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Lo stato sta distruggendo la nostra cultura padano-alpina

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padania6109di GIORGIO GARBOLINO BOOT

L’atteggiamento equivoco, incerto, timido, del governo italiano verso l’Islam radicale, ha finito col relegare l’Italia ai margini dei paesi europei che, dopo tanti errori, stanno prendendo coscienza dei pericoli che, con l’aggressivitĂ  di una pur piccola parte del mondo islamico, corre la loro identitĂ  culturale e i suoi valori. Facile comprendere i politici italiani: se il loro scopo è il potere, è ovvio che lusinghino il loro bacino elettorale, e questo appare sempre piĂą propenso al cedimento verso la cultura islamica. La condiscendenza – se non la deferenza – verso lo stile di vita dell’Islam fa il paio con l’insofferenza verso gli usi, i costumi, le tradizioni, i valori occidentali: lo si vede nelle scuole, nei tribunali, nei consigli comunali, e i mezzi di comunicazione non sono da meno.

Purtroppo questo comportamento lassista e falsamente tollerante, anche in presenza della guerra che l’Isis ci ha dichiarato, è solo in parte dovuto a scelte razionali, cioè a timori di rappresaglie terroristiche o a dubbi strategici, economici, ideologici. E’ soprattutto favorito da una realtĂ  che nessuno vuole ammettere: la cultura italiana, nelle èlites al potere ma non solo, non è piĂą, sotto nessun aspetto, confrontabile con la cultura, i valori, i modi di essere che rappresentano l’identitĂ  europea e occidentale. In questa identitĂ  non si riconosce piĂą, non vede grandi svantaggi nel perderla.

L’Italia è  chiaramente uno stato mediterraneo, non europeo. Lo è non solo per il declino economico, ma anche per gli aspetti sociali e culturali. Come tale si sente piĂą affine – e lo è – al sud del mondo, piuttosto che all’Europa transalpina. Non è un caso che l’arretratezza italiana in ambito Eurozona, UE, OCSE, ecc. è immancabilmente addebitata al mondo occidentale (Bruxelles, Berlino, Washington) e alla sua civiltĂ  liberale e democratica, ridotta disinvoltamente a un “capitalismo” considerato egoista e disumano. Non è nemmeno un caso che lo stato italiano esprima pulsioni sempre piĂą autoritarie e illiberali, tipiche di altre culture.

In Italia sopravvivono ancora tracce del mondo europeo: ma sono solo nelle regioni del nord padano e alpino, piĂą affini ai paesi transalpini che a quelli mediterranei. Sono aree culturali oltre che geografiche, e oltretutto sono subalterne all’Italia peninsulare. La loro cultura rischia giĂ  di diventare minoritaria anche nel loro interno, violentata da uno stato che la esclude pesantemente con tutto il suo potere.

L’aspirazione all’autogestione è stata presentata – anche da parte dell’autonomismo e indipendentismo militante – come dovuta in prevalenza a fattori economici (“Il sacco del Nord”, come l’ha chiamato Luca Ricolfi), ma è stato un errore ridurrre il disagio di queste regioni a una controversia economica. In realtĂ  nessun obiettivo di autogoverno è andato a buon fine, anche perchĂ© non c’è stata, a livello di massa, la presa di coscienza della presenza in un unico stato, di diversitĂ  culturali, economiche, sociali, che hanno il diritto di esprimersi in autonomia, non costrette a convivere forzatamente in uno stato accentrato e autoritario, oltre tutto sempre piĂą rivolto al mediterraneo e alla sua cultura e sempre piĂą lontano dalla civiltĂ  europea.

