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La democrazia è la via politica verso lo stalinismo, ma senza Stalin

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di PIETRO AGRIESTI

Recentemente qualcuno mi ha detto che la sinistra avrebbe fatto i conti con la storia dello stalinismo. E così mi è venuto da pensare… con cosa ha fatto i conti la sinistra?

Sì, la stragrande maggioranza della sinistra riconosce la malvagità della figura di Stalin, così come quella di Mao o Pol Pot, e i crimini terribili che hanno commesso. Ma condannare Stalin e il suo regime è davvero “fare i conti” con lo stalinismo?

Un conto è riconoscere la storia dello stalinismo, inteso come ammettere la realtà di una serie di fatti documentati sui crimini, l’inefficienza, la crudeltà, la corruzione, i fallimenti, etc… del regime. Un altro conto è fare i conti con le idee sulla politica, lo stato, l’economia e la società alla base di quel regime e di tutta una serie di altri. È più facile buttare sotto un treno Stalin, Mao, Chavez, ma anche Mussolini e Hitler per la destra, che le idee stataliste, collettiviste, a favore del dirigismo e della pianificazione centrale, che hanno supportato quei regimi.

Ma lo stalinismo è davvero riconducibile alle colpe personali di Stalin o di qualche altra persona specifica? O rappresenta davvero una deriva dittatoriale di idee che avrebbero potuto benissimo andare altrimenti? O piuttosto rappresenta l’esito in qualche modo naturale e prevedibile del cercare di realizzare idee stataliste e collettiviste? Insomma il comunismo è stato applicato male, o avevano ragione Mises e Hayek quando spiegavano gli esiti inevitabili del provare ad applicare quelle idee? E la sinistra ha fatto i conti con queste idee?

La mia risposta è no. Né la sinistra, né la destra in realtà, hanno davvero fatto i conti con queste idee, riconoscendone la perniciosità, ripudiandole e dandosi come obiettivo quello di non farle tornare.

Ciò che la sinistra ha condannato sono appunto le figure più evidentemente criminali come Stalin e gli aspetti dittatoriali più evidenti dei loro regimi. Per questo in genere si concentra molto sul sostegno alla democrazia, in opposizione appunto agli aspetti autoritari e dittatoriali, che trova anche nella sua storia e da cui almeno in occidente tiene, spesso, a prendere le distanze. Tuttavia non ha abbandonato le idee stataliste, collettiviste, dirigiste, anti mercato e anti individuali.

La collettivizzazione, intesa come il considerare tutto di interesse collettivo, tutto sotto l’aspetto del suo presunto effetto sulla collettività, tutto qualcosa su cui la collettività è titolata a esprimersi e a decidere, e in ogni caso la decisione collettiva come superiore, mettendo sempre in secondo piano diritti e libertà individuali, è stata in varie forme il fulcro di quei regimi. E con l’esperienza di oggi vediamo che la democrazia, che dovrebbe essere un sistema politico opposto a quello dei grandi e terribili regimi comunisti, ripropone, veicola, trasmette e propaga quella mentalità, che è una mentalità tendenzialmente totalitaria.

Riproporre queste idee in modo democratico è il modo di salvarle, rimarcando una netta cesura dal passato stalinista, maoista, etc…, ma senza fare i conti col fatto che questa mentalità e queste idee sono di per sé legate alla costruzione di uno stato totalitario, perché non sono pensabili altrimenti, e che dunque c’è una menzogna al cuore di questa rottura, e di fatto c’è un conflitto con la democrazia.

