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Indipendenza: meno stato e rifondare le istituzioni per garantire la liberta’

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di STEFANO GAMBERONI

w-la-libertaLa notizia del ricorso del governo contro l’iniziativa veneta di un referendum per l’autodeterminazione, fa capire che la strada da percorrere è ancora lunga, impervia ed costellata di trappole.

Vivo nel Varesotto e qui la coscienza collettiva è ancora assopita, ciò non toglie che faccia bene allo spirito ragionare su come potrebbe essere la nostra Lombardia se riuscissimo a replicare ciò che stanno realizzando in Veneto.

Già mi par di sentire i timori ed i dubbi di chi non riesce a concepire che si possa risorgere dalla rassegnazione: “con l’indipendenza non rischiamo di replicare su scala più piccola gli stessi errori e gli stessi vizi che affliggono l’Italia?”

A costoro rispondo. No. L’indipendenza ci dà l’opportunità di rifondare le istituzioni su basi adatte a costruire e mantenere una società d’individui liberi. Chiarito qual’è l’obiettivo strategico, occorre indentificare i nostri nemici: il Governo e il Parlamento itagliani.

Non cerchiamo la guerra civile, anzi Governo e Parlamento sono anche nemici dei cittadini del sud e dell’Italia centrale. La stessa Roma ha 2.600.000 di abitanti, ma di essi forse solo 1.000.000 prosperano grazie alla casta. Gli altri 1.600.000 cittadini di Roma hanno gli stessi nostri problemi: tirare fine mese, mantenere e trovare un lavoro, avere servizi in qualità e quantità sufficiente. Non sono i “romani” i nostri nemici ma la casta che vive parassita delle istituzioni. E questa casta la troviamo anche parassita delle istituzioni locali vicino a noi. Dove c’è un’istituzione pubblica esiste una casta di furbi a nostre spese.

Il rimedio? Meno stato, meno spesa pubblica: meno tasse = più libertà. Non siamo anarchici, noi vogliamo solo che dall’indipendenza nascano istituzioni che mantengano una società libera.

Dunque: quali istituzioni? La risposta a questa domanda è stata data da eminenti studiosi e premi Nobel, primo fra tutti Friedrich August von Hayek del quale il libro Legge Legislazione e Libertà è una lettura fondamentale per capire dove vogliamo arrivare con l’indipendenza.

Istituzioni che garantiscano la libertà degli individui e della società possono esistere solo se si evita un errore diffuso in quasi tutti gli stati moderni. Normalmente è insegnato che ogni decisione di Governo e Parlamento è chiamata Legge: ebbene questo è un errore. Formuliamo quindi la frase come correttamente dovrebbe essere: non tutte le deliberazioni del parlamento o del governo sono leggi.

La Legge con la L maiuscola serve a mantenere una società libera. La Legge deve valere per tutti e normalmente è espressa in forma negativa. La Legge non ha un fine specifico ma va rispettata perchè così facendo si instaura una pacifica e libera convivenza tra cittadini.

Due esempi di queste Leggi: 1. Non rubare; 2. non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Non me ne vogliano atei ed agnostici se ho citato due comandamenti cristiani. Questo è solo l’esempio di due chiare Leggi che se rispettate elevano, e di parecchio, il grado di civiltà di una popolazione facendo crescere la società in modo pacifico e ordinato.

Al contrario, forse il 100% delle cosiddette pseduo-leggi fatte dal Governo e dal Parlamento italiano non rispetta questa definizione rigorosa. Non sono leggi: sono solo comandi necessari all’organizzazione statale ma dannosi per la società di uomini liberi. Le leggi di Napolitano, Renzi e compagnia, sono comandi specifici, indirizzati a particolari gruppi d’individui che hanno l’effetto di opprimere la libertà, bloccano l’iniziativa dei singoli, disincentivano il miglioramento, distolgono l’uomo dall’uso proficuo delle sue conoscenze e distruggono valore. Queste cosiddette leggi formano un cittadino rassegnato, un suddito più che un cittadino, e precipitano la nostra società in un declino irreversibile.

Ecco due esempi pratici di comandi che non sono Leggi secondo la definizione utile a perseguire la libertà nostra e delle generazioni future.

Lo Spesometro. Esso richiede che le categorie obbligate a compilarlo, coloro con partita iva, elenchino tutte le spese, fornitore per fornitore, fatte nell’ultimo anno. Se questo comando fosse una vera Legge, dovrebbe poter essere esteso a tutti ed essere ancora applicabile e benefico per società. Capite benissimo che se lo spesometro fosse esteso a tutti, obbligherebbe ognuno di noi a tenere una contabilità dettagliata di ogni nostra spesa, sia io studente, lavoratore dipendente o pensionato. E’ chiaro che l’esito sarebbe il caos; una colossale perdita di tempo, incompatibile con la libertà individuale e nociva per la società. Proprio per gli effetti dannosi che avrebbe se applicato a tutti gli individui, è chiaro che la norma dello spesometro non è per niente una Legge in senso proprio.

Altro esempio: il provvedimento che stabilisce una pensione d’oro per una determinata categoria privilegiata. Questo comando ha il fine specifico di favorire un gruppo, discriminando il resto dei cittadini. Non può essere valida per tutti e quindi non possiamo chiamarla Legge.

E’ chiaro quindi che la quasi totalità dei provvedimenti governativi itagliani sono necessari all’organizzazione statale per perseguire i suoi fini, a scapito delle libertà degli individui. Se vogliamo uscire dalla rassegnazione e riappropriarci della nostra libertà dobbiamo limitare i settori di intervento dello stato. O anche solo impedire che lo stato abbia il monopolio in tali settori così che sia possibile per gli individui organizzare un’offerta alternativa dei medesimi servizi. Questo è un auspicio per il futuro che verrà.

Nella quotidianità di ogni giorno, ricordiamoci della definizione di Legge ed usiamola come metro per capire il fondamento della Giustizia che deve guidare le nostre azioni. Il pedissequo rispetto di procedure burocratiche e fiscali a cui siamo obbligati non è solo una colossale perdita di tempo ma è soprattutto un sopruso contrario alla Legge. Se vogliamo essere veramente giusti, dobbiamo rifiutarci di metterle in pratica.

 

 

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