Non si tratta di attribuire a questa diversitĂ  un giudizio di valore: non è detto che la nostra civiltĂ  – padana, europea e occidentale – sia la migliore in assoluto, ma è pur sempre la nostra. Mal si concilia, nelle nostre terre, con una cultura mediterranea, che è egemone in Italia. Dovremmo prendere coscienza – come in Francia, come in Gran Bretagna, come in Germania, come nei paesi nordici – che quello che è a rischio è la nostra identitĂ  europea. E dovremmo difenderla, come difendono la loro, le genti di altre culture e di altri paesi.

E avere il coraggio di rispondere come fa il protagonista del romanzo “Sostiene Pereira”, di Antonio Tabucchi, ambientato nel Portogallo di anteguerra: un amico ritiene inevitabile la dittatura e la mancanza di un’opinione pubblica consapevole, sostenendo che: “Qui non siamo in Europa, siamo in Portogallo. Siamo gente del Sud, Pereira, e ubbidiamo a chi grida di piĂą, a chi comanda”. La risposta è tagliente: “Noi non siamo gente del Sud, obiettò Pereira, abbiamo sangue celta”.

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12 COMMENTS

  1. La proibizione e il carcere per l’uso dell’italiano.. ma per favore! le persone devono usare la lingua che preferiscono, scegliendo liberamente. L’alternativa è tra un sistema statalista che impone a tutti l’omologazione elaborata, programmata e pianificata da politici e burocrati e un sistema libero dove tutti sono liberi di scegliere in accordo alle proprie idee, necessitĂ  e convinzioni. Il primo sistema distrugge sempre la cultura, la lingua, le tradizioni della popolazione, il secondo permette alla popolazione di esprimere la propria cultura, lingua e tradizione liberamente. La cultura, la lingua e la tradizione si sono formate nel tempo, sono sempre soggette a cambiamento, e continueranno a mutare ancora, anche contaminandosi con culture, lingue e tradizioni straniere, come è sempre stato e sarĂ . Questo processo può solo essere disastrato dallo stato, dalla politica e dalla burocrazia, che cercano di rimpiazzare il normale ordine spontaneo con il dirigismo e la pianificazione. Purtroppo in Italia, paese dove della libertĂ  non si sa niente, lo scontro è perennemente fra statalisti di opposto segno. E tutta la battaglia è su quale orientamento dare all’oppressione e alla violenza statale. I cittadini si fanno da soli e non devono essere fatti da nessuno. Possono scegliere liberamente da soli in merito alla lingua, alla cultura, alla religione e a qualsiasi altra cosa. Bisognerebbe mettersi in testa che il primo valore è la libertĂ , non la lingua. Come ricorda sempre nei suoi articoli Giovanni Birindelli la giustizia è un principio procedurale (ad esempio qui https://www.miglioverde.eu/quando-papa-bergoglio-vaneggia-di-giusto-salario/): è giusto ciò che emerge dalla libertĂ  come assenza di coercizione illegittima. Che sia la conservazione, il cambiamento o l’abbandono di una lingua. Concentrarsi invece su uno stato finale particolare da raggiungere, porta ad aggredire ingiustamente il prossimo. Chi desidera abbandonare l’italiano e tornare a lingue locali può farlo tranquillamente senza incarcerare nessuno. Chi sceglie di opporre al cambiamento la forza bruta, il carcere, la polizia, etc.. è solo l’ennesimo oppressore da abbattere, e in genere fa comunque soltanto disastri.

