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L’illusione di guadagnarci dalla trappola redistributiva

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di REDAZIONE

L’essenza patogena di questo circolo vizioso si riflette innanzitutto nell’habitus mentale cui è indotto il cittadino produttivo: egli, sulla scorta di percezioni distorte e viziate, è per lo più portato a ritenere, commettendo in ciò un clamoroso errore di valutazione, di avere un maggior interesse nell’aggregarsi e nel ricercare un proprio specifico privilegio statale anziché combattere l’imposta e respingere fermamente un tale ordine di cose.

In secondo luogo, invece che impiegare in proprio la massima quantità di risorse di cui
potrebbe liberamente disporre in assenza di coercizione, affidandosi alle cure “amorevoli” dello Stato il medesimo cittadino, più o meno inconsapevolmente, si vedrà costretto a sovvenzionare una miriade di beni e servizi reclamati da tutti gli altri gruppi particolari sedotti dalla medesima logica della “rincorsa al privilegio”, che si dimostreranno per lo più inutili, scarsamente accessibili, quando non del tutto indesiderati.

Illudendosi di scaricare il costo delle proprie richieste sugli altri, egli in realtà non si avvede che la sommatoria di tutti i privilegi altrui, in termini di costi sui suoi conti economici, annienta e spesso supera di gran lunga l’effimero guadagno che pensava di aver conseguito grazie all’ottenimento per via politica di beni o servizi prodotti da altri.

Per de Jasay è così comprovato che in presenza di complesse ed intricate dinamiche di “sfruttamento democratico”, in cui lo Stato diventa l’esclusiva camera di incontro, scambio e compensazione tra i vari ambiti della società, vi sia una naturale fioritura di rapporti di “parassitismo incrociato”. Situazioni, cioè, nelle quali, spesso magari anche inintenzionalmente, si creano dei fruitori parziali di beni e servizi pubblici che sono convinti di essere dei beneficiari netti: e ciò rende particolarmente difficile capire chi
guadagna e chi perde dal funzionamento della trappola redistributiva.

TRATTO DA QUI

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