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Se non esistesse la lotta di classe, lo Stato potrebbe inventarla

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di ANTHONY DE JASAY

Lo Stato nemico alimenta la lotta di classe: “Infine, le ricompense non crescono spontaneamente sugli alberi, né sono generate e distribuite ai buoni cittadini dai buoni governi. Sono invece misuratori della contrattazione, che lo Stato acquisisce al fine di distribuirle ai propri sostenitori, prendendosene le parti. Da nemico in potenza di tutti i cittadini all’interno della società civile, per ottenere il sostegno di alcuni, lo Stato deve divenire il nemico reale di tutti gli altri; se non esistesse la lotta di classe, lo Stato potrebbe inventarla a suo vantaggio”.

Lo Stato come intermediario universale: “Lo Stato da solo dispone della panoplia di ‘strumenti politici’ per spalmare e smussare l’incidenza dei costi. Esiste solo uno strumento (ossia lo Stato) la cui posizione di intermediario universale permette al postulante di ottenere successo, a scapito di una frazione adeguatamente modesta non tanto del reddito di alcuni, ma di quello dell’intera nazione”.

L’assalto alla diligenza dei privilegi non conosce né sosta né confini: “Dietro ogni buona causa si allunga una fila di altre cause ugualmente buone. Se la ricerca contro il cancro merita il sostegno statale, non dovrebbe venire aiutata anche la lotta contro la poliomielite, come pure altre aree vitali della ricerca medica? E le richieste della ricerca medica non aiutano a creare un precedente per sostenere altre importanti scienze, nonché le arti, la cultura, e così via, a ondate sempre più grandi? È facile visualizzare la nascita di sempre nuovi gruppi di pressione per la ricerca, la cultura, lo sport, mentre un gruppo di pressione apertamente contrario alla cultura o allo sport sembra del tutto impensabile. Anche in questo caso la situazione propende a un continuo progresso e ampliamento dell’intervento statale, per abbracciare più cause, per imporre più richieste, per redistribuire più risorse, stimolando quindi ancora nuove domande – anziché limitarsi e restringersi, verso una struttura di gruppo meno pronunciata e uno Stato ‘minimo’ e meno redistributivo”.

Dal libro “LO STATO”

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