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Milei, Hayek e la libertà monetaria: l’Argentina dice addio al cepo

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di ARTURO DOILO

Con un colpo secco e deciso, Javier Milei ha annunciato l’abolizione del cepo cambiario in Argentina. Da ieri, è stata scritta la parola fine al controllo statale sul cambio tra peso e dollaro, in vigore (con varie forme) sin dal 2011, ai tempi in cui governava Cristina Kirchner.

Un evento storico per il paese sudamericano, un’altra promessa mantenuta dal presidente albiceleste, dove per anni il mercato valutario era stato distorto da interventi autoritari, quote, sanzioni e tassi multipli (se ne contavano 27 ai tempi della presidenza di Alberto Fernandez). Ma questa scelta, tutt’altro che improvvisata, rappresenta un tassello centrale della visione economica libertaria del presidente argentino — una visione che affonda le sue radici nel pensiero di Friedrich von Hayek.

Hayek, premio Nobel per l’economia nel 1974, è stato uno dei più feroci critici dell’intervento statale in campo monetario. In particolare, nel suo saggio Denationalisation of Money (1976), teorizzava che il monopolio della moneta da parte degli Stati fosse alla base dell’instabilità economica, dell’inflazione e, in ultima analisi, della perdita di libertà. La sua proposta? Permettere una concorrenza tra valute, lasciando che siano i cittadini e le imprese a scegliere quali usare, in un ambiente privo di coercizione da parte dello Stato.

È proprio questo il cuore dell’operazione anti-cepo di Milei, che nel discorso in cui ha annunciato la misura lo ha legato alla promessa di sterminare definitivamente l’inflazione in Argentina. Abolire il controllo cambiario significa, prima di tutto, restituire libertà agli argentini nella scelta della valuta con cui commerciare, risparmiare o investire. Ma anche permettere agli stranieri di investire in Argentina e poter fare quel che vogliono dei loro guadagni, pagando dividenti all’estero senza chiedere permessi.

In un paese devastato da anni di inflazione galoppante (con Milei è passata da oltre il 200% del governo Fernandez-Kirchner al 20% attuale, secondo diverse stime di istituzioni finanziarie), sfiducia nel peso e fiumi di dollari scambiati giustamente nel mercato nero, la misura non è solo tecnica: è ideologica. Per Milei, il cepo rappresentava un simbolo del “socialismo monetario” da abbattere — un freno al libero mercato, una camicia di forza imposta dallo Stato su un’economia già in ginocchio.

L’allineamento con Hayek è evidente. Dove il filosofo austriaco vedeva nella concorrenza monetaria un’arma contro l’arbitrio politico, Milei intravede nella fine del cepo il primo passo verso un sistema più trasparente, più competitivo e — in prospettiva — più stabile. Peraltro, questa misura – resa possibile dal finanziamento di 20.000 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale – dovrebbe essere una delle basi per muoversi verso la più importante delle promesse fatte dall’economista bonairense, ovvero l’abolizione della Banca Centrale Argentina. È un esperimento audace certo, forse l’unico al mondo in cui le teorie hayekiane vengono applicate con tanto rigore e determinazione.

Naturalmente, la misura comporta rischi e incognite. La transizione verso un mercato valutario libero può generare turbolenze nel breve periodo, ed è probabile che il tasso di cambio ufficiale registri una possibile svalutazione del peso, ma anche una lieve crescita dell’inflazione mensile. Tuttavia, l’obiettivo politico è chiaro: rimuovere la distorsione artificiale creata da anni di cambi fissi e quote imposte, e restituire al mercato la capacità di trovare un equilibrio autentico, seppur doloroso. Ovviamente, oggi la BCRA può contare su quasi 50.000 miliardi di dollari in attivo nel suo bilancio, pronti ad essere messi in campo in caso di attacchi speculatori nei confronti del peso, che secondo l’economista Juan Ramòn Rallo dovrebbe stabilizzarsi ad un cambio tra i 1.000 e i 1.400 pesos per dollaro.

Milei ha più volte dichiarato che la Banca Centrale argentina dovrebbe essere “dinamitata”, nel senso di abolita. La liberalizzazione del cambio non è che il primo passo di un percorso che mira, in prospettiva, alla dollarizzazione e all’eliminazione del peso. Anche in questo, l’influenza hayekiana è lampante: sottrarre la moneta alla politica, restituirla al mercato.

Abolendo il cepo, l’Argentina non solo compie un gesto economico, ma lancia un messaggio politico e culturale: lo Stato non è più il padrone della moneta, come aveva già lasciato intendere con il DNU 70/2023, col quale ha liberalizzato la contrattazione monetaria fra agenti economici.

Quella di Javier Milei è una scommessa gigantesca, nel solco di un pensiero economico che per decenni è rimasto marginale e che oggi, tra le strade di Buenos Aires, torna a farsi realtà.

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