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Probabilità e rischio, la “grande frode intellettuale”

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di MATTEO CORSINI

Mi è già capitato di commentare le prese di posizione dei sostenitori della necessità di inserire gli scenari probabilistici nella documentazione di offerta relativa a prodotti finanziari. Tra coloro che ne hanno fatto un mantra ci sono i redattori dell’inserto del sabato del Sole 24Ore, ossia Plus24. L’ultima volta notai che con l’inizio del 2018 sarebbero stati accontentati, dato che sarebbe entrato in vigore un regolamento Ue sui prodotti finanziari preassemblati che prevede, tra le altre cose, l’obbligo di esporre scenari di rendimento con la relativa incidenza dei costi.

Tali scenari sono costruiti seguendo la stessa logica degli scenari probabilistici tanto cari a Plus24. L’unica differenza è che invece di indicare le probabilità di perdere soldi o di sovraperformare un investimento (erroneamente) considerato provo di rischio, in questo caso gli scenari sono 4: uno di stress, rappresentato dal percentile più sfavorevole della distribuzione di probabilità dei rendimenti al netto dei costi del prodotto in questione; uno negativo, rappresentato dal decimo percentile, uno moderato, rappresentato dalla mediana, e uno favorevole, rappresentato dal novantesimo percentile.

L’idea di fondo è quella di rendere confrontabili tutti gli strumenti, soprattutto a favore di risparmiatori non esperti. Io resto dell’idea che sia profondamente fuorviante utilizzare quel tipo di calcoli, dato che non è affatto detto che i rendimenti prospettici si distribuiscano come in passato. Sarebbe quindi necessario informare il potenziale investitore delle assunzioni sottostanti i calcoli, il che, però, sarebbe del tutto incomprensibile al target di persone per le quali questa documentazione è stata pensata.

Leggendo quanto scrive Marcello Frisone di Plus24, mi viene il dubbio che egli stesso non abbia ben chiaro l’argomento di cui si occupa: “Il punto dolente è che nel Kid non sono esplicitati gli scenari di probabilità, cioè le chanches che si hanno di perdere e di guadagnare sugli investimenti non azionari (risultati che si possono comunque trovare nella nostra rubrica «Rischi in chiaro»)”.

Quindi invoca un intervento della Consob per renderli obbligatori. Ma il fatto è che si tratta semplicemente di una diversa esposizione di concetti analoghi, che restano peraltro basati su quella che Nassim Taleb definisce “Grande Frode Intellettuale”. Se queste cose non le capisce neanche chi si occupa di informare i risparmiatori, siamo messi bene…

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