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Monte dei Paschi, i soldi dei contribuenti e la privatizzazione impossibile

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di MATTEO CORSINI

La necessità di reperire risorse per una legge di bilancio alquanto complicata ha (ri)portato a galla nel dibattito politico le privatizzazioni. Tra cui quella del Monte dei Paschi di Siena, di cui il Tesoro detiene oltre il 64% del capitale. Partecipazione che, in base agli accordi con la UE, dovrebbe essere alienata entro il 2024.
MPS sta molto meglio di qualche anno fa, beneficiando tra l’altro dell’incremento del margine di interesse di cui hanno goduto da un anno a questa parte più o meno tutte le banche (quelli che la predisente del Consiglio considera “profitti ingiusti”, anche se profitti proprio non sono. Ma tant’è).
Il fatto è che, quando si tratta di vendere la quota in MPS, non è mai il momento adatto, un po’ come per ridurre la spesa pubblica. Quando i conti vanno male, si perderebbero troppi soldi. Quando i conti migliorano e i prezzi di borsa anche, non si vende per non rinunciare a probabili dividendi. In definitiva, non è mail il momento adatto.
Lo ha ribadito, da ultimo, il sottosegretario all’economia Federico Freni, secondo il quale la vendita di MPS “non è un’opzione, è una necessità già convenuta con la Commissione Ue nel momento in cui abbiamo salvato Montepaschi. Ma ciò non significa che la fretta debba orientare le nostre scelte. Usciremo da Mps, questo è certo, ma ne usciremo quando ci converrà farlo. Non un minuto prima.”
Ora, il tesoro ha finora “investito” complessivamente 8,5 miliardi, mentre a valori correnti quella qouota vale poco meno di 2 miliardi. Se per “quando ci converrà farlo” Freni intende quando avrà recuperato il valore investito, allora si può davvero pensare che questa privatizzazione avverrà in un futuro remoto. Il che, in sostanza, equivale a dire che MPS non verrà privatizzato. Se non quando la cosa sarà imposta e diventerà ancora più dolorosa. Spero di sbagliarmi, ma credo si essere realista.

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