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Quel “soggiorno obbligato” che esportò mafiosi in tutta la padania

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di ETTORE BEGGIATO

A cavallo fra gli anni 70 e 80, la Regione del Veneto  fu flagellata da una legge dello stato italiano attraverso la quale venivano mandati nelle nostre comunità delle “pecorelle smarrite” sospettate di appartenere alla mafia e alla ndrangheta: il cosiddetto “soggiorno obbligato”.

Personaggi con un curriculum impressionante, veri e proprio “pezzi da 90”  che oggi  non dicono molto, ma che all’epoca erano al vertice di “famiglie” potentissime e senza scrupoli. “La mafia combatte, i veneti muoiono”, così il “Corriere della Sera” titolava a tutta pagina il nell’86; Verona che era diventata la Bangkok d’Europa grazie al “clan dei calabresi” costituitosi attorno ai soggiornanti obbligati; non parliamo della Riviera del Brenta dove la piccola criminalità fece un salto di qualità grazie agli insegnamenti dei professionisti del crimine copiosamente inviati dallo stato italiano.

Incapacità, irresponsabilità o complicità da parte del governo di Roma? O la necessità di “fare gli italiani” livellando il livello di criminalità fra le varie regioni? Irresponsabilità, incapacità o complicità da parte di chi non si rese conto che il soggiorno obbligato, lungi dal poter essere uno strumento efficace nella lotta contro la mafia, diventata un fortissimo veicolo di impianto di criminalità organizzata in zone impossibilitate a difendersi?

Illuminante quanto scrisse su questo aspetto il settimanale della diocesi di Belluno “L’amico del popolo”: “E’ come diffondere una epidemia spostando i germi patogeni nei vari organismi sani; è come la metastasi del cancro che viene ad intaccare inesorabilmente i tessuti sani non diminuendo la virulenza della malattia, ma accrescendo di numero le parti malate”.

E dopo anni e anni di lotte, di manifestazioni, di proteste, il nostro popolo riuscì a vincere anche questa battaglia; all’epoca proprio al fine di non disperdere il ricordo di tutte queste battaglie stampai un libro bianco/rassegna stampa di quasi duecento pagine, “Soggiorno obbligato=esportazione di criminalità. La lotta dei veneti contro lo stato italiano”,  testimonianza di una mobilitazione straordinaria che coinvolse tante regioni, dalla Lombardia al Trentino, dal Friuli all’Emilia.

Recentemente ho ritrovato il PDF di questa raccolta. Chi fosse interessato lo può richiedere alla mia e-mail: bejato@hotmail.como.

 

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4 COMMENTS

  1. Ciao Ettore. Spiegame dove xe che gavemo vinto. Anca se i soggiorni obligati no i ghe xe pi ormai i ne ga infetà da partuto. Spacio de droga, degrado e criminalità i ghe xe a Verona e Padova, Vicensa e Treviso e le xe inpestà.

  2. Altrettanto dicasi per la Valle Camonica. In quegli anni venne “ospitato” in un albergo di Lovere l’onestissimo Genco Russo che, poteva girare , libero come un passero per l’intera giornata salvo due piccole firme , presso i carabinieri, due volte al giorno.
    Da allora, vedi il caso , si è dovuto chiudere a chiave tutte le porte, e sono cominciati lo spaccio di droga e, massicciamente, il riciclo di “denaro sporco”.
    Per quanto riguarda organizzazione e consistenza della camorra , invito a leggere l’e-book “Camorra” di Marc Monnier pubblicato verso la fine dell’ottocento.
    Taglia ogni fantasticheria!

  3. È “strano” che nessuno si ricordi di quell’impresa criminale dello stato italiano (peraltro tutt’altro che “confinata” al Veneto, ma anzi generosamente distribuita in tutte le regioni del Nord).

    In quegli anni (vado a memoria: inizio anni ’70?) il “soggiorno obbligato” portò a Mandello Lario – nota località del Lecchese, con allora ca. 15.000 abitanti – 13 “famiglie” mafiose. Nel giro di sei mesi le 13 famiglie vennero raggiunte da numerosi “parenti”, cosí che la nuova “comunità” meridionale passò da poche decine di dipendenti dello stato (insegnanti, carabinieri, postini etc.) a diverse centinaia di “concittadini”. E un paese che non aveva conosciuto altra forma di illegalità che quella commessa vent’anni prima degli eroici ladri di galline della “Resistenza” si trovò alle prese con un fiorire di forme di criminalità mai riscontrate in precedenza (furti d’auto & droga in primis). Anche i carabinieri – sino a quel momento “normali” – divennero all’improvviso molto evasivi: “Le hanno rubato la macchina? Per noi è praticamente impossibile ritrovarla, ma abbiamo sentito che c’è un signore che potrebbero eventualmente aiutarLa. Lo trova normalmente al bar XXX”…(sic! è successo a un mio amico!)

    E oggi i difensori dell'”unità” d’Italia e della “dignità” del meridione ci vengono a insegnare che la “mafia c’è anche al nord”. Come dire: non siamo solo noi meridionali! Che quella presunta “mafia settentrionale” sia esclusivamente una metastasi mafiosa della metastasi romana della mafia meridionale se lo sono dimenticati tutti. Basta del resto leggere i cognomi interessati…

    Questa è storia dei nostri giorni. Il resto sono farneticazioni “buoniste” – o porcate in malafede – della solita scuola sessantottina: quella che oggi ci fa importare mezza Africa sostenendo che viene ad arricchirci. E fra trent’anni racconteranno a ciò che resterà di questo “Paese” che l’Africa è anche in (Nord-)Italia… Certo, come la mafia!

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