La democrazia è una sorta di terreno di mezzo, non è propriamente di destra o di sinistra, perché è in primis un sistema istituzionale, procedurale, e si concentra sul come prendere le decisioni, più che su quali esiti debbano avere. Teoricamente si basa sul riconoscimento che siamo diversi per valori e interessi e cerca di essere un sistema in cui queste diversità possono convivere pacificamente e civilmente, stabilendo una serie di garanzie reciproche per tutti, maggioranze e minoranze, vincitori e perdenti, governi e opposizioni, consenso e dissenso, etc… È un sistema dove ci si aspetta una alternanza, e che quindi è pensato per non poter mai davvero realizzare un programma compiutamente di destra o di sinistra, ma per trovare sempre nuovi compromessi ed equilibri, accontentando e scontentando un po’ tutti, e reggendosi sul riconoscimento condiviso e reciproco delle procedure decisionali.

Nella realtà le cose sono un po’ diverse che nella teoria, ma tra le tipiche garanzie reciproche che reggono il sistema ci sono per esempio la libertà di espressione, di associazione, di manifestazione, la libertà del voto, l’indipendenza della stampa, l’uguaglianza davanti alla legge, la separazione dei poteri, lo stato di diritto, la privacy, la proprietà privata e tante altre cose.

Tutte queste cose la società democratica moderna non le rispetta e non le può mai rispettare più di tanto, ma nemmeno può negarle oltre una certa misura. E questo è incompatibile con il collettivismo e lo statalismo, che non possono riconoscere tali limiti e sono destinati a opporsi a queste garanzie e a distruggere il sistema democratico che non riesca a imbrigliarli a dovere.

Lo vediamo perfettamente oggi, e lo abbiamo visto anche meglio durante la pandemenza, con la diffusione di una mentalità, che a me viene da definire quasi maoista, e che la sinistra in buona parte sposa, che se ne frega della libertà di espressione, della privacy, etc.. e ritiene che qualsiasi cosa uno voglia fare debba essere giustificata di fronte alla collettività, all’interesse collettivo e al bene comune, e che uno debba sempre dare spiegazioni sul perché vuol fare una cosa.

Perché vuoi usare la macchina? Perché vuoi mangiare carne? A cosa ti servono i contanti? Cosa te ne fai della libertà di espressione? A cosa ti serve la privacy? spacci droga? Vai a mignotte? Sei amico dei terroristi? La risposta che una persona decente dovrebbe dare è: me ne faccio i cazzi miei e non devo spiegare e giustificare tutto davanti al tribunale dell’opinione pubblica e allo stato.

Questa è la risposta che la sinistra (non solo lei) non riesce ad accettare. Se la accettasse dovrebbe ad esempio difendere il contante, la crittografia, i Bitcoin, la privacy, la libertà di espressione, etc… non suggerire sempre che chi le rivendica lo faccia perché vuol fare qualcosa di sporco e schifoso, ma rendersi conto che sono essenziali alla libertà, alla convivenza civile, e sono garanzie contro derive autoritarie, regimi, fascismi, comunismi.

In democrazia dopotutto le decisioni di rilevanza collettiva sono prese attraverso i meccanismi della rappresentanza, cioè con l’elezione di rappresentanti che eleggono un governo e che detengono il potere di legiferare. Quando nella percezione comune tutto è di rilevanza collettiva, su tutto si pretende di legiferare in nome della collettività e del bene comune, e ogni pretesa di sottrarre un ambito a questo potere viene vista come anti democratica. La democrazia non è più un sistema di pesi e contrappesi, uno scambio di garanzie reciproche, un modo per convivere civilmente fra diversi, o di cambiare governo senza violenza come diceva Popper. Ma una semplice rappresentazione della volontà popolare maggioritaria. Il potere politico rappresenta questa volontà e gli apparati statali ne rappresentano l’attuazione, mentre un limite allo Stato è un limite alla democrazia.

Quando la sinistra critica il sistema vigente perché non è democratico, intende dire che non è compiutamente collettivista in questo senso. Non certo che sono venuti meno l’equilibrio o le garanzie fondamentali o che la politica e lo stato hanno invaso la società in modo eccessivo. Le garanzie che impediscono una deriva autoritaria o totalitaria, o una balcanizzazione della società, sono viste come inerentemente anti democratiche, e vengono costantemente attaccate ed erose nel nome della democrazia.

