di GIANLUCA MARCHI
A giugno ’94 approdai al Giornale diretto da Vittorio Feltri, vicedirettore Maurizio Belpietro. Daniele Vimercati era il capocronista e io il suo vice. Dopo anni di comunanza da colleghi su fronti diversi, eccoci lavorare gomito a gomito. Passati i mesi estivi, e il naturale ambientamento, devo ammettere che lavorare con Daniele in quel periodo non fu affatto semplice. Soprattutto perché da settembre si innescò la vicenda delle nomine Rai: la Lega era al governo con Berlusconi e per la prima volta nella sua storia avrebbe potuto aspirare a un incarico di primo piano nella televisione di Stato. Si parlava essenzialmente di una vicedirezione del Tg1 o del Tg2, ma non erano esclusi nemmeno il Tg3 e la Tgr. Insomma, una sarabanda. E chi era il candidato che correva di bocca in bocca? Il Vim, ovviamente. Lui si scherniva, diceva di non essere interessato, e stava inchiodato ore e ore al telefonino, spesso sporto dalla finestra del suo ufficio in quell’autunno par
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