di PAOLO L. BERNARDINI
Segnali. Poco prima di accingermi a stender queste righe, mi giunge una mail, da un amico, con una foto molto bella. Un aereo privato sopra i cieli tersi ed estivi di Jesolo, con uno striscione: “Veneto Libero. Una lengua una storia.”. Pochi giorni fa, in visita al castello del Catajo da qualche tempo riaperto al pubblico, questo divertissement architettonico nato dalla fantasia degli Obizzi, la diligente, giovane guida spiegava…. "In lingua veneta, questo significa…”. Lingua veneta, finalmente, e non dialetto! Avere una storia e una lingua particolare, giustificano la libertà di un popolo? A partire almeno da Fichte, da inizio Ottocento, sì. Vi è un terreno fertile per una libertà che attende solo quella guida che trasformerà il lamento in azione, il non-detto in dicibile, e il dicibile in urlo. E quei tremila in piazza diventeranno tre milioni, e quando saranno, anche per un sol giorno, tre milioni, allora sarà tutto fatto. Siamo a Settembre
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