    • Teoricamente allora, in base a quel che affermate uno può essere libero di usare lo Swahili o l’Arabo, può farlo ma a casa sua. Il problema è che ci sarĂ  una Costituzione che io immagino copiata da quella Svizzera e che nei primi articoli conterrĂ  “Le lingue ufficiali della Confederazione sono…..”, non ci sarĂ  il romancio e non ci sarĂ  l’italiano (la lingua a noi estranea ed imposta dagli occupanti, in compenso a fianco al francese e al tedesco ci saranno piemontese, veneto, friulano, ecc.
      Il rischio è di far la fine dell’Irlanda ma posso fare un esempio piĂą vicino, la Valle d’Aosta. La Valle d’Aosta è ufficialmente bilingue, i cartelli stradali, le indicazioni, gli atti dei comuni sono tutti in due lingue ma alla fine il francese (che non è lingua madre perchĂ© si parla patois ed in pochi comuni dialetto walser) è usato solo come lingua estera, la si studia a scuola ma nessuno la usa quotidianamente, Rai 3 Valdaosta usa il francese minimamente. Ora facciamo l’ipotesi di tre soggetti che in Piemonte debbano firmare un atto notarile, uno parla piemontese, una altro provenzale il terzo walser, l’atto deve essere comprensibile a tutti, quindi dovrebbe essere scritto in tre lingue ed avere una quarta, p.e. il francese che serva come base in caso di errori di traduzione (si può anche fare l’esempio del Friuli, con un friulano, uno sloveno ed un veneto). La tentazione è quella di lasciare l’italiano, alla fine tutti continuerebbero ad usare l’italiano, non ci sarebbe stimolo ad imparare le nostre lingue (pochissimi sanno scrivere in piemontese correttamente non essendo insegnato e la grafia è diversa dalla pronuncia). Ecco perchĂ© parlo di sanzioni e carcere “nei casi piĂą gravi”. Sanzioni per il notaio che usasse l’italiano, per il docente che usi l’italiano per insegnare, ecc carcere nei casi piĂą gravi perchĂ© sarebbe sintomo di tradimento “non riconosco l’indipendenze della Padania, accetto l’occupazione italiana ed il ritorno della Padania sotto il giogo italico ergo uso l’italiano per spregio”, questi sono i casi piĂą gravi, francamente sarebbe auspicabile discutere di cosa preveda la Costituzione Elvetica per i casi di tradimento, altro tradimento o vilipendio alla bandiera o allo Stato.
      Per me uno può usare l’italiano in casa e non fare lo sforzo di imparare, migliorare, usare le lingue ufficiali della Padania ma poi cosa se ne fa? Non ci saranno canali televisivi, giornali, libri, non potrĂ  usarla negli uffici, per fare compere, il senso è questo ed il senso è che con tutto quello che ci hanno fatto gli italiani uno si ostina ad usarlo in pubblico allora è una provocazione, un offesa e come tale andrĂ  trattata.

      • Schierare lo stato, la legge e la polizia a difesa di una lingua è un po’ come schierarli a difesa di una impresa. Se una impresa lasciata a se stessa e alle libere scelte dei clienti non sta in piedi ci opporremmo ad affidare alla polizia il compito di portarle clienti o di impedire ai clienti di rivolgersi ad altre imprese. Se schieriamo lo stato a difesa di una lingua per il suo valore identitario e culturale ci basterĂ  definire qualcosa come dotato di valore identitario e culturale per chiedere supporto statale per essa o definirla contraria, offensiva e dannnosa per la nostra identitĂ  e cultura per chiedere un intervento statale contro di essa. PerchĂ© solo la lingua e non la religione? O la cucina? O le attivitĂ  artigianali? A mio modo di vedere tanto una impresa quanto una lingua, una religione, una cultura, una tradizione devono esistere nella misura in cui sono spontaneamente scelte e adottate. Se hanno qualche merito avranno successo senza bisogno di alcun aiuto di stato. L’italiano è stato imposto con la violenza per “fare gli italiani” ed è stata una porcata immonda, ma il punto è che una lingua di stato, un sistema scolastico statale, e un controllo statale sui media e su quanto viene pubblicato sono esattamente questo: gli strumenti attraverso i quali gli Stati fanno i cittadini secondo le loro esigenze. Non è qualcosa che appartiene solamente allo stato italiano, è qualcosa che appartiene a tutti gli Stati. Anche uno stato padano dotato di questi strumenti sarebbe nel suo piccolo guidato da logiche politiche tali che finirebbe ad usarli come mezzo per “fare i padani” ad uso e consumo di burocrati, politici e loro clienti. Naturalmente una amministrazione pubblica può stabilire una lingua per i documenti e le richieste che deve ricevere ed emettere, ma detto ciò dovrebbe lasciare tutti liberi di regolarsi a piacimento. Questo restringerebbe il perimetro del controllo statale e dunque l’apparato statale necessario e le tasse da raccogliere per mantenerlo. E per me questa è la cosa piĂą importante.

