 40 miliardi di euro, avviene via mare e il mediterraneo intercetta il 19% del traffico marittimo mondiale. I flussi commerciali mediterranei potrebbero raggiungere il Veneto a patto di creare condizioni interne favorevoli allo sviluppo degli investimenti, contrastando i fattori che limitano le potenzialità rappresentate dalla naturale piattaforma logistica al traffico di merci: i vincoli burocratici, l’incertezza della giustizia civile e penale. Le inefficienze storiche dell’Italia sono note. Insomma, occorre attrezzare anche gli entroterra e la rete ferroviaria per garantire collegamenti adeguati con il territorio.

E gli indipendentisti cosa fanno? Si gingillano con cifre mirabolanti quanto improbabili circa la riduzione delle tasse, l’incremento dei servizi, l’aumento delle pensioni che l’indipendenza, secondo loro permetterebbe. Noi ameremmo che spendessero il loro tempo a prefigurare uno sviluppo economico innovativo. Ci rimangono cinque anni per attrezzarci a ricevere i maggiori flussi derivanti dal raddoppio del canale di Suez. Cosa aspettiamo? Lo chiediamo ai quelli spiriti candidi (Tsz!) che concorreranno alle elezioni regionali del 2015, auto-dichiarandosi indipendentisti, e impiegando il loro tempo in campagne elettorali, anziché nella progettazione di uno Stato indipendente che attraverso un nuovo assetto istituzionale sia in grado di rilanciare l’economia, e con essa il benessere delle popolazioni che pretendono di liberare e governare. Di ciò se n’è accorto anche un giovane indipendentista che in proposito ha tra l’altro scritto qui: «…si dimentica che le persone che votano con il cuore non sono la maggioranza e che la gente vuole certezze e sapere esattamente cosa accadrà dopo. Senza sentirsi rispondere la solita sinfonia: “dopo l’indipendenza il popolo deciderà con referendum sui vari argomenti”, frase fatta e motivata dalla paura di prendere posizioni politiche chiare e dividere così i già divisi movimenti indipendentisti. Indipendentisti che per inseguire la chimera di un “modello svizzero”, panacea di ogni male, si dimenticano forse che siamo in Veneto terra abitata da veneti e italiani che con la mentalità svizzera centrano ben poco».

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1 COMMENT

  1. Ho già letto del “rinnovo” – ampliamento – del Canale di Suez ed ho appreso che la Cina ha acquisito, lungo le coste dell’Adriatico, terreni da destinare a depositi per i suoi container, depositi dai quali poter movimentare le merci che vi verrebbero stoccate in attesa di loro “richiesta” dai mercati europei.
    Anche l’Italia, a quanto ho appreso, avrebbe ceduto, non so a quale titolo, ampie zone da adibire a depositi di container.
    Sarebbe un’occasione d’oro per il rinato Stato veneto riacquistare la sua libertà: con Suez si verrebbe a ripristinare l’antica Via della seta, che tanta fortuna e opportunità di lavoro e ricchezza nei secoli scorsi assicurò al nostro Stato.
    Purtroppo la “cosa pubblica” in mano ai politici italiani, capaci solo di tradimenti nei confronti dei propri popoli, si risolverebbe, more solito, in “svendite” a privati, e di altre nazioni, delle occasioni di benessere collettivo che il nuovo business potrebbe garantirebbe alla Comunità tutta.
    Ma non serve recriminare più di tanto che già questa storia la conosciamo.
    È da sottolineare, piuttosto, quello che Trentin denuncia: nessun Movimento indipendentista ha fiatato su questo come su altri argomenti che pure dovrà essere di interesse fondamentale qualora si riuscisse a conseguire quello che la maggioranza di noi auspica.
    In nessun campo dell’organizzazione statuale ci è stato prefigurato il “dopo”.
    Parlando con il segretario di un movimento indipendentista a proposito di immigrazione e della possibilità, anche solo di parlarne, mi sono sentito dare del razzista; tanto per cambiare.
    Non vorrei che dietro uno, o più, di questi – Movimenti – si celassero gli interessi tanto difesi dall’attuale classe politica italiana.
    Se ci sono idee, anche in campo commerciale, le si “tirino fuori”, che nessuno verrà mangiato per questo.
    Insomma, chiedo, sollecito come fa Trentin: “cosa accadrà dopo”?

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