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Milano 1814: prina deve morire. la prima rivolta antitasse in italia

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di ROMANO BRACALINI

La storia è piena di rivolte fiscali che hanno dato avvio a spettacolari rivolgimenti sociali. Nel 1773 a Boston la rivolta del tea contro gli inglesi portò all’indipendenza americana. In Francia le misere condizioni del popolo e le tasse esose condussero alla Rivoluzione dell’89.La tassazione iniqua è una forma di dominio, una nuova forma di schiavitù moderna.

In questo libro ho raccontato gli eventi drammatici che nella Milano del 1814 sfociarono nella prima rivolta antitasse in Italia. Napoleone aveva imposto tasse gravose ai paesi assoggettati per finanziare le sue campagne militari e a tale scopo aveva scelto i più abili e implacabili gabellieri come Giuseppe Prina, ministro delle finanze del regno italico napoleonico con capitale Milano. La rivolta antitasse decretò la fine del regno italico. Non era mai accaduto nulla di simile in Italia prima d’allora.

Le “idee nuove” non significavano libertà.

    Liberté,égalité,fraternité/

                               I fransé in carrozza,

                               e i milanes a pé. 

Così si cantava nella Milano di Carlo Porta.

Con moto spontaneo i milanesi del 1814 ebbero il coraggio di irrompere nel palazzo Sannazzari, in piazza san Fedele, sede del ministero delle finanze e residenza privata del ministro Prina, che nascosto nella cappa  del camino travestito da prete venne catturato, spogliato e scaraventato nudo dalla finestra. Era il 20 aprile 1814.Quel giorno pioveva a dirotto. Trafitto dalle punte degli ombrelli dei rivoltosi, Prina non morì subito e lungo via Case Rotte, venne trascinato verso la Scala.

La “defenestrazione” del Prina divenne sinonimo di giustizia sommaria.

Prina gemeva chiedendo i conforti religiosi ma l’urlo della folla spaventa i preti che prudentemente chiudono le chiese.

D’un tratto alcuni ardimentosi mossi a pietà, e sorprendendo tutti, riescono a sottrarlo agli insorti e lo spingono nella bottega di un vinaio tra via Case Rotte e l’angolo di piazza Scala, nell’attuale via Manzoni.

La folla urla, tempesta la porta di colpi, la butta giù e Prina nascosto dietro un tino è nuovamente catturato. La rabbia degli insorti è incontenibile, Prina ebbe fracassata la testa, vuotata un’occhiaia, sfiancate le reni, finchè spirò.

Del fatto fu testimone casuale Ugo Foscolo che aveva tentato di sottrarre il Prina alla violenza della folla ma venne a sua volta afferrato e subito rilasciato quando qualcuno riconobbe in lui l’autore dell’Aiace, la tragedia proibita dalla censura francese perché considerata antinapoleonica. Qualcuno gridò: “Viva Foscolo”. Anche Alessandro Manzoni, allora ventinovenne, fu testimone di quegli avvenimenti e dalla sua abitazione di piazza Belgioioso all’angolo con via Morone si era recato nella vicina piazza San Fedele richiamato dagli strepiti della folla. Benché impressionato dallo spettacolo di sangue cui aveva assistito, Manzoni fu dalla parte del popolo milanese insorto e due giorni dopo compose una canzone, “Aprile 1814”, in cui si scagliava contro l’oppressione di un governo straniero, contro la falsa indipendenza concessa dai francesi, contro l’insopportabile carico fiscale.

A Milano divenne celebre il detto: “L’ha fàa la finn del Prina”,per dire che ha fatto una brutta fine.

Legato per i piedi a una tavola di legno il corpo di Prina venne trascinato verso il Broletto e infine deposto nella vicina chiesa del Carmine.L’indomani all’alba,sedati i tumulti,venne sepolto nel cimitero della Molazza,a porta Comasina,in una fossa senza nome che nessuno ha più ritrovato.

Una scritta all’ingresso del cimitero diceva:

 Per l’occulta pietà di uomini onesti

                    giaccion qui del più fedel ministro,

                    i massacrati miserandi resti.     

Il cimitero della Molazza venne soppresso nel 1895 e parecchie tombe illustri andarono disperse tra cui quella di Giuseppe Parini.

Giuseppe Prina era piemontese, nativo di Novara, e per questo chiamato “lo straniero” dai milanesi. Come ministro del regno italico veniva dipinto come un uomo onesto, ligio al dovere, ma fin troppo zelante. La zecca di Milano sotto la sua direzione divenne famosa in tutta Europa per la finezza del conio. Si diceva che Prina non amasse i milanesi intenti, secondo lui, solo a far soldi, mentre lui sembrava intento solo a spremerli e ci riusciva egregiamente. Ostentava l’insensibilità del gabelliere e il disprezzo della pubblica opinione, dice lo storico Francesco Cusani.

Era naturale che prima o poi si scatenasse la collera popolare. Milano entra in agitazione all’indomani della notizia che il 6 aprile 1814 Napoleone aveva abdicato e si appresta a partire per l’esilio dell’isola d’Elba.

La notizia giunse a Milano dieci giorno dopo, il 16 aprile, suscitando speranze di indipendenza. Il Senato riunito in seduta straordinaria è devastato dal popolo intenzionato a dar vita a un moto violento. Sul palazzo del ministro Prina apparve la scritta: “Prina, Prina il giorno si avvicina”. La mattina del 20 aprile una massa enorme di popolo comincia a dirigersi verso piazza San Fedele. “A casa del Prina”, urla la folla che si ingrossa e agita i bastoni. 

Giustizia popolare o delitto politico? Prina fu vittima dell’odio popolare per il malgoverno francese che si era distinto per le ruberie e la corruzione. Palazzo Sannazzari non esiste più, saccheggiato e danneggiato dai rivoltosi e acquistato dallo Stato per 180.000 lire venne abbattuto per cancellare anche il ricordo di quel tumulto. A Milano tutto ha principio e fine. La storiografia d’ogni corrente ha trattato con tutti i riguardi il Prina, mentre il popolo insorto è stato tacciato senza incertezze o attenuanti di crudeltà e abominio. Si può capire. La rivolta contro il fisco costituisce da sempre una minaccia per ogni Stato, non essendocene uno che rispetti in pieno i diritti dei cittadini. Anni dopo Milano dedicò al Prina una via al Sempione, verso via Canonica e via Sarpi. Una targa commemorativa compare al Famedio,proprio sopra la tomba di Carlo Cattaneo al Monumentale.

                            Martire o tiranno? La saggezza popolare non aveva dubbi.

                            Ricchezze fatte sull’altrui rovine

                            Van da un lieto principio a un tristo fine.           

*NELL’IMMAGINE, L’ULTIMO LIBRO DI ROMANO BRACALINI DEDICATO A PRINA         

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