        • Mi aspettavo queste reazioni che credo possano essere assimilate alla “neofobia” delle persone anziane, chiamiamola pigrizia mentale o egoismo nei casi peggiori.
          Queste reazioni le avremo anche all’indomani dell’indipendenza con gente che si domanderà che cosa ne sarà del suo futuro con nuove leggi, nuovo governo, nuova moneta, cosa ne sarà della sua pensione. Per questo insisto sempre che debbano essere adottate nei primi tempi la Costituzione, le leggi e la moneta elvetica, così non ci sarà nessun salto nel buio, sono modelli efficienti, collaudati, esistenti ed ognuno può già fin da oggi leggerli e studiarli.
          Lo stesso meccanismo c’è con le lingue, c’è chi pensa che ha passato anni a studiare e padroneggiare l’italiano ed ora ritrovarsi di colpo a dover studiare un’altra lingua (francese o tedesco) e imparare a scrivere la lingua dei propri padri (veneto, friulano, piemontese, ecc) che capisce, ne parlicchia qualche parola ma non sa leggere o scrivere appare una fatica improba (si lavora e si ha poco tempo), così come gli anziani che non vorrebbero nessun cambiamento (che lo facciano tra qualche anno quando sarò morto, non voglio fastidi negli ultimi anni che mi restano) così queste persone vorrebbero un eliminazione dell’italiano “soft”, i loro figli non studieranno l’italiano a scuola e non lo parleranno e così per cause naturali in un ottantina di anni l’italiano sarĂ  totalmente dimenticato in queste lande. Errore.
          Vi ho giĂ  fatto l’esempio dell’Irlanda ma vi posso garantire che così facendo farete solo del male a voi stessi. Ho conosciuto un moldavo, parlava italiano perfettamente e senza accento, mi raccontava che quando era arrivato in Italia non sapeva neppure come ordinare un panino, in pochi mesi aveva imparato l’italiano “quando devi mangiare impari in fretta”, ecco questo è cosa deve accadere.
          Se voi, all’indomani dell’indipendenza, continuerete a trovare giornali italiani, a vedere televisioni italiane a parlare italiano con il vicino (mi scusi capisco il veneto ma non lo so parlare, parliamo in italiano….) dopo decenni sarete ancora in alto mare. Una cura drastica come quella che ho proposto e di breve tempo non avrete problemi.
          Infine chi parla di libertà, di esagerazione non tiene conto di alcuni aspetti. Se io vado in Polonia, in Israele posso studiare tedesco, in Slesia esiste anche un partito tedesco ma sicuramente non dovrò fare lo slalom tra canali tedeschi alla radio ed alla televisione per trovarne uno in polacco/ebraico, anzi. L’italiano non è una lingua autoctona della Padania, è una lingua imposta dagli occupanti, perché parlarla? Infine la libertà che qualcuno ha accennato vorrebbe anche dire che uno possa esporre la bandiera con la svastica a Tel Aviv. Ma è palese che sarebbe una provocazione ed una offesa a chi ha sofferto per quel simbolo.
          Esporre lo straccio tricolore, suonale l’inno di Mameli, usare l’italiano in Padania ha la stessa carica di provocazione ed offesa che la svastica in Israele. Devo ricordare oltre al citato “genocidio culturale” quanti milioni di padani sono stati costretti all’emigrazione dal 1861? Quanti padani sono morti per le ridicole ed inutili guerre degli italiani? O i territori come l’Istria e la Dalmazia sottratti alla Padania per guerre perse dagli italiani (non da noi)? O i miliardi di euro sottratti ogni anno, le aziende costrette a chiudere o espatriare, i fallimenti, i suicidi di imprenditori, il colonialismo imposto alla Padania (sfruttamento di risorse imposizione di italiani nella pubblica amministrazione e nei ruoli chiave, scuola italiana, lingua italiana)? Se si intende fare tanto lavoro per l’indipendenza per poi restare italiani (di lingua e di fatto) in poche parole cambiare solo l’aspetto ma mantenere la sostanza allora piantiamola subito qui e basta con gli egoismi perché a studiare una lingua non è mai morto nessuno. Non vedo perché un piemontese o un veneto debba sentirsi straniero a casa sua (succede solo con le occupazioni), uscire di casa e vedere insegne in italiano, indicazioni stradali e nomi di paesi in italiano, trovare solo riviste e giornali, radio e televisioni in italiano, gente intorno che parla in italiano, il figlio che torna da scuola e gli parla in italiano.

