di GILBERTO ONETO
Si dice che chi dimentica la storia sia condannato a riviverla. In questi giorni è tutto un affannarsi attorno all’idea di andare sulle coste libiche ad affondare navi e barconi per impedire che imbarchino clandestini e ce li scarichino sulle coste. Alcuni di quelli che la propongono hanno l’aria compiaciuta di chi ha fatto una bella invenzione. Non c’è niente di nuovo né di originale: secondo un copione che si ripete da più di mille anni, dalla costa meridionale del Mediterraneo qualcuno cerca di attraversarlo, prova a sbarcare e a fare disastri, oppure scorrazza per il mare a fare bottino a spese altrui. Lo scontro si era temporaneamente risolto solo grazie alla scarsa dimestichezza con l’avanzamento tecnologico delle comunità nordafricane che – a partire dal 700 – ha dato alle flotte europee un crescente vantaggio militare nel dare alle coste africane qualche esemplare “ripassata”: l’ultima volta l’ammiraglio veneziano Angelo Emo aveva b