La sinistra nel suo immaginario pensa di attaccare l’egoismo quando attacca il contante, la crittografia, i Bitcoin, la privacy, la libertà di espressione, etc… il riccone che va in giro in Ferrari e poi incassa l’assegno da nullatenente, ma in realtà sta attaccando la democrazia stessa, che ha bisogno di limiti per non degenerare. Quando la sinistra dipinge come antisociale chi difende la libertà individuale, vista come una forma di egoismo e di disinteresse rispetto al prossimo e alla collettività, dimostra che questa dimensione collettivista non l’hanno abbandonata, anzi ora la difendono come “democratica”.

A mio parere la democrazia non può funzionare ed è naturale che degeneri in un senso o in un altro. Ma questo è un altro discorso. Il punto qui è come il fatto che la sinistra abbia rinnegato Stalin e l’autoritarismo più diretto, mantenendo tutta una serie di idee stataliste e collettiviste, ma coniugandole con l’abbraccio della democrazia, abbia partorito una degenerazione dell’idea liberale di democrazia, e promuova una degenerazione dei sistemi politici liberaldemocratici, verso sistemi totalitari. Insomma hanno scoperto la via allo stalinismo senza Stalin verrebbe da dire.

Ma al contrario se vuole davvero fare i conti con la sua storia, deve arrivare a riconoscere la necessità di sottrarre molto di più alla sfera delle decisioni collettive, della legislazione e della democrazia. Deve riconoscere i limiti che è necessario lo Stato, il potere politico e la collettività in quanto tale abbiano. Non essere in difficoltà ogni volta che qualcuno usa la sua libertà in un modo che non le garba.

Quando vedrò una sinistra di questo tipo, sarò pronto a dire che ha rotto con lo stalinismo. Ma la sinistra odierna – e non mi riferisco alla irrecuperabile sinistra radicale, ma a quella che dovrebbe essere più democratica e liberale, la sinistra liberal progressista – se mai sta andando in direzione opposta: basti dire a titolo di esempio che in tutto l’occidente (Europa, USA, Canada, Australia, etc..)  è impegnata in una crociata contro la libertà di parola, a favore della censura e del controllo della discussione pubblica, che è il fondamento stesso di ogni democrazia. Di fronte a questo, rinnovo la domanda, con cosa ha fatto i conti la sinistra?

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3 COMMENTS

  1. Il problema, non è solo della sinistra, e nemmeno solo della destra, o di entrambe. Il problema è nell’uomo, per il quale il concetto stesso di “libertà” non è accettabile, se non entro angusti limiti.
    Dio ci ha creati liberi, dice la bibbia. Eppure il popolo ebraico volle un re. Invano Dio, per bocca del profeta Eliseo, gli fece notare che un re avrebbe approfittato delle sue figlie, avrebbe mandato al massacro i suoi figli, si sarebbe arricchito a loro spese. non ce n’è: l’uomo NON è libero, soprattutto la sua capacità di ragionare è molto limitata. A quei tempi non c’erano la destra o la sinistra come le concepiamo oggi. Inutile accanirsi contro una o l’altra parte politica, quando il problema è tutto interno a noi stessi.

    • Diciamo allora che a causa della capacità molto linitata di ragionare, sia la politica ufficiale delle sinistre a prevalere. Da sempre e in tutte le aree geografiche. Ciò non assolve i dirigenti dell’altra parte politica nella loro abissale incapacità operativa.

  2. “Quando vedrò una sinistra di questo tipo” non sarà più una sinistra perché l’intolleranza è il DNA di ogni sinistra; passata, presente e futura. Una sinistra del tipo sperato sarebbe suicida perché il consenso dei gonzi e degli ignoranti si ottiene solo con l’intolleranza, la menzogna e la disonestà intellettuale.

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