        • Schierare lo stato in nostra difesa per non DARCI LA NOSTRA SACROSANTA -LEGITTIMA DIFESA-..!
          LO STATO CI DIFENDE, CI ALIMENTA, CI FA RESPIRAZIONE BOCCA E KULO (no bocca a bocca), CI FA DIVERTIRE E ecc. ecc. ecc..
          LO STATO = a DIO ONNIPOTENTE..!

          Veramente da spararsi con tutto sto kax di KKI (KattoKomunismoIslamiko imperante e sempre piu’ in crescita).
          Poi non mi penso, per conati vari, al fatto che da -bella ciao- si e’ passati al -“ciao” ki-. (capirla per favore).
          At salĂĽt

  2. Ripeto (sono condannato a ripetermi inutilmente): ha fatto piu’ l’itaglia che Adolfo nei nostri confronti..!! Intendo popolo veneto.
    Infatti il nostro GENOCIDIO e’ perpetrato con l’arma di distruzione di massa vale a dire la
    PSICOLOGIA in mano alla IDEOLOGIA KATTOKOMUNISTAISLAMIKA..!
    Quest’arma e’ molto peggiore della bomba nukleare.
    Si notera’ (forse) che non uccide fisicamente, ma sottomette psicologicamente; rende schiava la gente, infatti siamo ILOTI. Li mette sotto… e questi ne sono addirittura CONTENTI perche’ si credono SOVRANI. Pensano sia volonta’ popolare..!
    Poveri noi, per non parlare dell’INTELLIGHENZIA… usata (e’ lo strumento psicologico, la leva
    che solleva il mondo, usato dal potere) in omni dove per realizzare questo GENOCIDIO, molto
    peggio di quello ebraico.
    Auguri

