di MATTEO CORSINI
Il 28 giugno Chesapeake Energy, società leader nell’estrazione di shale oil e gas, ha portato i libri in tribunale, aprendo una procedura secondo il Chapter 11 della legge fallimentare statunitense. Con una capitalizzazione di borsa scesa a 116 milioni di dollari, Chesapeake ha debiti per 9.6 miliardi.
Si tratta di un caso da manuale dell’effetto della distorsione dei tassi di interesse da parte della politica monetaria. La compressione artificiale degli stessi genera una compressione altrettanto artificiale dei premi per il rischio di credito, incentivando il ricorso a dosi massicce di debito che, finché i relativi costi restano eccezionalmente bassi, rendono apparentemente sostenibile (quando non proprio profittevole) anche un investimento che avrebbe un valore attuale netto negativo in assenza di tutte quelle distorsioni. Al tempo stesso, si creano rialzi sui prezzi delle attività reali, come il petrolio.
In condizioni come queste, la solvibilità d