  3. Io lo chiamo “genocidio culturale”. In tanti si sono commossi leggendo libri o guardando film in cui bambini indiani o aborigeni australiani venivano tolti alle famiglie, costretti a studiare in lingue non loro allo scopo di sradicarne la cultura.
    Eppure nessuno si indigna perché uno Stato occupante e totalmente estraneo, l’Italia, da decenni fa lo stesso in Padania.
    Io stesso ne sono testimone, in casa mia si parlava piemontese e lo stesso accadeva in molte famiglie di miei compagni di scuola alle elementari, andato a scuola i genitori, tutti, vennero convocati e gli si disse papale di smettere di parlare in piemontese in casa affinché i figli imparassero meglio a parlare in italiano (chissà poi perché non si poteva essere bilingue). Lingua italiana che veniva ovviamente presentata dai professori come la più bella al mondo (trattandosi di lingua artificiale parlata da un misero 10% della popolazione fino agli anni sessanta, infarcita di regionalismi o latinismi per creare neologismi la cosa appare ridicola).
    Il colpo finale al genocidio culturale lo diede la televisione da allora la percentuale di persone che parlano solo italiano è aumentata. La televisione, ovviamente, trasmetteva solo in italiano oppure canzoni napoletane, la cultura padana era totalmente ignorata. In Francia, per fare un esempio, il canale France3 Corse trasmette numerose trasmissioni in lingua corsa, il telegiornale è in due edizioni di cui una in corso che ripropone gli stessi servizi dell’edizione francese, le stesse persone sono intervistate in francese ed in corso per le due edizioni. In Padania che io sappia solo la televisione Primocanale di Genova e solo recentemente sta facendo qualcosa del genere con servizi solo in genovese all’interno del telegiornale principale in italiano.
    Il genocidio culturale non è totale e siamo ancora in tempo a recuperare, ma occorrono soluzioni drastiche. L’alternativa è fare la fine dell’Irlanda che ha anche il gaelico a fianco dell’inglese come lingua ufficiale, ma in cui quasi tutta la popolazione parla ancora in inglese, chi vuole implementare il gaelico fa soggiorni nelle province occidentali, le uniche a maggioranza gaelica. Per noi gli irlandesi sono come gli inglesi, nessuna differenza, sono nella Ue, parlano inglese, guidano a sinistra, vanno nei pub e devono te. Il problema è che essere scambiati per un inglese non è negativo invece per un padano essere scambiato per un italiano, quindi essere considerato rumoroso, maleducato, pressappochista, svogliato nel lavoro, incline alla violazione delle regole, mafioso è totalmente negativo e sarebbe una beffa dopo aver subito l’occupazione italiana.
    Le misure drastiche che dovranno essere prese fin dal giorno seguente all’indipendenza sono ovviamente la proibizione, con sanzioni e finanche il carcere nei casi più gravi, dell’uso dell’italiano. Quindi fin da subito far capire ad imprese, giornali, televisioni, cittadini che dovranno essere fin da subito pronti ad usare quotidianamente la loro lingua locale più il francese o il tedesco. Conoscendo l’andazzo, abituati all’italica abitudine di rinvii, annullamenti, condoni, ecc molti non si prepareranno per tempo, pazienza chi è causa del suo mal pianga se stesso, ma ripeto o si abolisce l’italiano o tanto vale restare italiani, non saremo mai considerati nel mondo degli operosi ed onesti padani ma sempre dei mediterranei italiani, un po’ diversi come gli irlandesi ma fondamentalmente italiani.
    Personalmente sarei anche per fare della futura Confederazione una monarchia, affidando il trono ad un Asburgo, ce ne sono ancora, così tanto per farci due risate a vedere come gli italiani poi giustificheranno nelle loro scuole il risorgimento e la prima guerra mondiale….
    In ogni caso sarebbe il caso, come ho piĂą volte suggerito, di iniziare anche in queste pagine ad usare le nostre lingue ed il francese ed il tedesco. L’italiano non è una lingua “franca” per i padani come diceva Bossi, l’italiano è una lingua estera, totalmente estranea alla padania, ed è la lingua degli occupanti, usarla equivale al masochismo.

    • Sono d’accordo sul fatto che la propria lingua è un fattore di coesione fondamentale di ogni comunitĂ  e, come tale, la sua difesa può favorire la strada verso l’autonomia. Penso però che la propria lingua, se decaduta dopo 150 anni di violenza di stato, possa ricominciare a diffondersi solo dopo che si sia ottenuta la piena libertĂ  culturale (il Gaelico si è ripreso – seppure faticosamente – in Irlanda solo dopo l’indipendenza) o con l’indebolimento, dovuto ad altri fattori, dello stato di appartenenza (Scozia, Catalogna, Bretagna, ecc.). In uno stato come quello italiano, sempre piĂą autoritario e centralizzato, la strada è piĂą difficile. L’argomento andrebbe comunque approfondito.

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